Anna Belligero si racconta a BitontoTV
Fresca di nomina, la portavoce nazionale di GC illustra la sua visione della sinistra italiana oggi a circa un mese dalla sua elezione a portavoce nazionale dei Giovani Comunisti, BitontoTv ha incontrato, in uno dei suoi fugaci passaggi dalla nostra città, Anna Belligero. Battagliera, ottimista, solare e piena di iniziative come sempre, ha conversato su una serie di temi di attualità, dalla unità a sinistra alla candidatura di Vendola, dalla sua visione dei giovani fino ai problemi della scuola italiana. Tenendo sempre fermo un punto: lei dell’impegno politico non può farne a meno.
Questo incarico è il coronamento di un percorso o un ulteriore trampolino di lancio verso una carriera politica più importante?
Credo che la politica non si fermi. Nulla è certo in questi casi. Potrei tornare a casa domani o continuare per tutta la vita, quello che conta è l’obiettivo, le condizioni, i contenuti per cui svolgo quest’incarico. Ho sempre fatto politica animata da una forte passione, chi mi conosce lo sa. Ho iniziato che ero davvero molto piccola perché mi veniva, mi viene, naturale. Quello che posso affermare è che non riesco ad immaginare la mia vita senza l’impegno politico.
I giovani guardano ancora a sinistra come prospettiva per il futuro?
Esiste una generazione, anagrafica e politica, che ancora crede che ci sia un senso e una speranza a sinistra. L’hanno dimostrato le grandi manifestazioni studentesche degli ultimi due anni; lo dimostrano ogni giorno le tante vertenze fatte da lavoratori e lavoratrici precari; lo dimostra l’esistenza di un “popolo viola” che pur tenendosi a distanza dalla politica partitica si batte per la difesa dell’assetto democratico di questo Paese. Non è però scontato che questa rabbia, quest’entusiasmo si traducano in un appoggio organico alla sinistra e forse in questo noi di sinistra abbiamo qualche responsabilità sulla quale riflettere. Abbiamo alle spalle anni di entusiasmanti mobilitazioni, di una generazione che non solo ci guardava, ma che con noi costruiva le lotte e pure la sinistra; il rischio più grande è che si disperdano ancora.
Hai girato l’Italia incontrando tantissimi giovani. Come li hai visti i ragazzi italiani?
Ho visto ovviamente solo una parte dei giovani, la parte politicizzata, già iscritta a un partito, che già organizza il suo sdegno verso” lo stato di cose presente”, e quindi la mia è una visione parziale del panorama giovanile. Posso dire però molto serenamente che nonostante esista una generazione di mezzo che ha in un certo qual modo mollato, cresce la voglia di partecipazione e di protagonismo di chi oggi si avvicina ai vent’anni. Probabilmente c’è una generazione, quella dei nati dopo gli anni 80, che sta conoscendo un mondo molto diverso da quello con cui ci siamo confrontati noi, a partire dalla scuola e dal perenne smantellamento che ne stanno facendo. E’ una scuola che, spesso non per colpa dei docenti e delle docenti, ai quali vengono negati gli strumenti, insegna al ribasso sia sul versante della cultura e del sapere che su quello della formazione, sempre più acritica e nozionistica. Ovviamente parlo della scuola pubblica, l’unica che io concepisco (ride, con la sua solita aria autoironica, ndr)
A che punto è secondo te la sinistra italiana?
Io non ho mai amato i catastrofismi, né tantomeno le formule definitive, del tipo “punto di non ritorno” e dunque non penso che siamo a questo. Tuttavia credo che ci stiamo avvicinando in un processo che ritengo, fiduciosamente, reversibile. Negli ultimi anni si è parlato troppo di divisioni, di accorpamenti, di uno scenario molto semplice da analizzare, ma, forse, troppo complesso da praticare. Mi spiego meglio: io non credo che il PD, per come è composto e organizzato e per le scelte che fa, possa rappresentare chi si sente di sinistra in Italia. Penso, invece, che il PRC si stia smarcando bene dalla subalternità nella quale volevano rinchiuderlo. Per fare un esempio concreto io non penso che De Luca, attuale candidato alla presidenza della regione Campania per il PD sia di sinistra, tant’è che noi, con la Federazione della Sinistra, esprimiamo una candidatura alternativa e rappresentativa come Paolo Ferrero. Non si può pensare di discutere di sinistra senza sciogliere alcune ambiguità, come il rapporto con il potere, i diritti dei migranti, i beni comuni. Esiste nella società una forte richiesta da questo punto di vista, ma agisce in modo piuttosto frammentato e soprattutto non ha attualmente degna rappresentanza, perché chi è nelle Istituzioni non può e non vuole rappresentarla e chi vorrebbe non c’è! Bisogna uscire dagli equilibrismi e tornare a discutere e ad agire, sulla base di quello che “il popolo della sinistra” chiede, perché la sinistra non è (solo) nei partiti, ma è ovunque esistano queste richieste.
