DAL TRAMONTO ALL’ALBA: LA RICOSTRUZIONE DEI GC DI MILANO

di Emanuele Cullorà,
Coordinatore GC di Milano
in sostegno del documento 2 alla conferenza dei giovani comunisti “Lottare, occupare, resistere”

“La prima cosa che deve fare un lavoratore che vuole collaborare alla liberazione della sua classe è di non lasciare che siano gli altri a pensare al suo posto” (J. Dietzgen)

Per anni Milano è stata la cavia della liquidazione. Gli esecutivi dei Gc degli ultimi 15 anni hanno  sfracellato passo dopo passo la militanza di centinaia di compagni prima contro i mulini della disobbedienza, poi contro quelli del governismo, infine contro quelli della liquidazione. Da struttura in grado di controllare un settore determinante del movimento studentesco cittadino si sono ritrovati a contare sulle dita di una mano gli iscritti nelle scuole superiori. La presenza operaia non esisteva in quanto tale. Dell’organizzazione che nel 2006 poteva vantare una presenza omogenea dalla città alla provincia, nel 2009 non era rimasto che un nucleo sparpagliato. Solo poche zone della città lavoravano apertamente come Gc, una sola di queste aveva avviato la discussione contro l’immobilismo della vecchia gestione: complessivamente poco più di 50 iscritti la maggior parte dei quali non vedeva un volantino della struttura da oltre un anno. Iscritti isolati non conoscevano nemmeno l’esistenza di un coordinamento: la struttura in quanto tale aveva smesso di lavorare con l’inizio del congresso del partito, nel giugno 2008.

Tanta desolazione non era il frutto di un’epidemia di peste: era semplicemente l’esito virulento di idee moderate e metodi piccolo borghesi che, se potevano solo covare durante gli anni di crescita del movimento, esplosero durante gli anni di crisi.
Quando il vecchio gruppo dirigente aderì alla scissione di Sinistra e Libertà anche il lavoro studentesco dei Gc di Milano aveva completato la propria parabola discendente: vittima di strutture su strutture calate dall’alto, aveva demoralizzato gli attivisti rimasti durante gli anni di riflusso studentesco a colpi di antipolitica e candidature d’istituto. Lo scoppio dell’Onda milanese vide la presenza di Giovani comunisti per tutta la mobilitazione, ma senza nè una presenza formale, nè organizzata. La struttura nel complesso aveva perso il treno della lotta: il partito non era cresciuto tra i giovani dopo tre mesi di aperta battaglia contro la Gelmini.
La conferenza straordinaria di marzo consegnò al nuovo coordinamento un’organizzazione quasi ferita a morte, ma con un intero settore di militanti da organizzare. Se aveva senso quanto avevamo discusso, non sarebbe stato secondario quale programma e quale metodo avrebbe guidato la ricostruzione della struttura: ora si trattava di mettere alla prova la teoria alla luce dell’esperienza. Doveva terminare la stagione del “camminare domandando” e cominciare quella del “domandarci dove stiamo andando”.
A nove mesi di distanza non possiamo affermare che i Gc di Milano siano un’organizzazione di massa: molto più umilmente possiamo dire che è un’organizzazione di battaglia di giovani e lavoratori capace di crescere, intervenire e formare una nuova generazione di quadri comunisti.
Il senso della misura è e deve essere una delle caratteristiche essenziali di un rivoluzionario: partire sempre dalla realtà come essa è per non gridare più forte della propria voce.
Il contributo che vi presentiamo è solo una riflessione su come sia stato possibile trasformare in meno di un anno un’organizzazione quasi scomparsa in una struttura con discussioni regolari degli iscritti e del coordinamento, un intervento costante davanti a scuole e luoghi di lavoro, che ha distribuito oltre 60mila volantini e attacchinato oltre 6mila manifesti sempre completamente autofinanziati, capace di reggere tre giorni di festa in periferia basandosi sulla solidarietà economica della classe e di risollevare dall’apatìa decine di compagni in balìa dell’istituzionalismo di cui troppo spesso sono affetti i nostri circoli.
Ci guardiamo bene da ogni autocelebrazione così lontana dalla nostra formazione: in ogni caso un simile lavoro non è frutto delle capacità di questo o quel compagno ma di un lavoro collettivo e dei sacrifici di tanti militanti che quotidianamente in università, al lavoro, a scuola, nei quartieri mettono alla prova  prospettive e metodi che discutono nelle riunioni dei Gc. Anche vedendolo come un modello, esso non è che il primo passo di quanto era necessario fare.
Un’organizzazione comunista è innanzitutto un programma e un metodo e solo in secondo luogo l’apparato con cui svilupparli: non abbiamo orientato la struttura sulla base di profezie ma di un’osservazione reale di quanto si muoveva tra i giovani della città. Al di là della conferenza di marzo, il gruppo dirigente che ha riorganizzato i Gc di Milano ha semplicemente calato nel lavoro quotidiano l’impostazione descritta nel secondo documento di questa IV conferenza nazionale.
Si dice spesso che “non ci sono le forze”.  Il fulcro di questa conferenza non è nient’altro che quello di discutere come ricostruirle. La nostra riflessione parte da qui.

