di Marco Sferini Il piglio con cui i presidenti delle regioni Piemonte e Veneto hanno preso la questione inerente la pillola Ru486 è assolutamente assimilabile ad un editto imperiale (per una volta lo possiamo dire e non siamo certamente tacciabili di filo-bersanismo), ad un anatema clericale. E non c’è nessun fuorilocalismo verbale. Purtroppo le prime parole di Cota e Zaia, dopo la loro vittoria, sono state di censura e di divieto, di impedimento e di limitazione: a Torino ora meditano di fare di tutto per impedire il gay pride e, per essere coerenti fino in fondo col clima vandeano che si respira, non disdegnano di aprire le danze con la condanna di questa pillola che crea così tanto prurito nelle gerarchie vaticane che, infatti, si spellano le mani ad applaudire i nuovi presidenti.
Non è la pillola del “giorno dopo”, ma un insieme di pillole che vengono somministrate entro il 49 giorno di gravidanza e che inibiscono il processo riproduttivo entro i termini definiti dalla Legge, molto anzitempo. Per la Chiesa è un omicidio, per le donne è una libera scelta determinata da molteplici fattori uniti comunque da un filo che determina la sussitenza di un diritto. Un diritto che non può essere surclassato dalla presunzione della volontà divina interpretata magistralmente dalla Curia romana. Eppure, sebbene la pillola e il gay pride sembrano divenuti i primi gravissimi problemi delle due regioni amministrate dalla Lega Nord.
Partito dell’amore, partito della vita, partito della coerenza. Non c’è alcuna remora nello sfoderare i più blasonati aggettivi di onore e dignità da parte dei signori del centrodestra. Mai un dubbio, mai un’incertezza.
La Lega Nord, in particolare, forte del suo avanzamento elettorale ne ha di che suonar la tromba e di richiamare all’ordine anche i liberali del PDL, ricordando loro che la coalizione si regge sui sacri valori cristiani e non sul bieco ateismo materialista dei comunisti. Pertanto, i direttori delle Asl del Veneto sono avvisati: guai a loro se la pillola Ru486 viene impiegata negli ospedali della già Serenissima Repubblica.
Ma anche se il tonante rumore delle parole di Cota e Zaia dovrebbe scuotere le coscienze e indignare, tutto ciò passa come un giusto richiamo alla intangibilità della vita. Peccato se poi la stessa Lega Nord esclama, anche per bocca del Cavaliere nero di Arcore da quella poco affollata piazza San Giovanni, che gli extracomunitari vanno respinti, che vanno ricacciati a mare, esplusi perché sì, è vero, saranno anche esseri umani, ma non sono proprio come noi. Sono brutti, sporchi e cattivi. Sono l’esatta incarnazione di tutte le paure che proprio le casacche verdi hanno diffuso tra gli egoisti di questo Paese, tra gli insicuri di questo Paese, tra gli ignoranti di questo Paese, tra i più colti di questo Paese, tra i più ricchi di questo Paese.
Il razzismo e la sessuofobia sono trasversali, anzi sono decisamente interclassisti, e si coprono di valori cristiani, anzi cattolici, proprio laddove più è lontano il momento di confronto e vicinanza con gli episodi evangelici, con le parabole tramandate, con quell’eguaglianza prima ancora umana che economica, prima ancora sociale che di diritto.
L’egoismo e l’odio laddove si proclama amore, bontà e un pizzico di tolleranza, giusto appunto per mostrare che c’è uno sforzo nel definirsi umani, nel provare ad esserlo.
Ha vinto, dunque, la paura, l’ossessione di massa e singola, il terrore non giacobino ma crociato, vandeano, ipergesuitico, fatto di soldati di compagnie spirituali ed economiche che proteggono la razza, la religione e la casa. Un trittico dannatamente insidioso, che attenta alle basi della Costituzione italiana, che rischia di trasformare lo Stivale in un grande, immenso lager, in un grande immenso vuoto di valori, pieno di condanne e sentenze. Per le donne, per gli omosessuali, per le diversità in generale e per chi, direttamente o indirettamente, sovverte e capovolge la morale, il comune sentire e la volta protettiva sotto la quale ci si ama se, e solo se, si è non uguali agli altri. L’era del Paese triste, misero e malandato continua.
MARCO SFERINI
3 Aprile 2010