Quanto hanno ragione coloro che vi accusano di non saper costruire l’unione a sinistra?
Io credo che nessuno possa arrogarsi il diritto di avere ragione in questa fase, perché lo stallo non risparmia nessuna delle forze che si muovono a sinistra del PD. E’ piuttosto quasi paradossale che queste forze fossero quasi tutte dentro il PRC fino a poco tempo fa. Come ho avuto modo dire diverse volte, non si può pensare e proclamare unità promuovendo scissioni.
L’unità è stata agitata, in alcune fasi, ma forse a tutt’oggi restano degli strascichi, come una sorta di panacea dei mali della sinistra, in modo a-contenutistico e svincolata dalle pratiche politiche. Il PRC si pone da tempo il problema di una ricomposizione a sinistra, che non solo permetta di superare i troppi sbarramenti, cosa mai inutile né disdicevole, ma che ricostruisca credibilità, speranza e passione attorno a questa parola e per questo ha messo in campo il progetto della Federazione della Sinistra. Un progetto che è partito mesi fa ma che guarda al futuro, alle esperienze di conflitto che si producono sui territori, ai soggetti autoorganizzati, alle forze tutte della sinistra.
Rifondazione, dopo mesi di veleni, in Puglia ora sostiene a spada tratta Vendola. Come mai?
Come ho avuto modo di dire più volte, Vendola andava sostenuto alle primarie perché credo che possa governare meglio di Boccia e perché tra un candidato di centro e uno di sinistra la scelta è quasi naturale. Penso inoltre che un Congresso di partito, per quanto lacerante sia stato il nostro, non possa indurre in scelte difficili da spiegare alla gente. Vendola, nonostante gli errori visibili, può fare un bilancio positivo dei 5 anni di governo. Questo lo ammettiamo anche noi. Per questo motivo lo sosteniamo ancora nella corsa alla presidenza della regione Puglia. Aggiungo, con un pizzico di rammarico, che io ci vedevo anche una possibilità in più: approfittare di questa esperienza che ci vedeva di nuovo assieme, per avviare un ragionamento di prospettiva sulla sinistra. Su questo non ci sono state risposte. Ma io non perdo mai la speranza!
In un commento su bitontotv hai scritto che la sinistra deve superare l’antiberlusconismo fine a se stesso. Ritieni che sia stato il limite principale della sinistra italiana?
Dire che sia stato il limite principale sarebbe un po’ troppo auto consolatorio, per una certa “sinistra”, e non risponderebbe al vero. L’antiberlusconismo è stato la molla di molti processi, alcuni dei quali hanno corrisposto a tornate elettorali e la risposta più lampante a questo ragionamento è che il centro destra governa sia Bitonto che l’Italia. Da un lato sono convinta che l’errore sia stato tentare di utilizzare gli stessi strumenti di Berlusconi, dall’altro credo che abbiamo pagato il non aver governato bene. Lo dico da sinistra, stando in un partito che ha fatto parte del governo e che su questo ha dibattuto a lungo, e forse non ha ancora esaurito la discussione. Se governi devi portare a casa dei risultati soprattutto per coloro che ti hanno votato e che hai il dovere di rappresentare. Noi sulla precarietà abbiamo fatto così poco che il Paese non se n’è accorto, sui diritti civili non abbiamo fatto mezzo passo avanti, sulla guerra ci siamo tappati il naso. Non funziona, non ha funzionato, e chi lo nega, continuando a nascondersi dietro voti che puntano a far cadere il dittatore di questo tempo, sbaglia. E paga.
Intervista a cura di Francesco Paolo Cambione