“Comprendere, prevedere e provvedere”

Abbiamo riorganizzato il coordinamento per responsabilità: data la distribuzione diseguale degli iscritti con poche zone con un lavoro giovanile e un settore di giovani iscritto in più circoli, abbiamo destinato quattro compagni del coordinamento a seguire le quattro zone cardinali della città e della provincia. Questo aveva lo scopo di seguire l’applicazione delle proposte del coordinamento in tutta la struttura per fare sì che ci fosse un rapporto dialettico tra l’organismo dirigente centrale e le zone locali: l’uno influenzava l’altro e viceversa.
Il compito dei responsabili di zona è quello di seguire politicamente lo sviluppo del lavoro locale, dei compagni e di convocare riunioni regolari della zona – in genere a scadenza bisettimanale. Ogni riunione ha generalmente due punti all’odg: uno di discussione politica e uno organizzativo. In questo modo i compagni possono porre tutte le questioni relative alla linea della struttura e il coordinamento può informarsi regolarmente di quello che i compagni vivono nei loro luoghi di studio e di lavoro. Analogamente, quanto discusso nel punto politico viene messo alla prova sulla base dell’esperienza pratica.
In ogni caso l’esigenza del coordinamento era quello di riavviare una discussione politica regolare tra i compagni: solo compagni formati posso intervenire coscientemente nella costruzione della struttura e mettere in discussione le scelte fatte. E’ la base della democrazia.
Le altre responsabilità – lavoro, scuola, formazione, autofinanziamento e pratiche sociali – sono state proposte a compagni che avevano maturato un’esperienza sul campo o che nei propri circoli avevano dimostrato una certa attitudine a quel tipo di intervento: dalla capacità di costruire tra gli studenti a quella di individuare i terreni di formazione passando per il compagno che avrebbe dovuto mappare le vertenze sindacali da seguire.
La metà del coordinamento è composta da compagne elette per le loro qualità e per quanto dimostrato sul campo, non per raggiungere una quota.
Il coordinamento ha una scadenza mensile, sempre con una discussione politica al primo punto.
Col tempo le zone hanno discusso di tutto: dalla campagna “l’antifascismo è lotta di classe” verso il 25 aprile fino alla “strategia della tensione” verso il 12 dicembre, passando per la piattaforma dei Gc di Milano per approfondire le nostre rivendicazioni generali punto per punto. Lo sviluppo della discussione sulla situazione politica aveva sempre la priorità: dove sta andando il governo? E il sindacato? In che direzione si muovono i giovani e i lavoratori? Corrisponde a quello che si percepisce in azienda o in quartiere?
In ogni caso ogni zona aveva la propria specificità. La zona sud di Milano, ad esempio, ha discusso più volte dell’orientamento dei compagni nelle loro scuole e nei loro collettivi data la maggiore composizione studentesca: quando necessario abbiamo promosso anche commissioni specifiche. La zona nord ha sviluppato un più marcato lavoro antifascista, data la presenza di Cuore nero.
L’avvio della campagna studentesca di settembre ha portato i Gc davanti a più di 15 scuole per tre mesi consecutivi ogni settimana: l’elenco delle scuole veniva modificato di volta in volta a seconda dei risultati e delle indicazioni date dai compagni sul campo. I Gc lavoratori andavano davanti ai cancelli il sabato. Venute meno le mobilitazioni dell’Onda, ci è occorso un po’ di tempo per farci riconoscere come Gc e non essere confusi con altre formazioni di sinistra. In assenza di un autunno di lotte studentesche nazionali abbiamo avvicinato un nuovo settore di studenti medi che vuole costruire con noi la struttura.
Abbiamo fatto lo stesso anche davanti a call center ed aziende in lotta: Metalli Preziosi, Eutelia, Omnia etc…Lotte concrete richiedevano una discussione concreta e approfondita.
In linea di massima abbiamo prodotto un volantino ogni due settimane fino al volantone della campagna per piazza Fontana. Sul sito si possono scorrere raccolti in una rassegna – “Un anno di lotte”. Oltre a questo si posso trovare diversi articoli dalle questioni nazionali a quelle storiche, come l’intervista a Saverio Ferrari sulla strategia della tensione o l’articolo in due parti sul ventennale del crollo del muro di Berlino. Vi collaborano diversi compagni, pochi dei quali del coordinamento: vogliamo che diventi uno strumento utile per avvicinare i giovani, non solo la declinazione giovanile del materiale del partito o una scatola per il dibattito interno.
Tutto questo non fa crescere di per sè una struttura: permette solo di dare gli strumenti di controllo e di sviluppo agli attivisti. Lottiamo per un’organizzazione democratica e non verticistica: si può essere d’accordo o meno con quanto fatto, detto o scritto. Ma sicuramente non sono mancati i momenti per dirlo.

Monetine: l’autofinanziamento come metodo di costruzione

La vecchia direzione dei Gc di Milano era tanto dipendente dalle finanze del partito quanto il partito dipendeva dalle entrate istituzionali. Per quanto corretto che il partito finanzi la sua organizzazione giovanile, entrambi hanno un futuro se si ricostruiscono sulle forze della nostra classe.
Tradizione del movimento operaio e studentesco, l’autofinanziamento è la base dell’indipendenza economica e quindi politica delle forze della classe: inesauribile la sua solidarietà, a patto di non tradirla.
Un’impostazione esclusivamente istituzionale o televisiva concepisce l’autofinanziamento come una pratica umiliante da abbandonare col ritorno dei finanziamenti statali. I soggetti sociali di riferimento diventano target pubblicitari da colpire con lo slogan giusto. La situazione economica di estrema dipendenza del Prc dalle posizioni istituzionali è ovviamente peggiorata dopo la sconfitta del 2008.
Fin dal principio abbiamo osservato un’attenzione scrupolosa per l’autofinanziamento. Avendo legato il nostro antifascismo alla lotta di classe proponemmo di raccogliere 200 euro al corteo del 25 aprile da versare alla cassa di resistenza dell’Avio di Pomigliano, allora al centro di uno scontro verticale contro la chiusura – come in queste settimane avviene a Termini Imerese. Ne raccogliemmo 960: squadre di compagni sciamarono per tutto il corteo dallo spezzone mentre speakeraggi, slogan e musica dei Gc guidavano lo spezzone del partito. Si può gestire un sound system, fare slogan e brevi interventi politici tutto dallo stesso camionicino: nessuna delle tre cose esclude l’altra ma l’insieme della tre segna un approccio più militante e meno turistico ai cortei.
Fin dal principio abbiamo discusso un principio tanto elementare quanto efficace: non si chiedono i centesimi con un volantino per elemosina ma per discutere. Un giovane o un lavoratore versano un contributo quando comprendono che i Gc sono un’organizzazione di studenti e lavoratori per i diritti di studenti e lavoratori. Dare un volantino in meno, parlare con un giovane in più: volevamo partecipare al corteo in modo attivo, come ogni comunista che non si limita a sostenere le lotte ma le costruisce dovrebbe fare. Questo ha aiutato i compagni a vincere la timidezza e il coordinamento a comprendere meglio quello che si muoveva nelle scuole e nelle aziende. Resoconti più lucidi permettono prospettive più puntuali.
Pochi giorni dopo invitammo Domenico Loffredo, Gc dell’Avio di Pomigliano, a Milano per discutere della lotta degli operai e della parola d’ordine della nazionalizzazione. Versammo alla cassa di resistenza 500 euro: il nostro contributo a portare avanti la lotta su parole d’ordine sempre più combattive.
In generale utilizziamo l’autofinanziamento in ogni volantinaggio che facciamo: in questo modo paghiamo regolarmente al partito tutto il materiale stampato. Si deve considerare che a pieno regime le zone si nutrono di 3mila volantini alla settimana complessivamente e di almeno 500 manifesti. Sebbene non siano numeri enormi, col passare del tempo diventano un costo: i giovani devono riabituare i settori più combattivi della classe all’autofinanziamento, così come i compagni che studiano e lavorano imparano a costruire la propria struttura. Lo stesso si può dire per altre spese: striscioni, megafoni, bombolette, rimborsi per le manifestazioni etc…: spesso raccogliamo offerte anche durante le riunioni degli stessi Gc. Al coordinamento i responsabili di zona fanno versamenti al responsabile autofinanziamento.
La festa che abbiamo fatto a luglio, “Sotto una rossa stella”, è stata completamente autofinanziata: chiuse in attivo – oltre 200 euro – dopo tre giorni in cui i compagni oltre a divertirsi erano riusciti a confrontarsi con un delegato sindacale senegalese sul Pacchetto Sicurezza e con Gianni Frizzo della lotta delle Officine di Bellinzona sulle possibilità del conflitto di classe.
Ci sono molti modi di fare autofinanziamento. Feste, volantinaggi, cortei: la questione decisiva è il metodo con cui viene fatto e la prospettiva a cui viene legato.
Per quanto tutto questo possa sembrare un’ovvietà e senza voler fare la lezione a nessuno, va riconosciuto come la storia dei Giovani Comunisti sia sempre andata in un’altra direzione anche per quanto riguarda i metodi di costruzione.

Nuotare contro la corrente

La democrazia interna e l’autofinanziamento sono solo due esempi di come sono stati ricostruiti i Gc di Milano. Non abbiamo lo spazio per poter descrivere nel dettaglio tutti i nostri interventi: dal 25 aprile alla campagna elettorale, dall’intervento alla Innse a quello nella lotta delle scuole serali, dalla campagna elettorale alle discussioni politiche, dalla manifestazione nazionale del 23 maggio alla festa di luglio, dalla campagna davanti alle scuole allo spezzone studentesco tra gli operai della Fiom il 9 ottobre, dalla pubblicazione della piattaforma di lotta – “Solo la lotta paga” alla campagna con i comitati inquilini per la battaglia abitativa milanese, dall’intervento all’Eutelia occupata di Pregnana allo spezzone del 12 dicembre per piazza Fontana.  In ogni caso la lettura del materiale prodotto e la visione delle foto pubblicate non rendono giustizia dell’entusiasmo che i compagni hanno messo in questi mesi ma possono essere una buona approssimazione di quello che intendiamo per un’organizzazione di battaglia di studenti e giovani lavoratori.
Pensiamo in ogni caso che questi esempi pratici possano essere un contributo rispetto ai metodi di costruzione che i Gc dovranno darsi a livello nazionale.
I Giovani Comunisti avranno un futuro se saranno in grado di riconnettersi ai settori più combattivi dei giovani e di scuotere il partito dalle fondamenta: l’esperienza pratica dimostra come un obiettivo del genere non possa essere sviluppato da un gruppo dirigente d’allevamento ma solo da una direzione formatasi nelle lotte reali e cresciuta nelle fatiche della costruzione reale.
Per tutta una fase dovremo nuotare contro la corrente: scorciatoie burocratiche o governiste non faranno altro che sfracellare la nostra struttura sui duri scogli della realtà.
Il nostro compito è invece quello di approdare in mare aperto ben consci della direzione da seguire.

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