di Flavio Arzarello, Coordinatore naz.le FGCI La maggior parte dei giovani vive oggi una situazione drammatica, stretta tra le difficoltà del sistema formativo, ed un mondo del lavoro precario e sottopagato che ci relega ad un’esistenza sospesa.
Crisi economica, crisi democratica e crisi della politica sono i tratti distintivi della società italiana per come la viviamo oggi, nella quale, con delle eccezioni significative, il riscatto individuale non passa quasi mai attraverso lotte collettive.
In questo quadro difficilissimo siamo chiamati a costruire il nostro punto di vista, il nostro orizzonte di lungo periodo e le nostre battaglie nell’immediato.
La crisi economica e le soluzioni che il Governo italiano sta adottando – in linea con gli altri Governi europei – sono coerenti con lo spirito di far pagare ai lavoratori la crisi causata dal mondo della finanza e l’intervento pubblico, per anni bollato come anacronistico, viene utilizzato unicamente per salvare i grandi gruppi finanziari e le banche le cui scelte, come noto, sono la causa stessa della crisi.
C’è un secondo aspetto, altrettanto grave e preoccupante, che non è da sottovalutare: l’utilizzo della crisi economica per il restringimento degli spazi di democrazia. L’oscuramento di qualunque voce di dissenso è parte, forse la più importante, della strategia anticrisi del Governo Berlusconi: costruire una coltre fumosa fatta di telegiornali plasmati e intrattenimento becero, per nascondere la crisi, per nascondere ad esempio che la disoccupazione nel 2009 ha toccato l’8,6 % e che la cassaintegrazione nei primi quattro mesi del 2010 è aumentata del 52%.
Da dove ripartire? ‘Noi la crisi non la paghiamo’ e ‘Popoli d’Europa sollevatevi’, per dirla con due slogan: unire, cioè, condizione materiale e critica al sistema, costruire un nuovo immaginario collettivo che torni a simboleggiare il riscatto per un’intera generazione. Questa, a mio avviso, è la sfida che si apre di fronte a noi nei prossimi mesi e anni di attività politica.
Segnalo, come elementi in controtendenza, nell’Italia narcotizzata del 2010, la grande mobilitazione dei ricercatori contro la riforma Gelmini e i suoi tagli, che ha unito studenti e docenti nelle manifestazioni e occupazioni di questi giorni, e il grande risultato ottenuto dal referendum sull’acqua pubblica, che colpisce uno degli assi portanti, anche ideologici, del neoliberismo in versione italiana, e cioè la privatizzazione dei servizi pubblici locali.
Questi due elementi, insieme a tante altre realtà in lotta, ci dicono che esiste, nella società prima che nel quadro politico, lo spazio per una ripresa.
Le organizzazioni politiche, è bene che ne prendiamo coscienza, anche quelle di alternativa, oggi stentano ad essere percepite come uno strumento utile per organizzare la rabbia, la voglia di cambiamento di una generazione nata tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 che spesso si organizza fuori dai Partiti: è anche questa una delle ragioni del consenso raccolto da Beppe Grillo alle ultime elezioni regionali.
Uscire dal politicismo, costruire luoghi, anche fisici, di discussione, di confronto, di aggregazione, nel tempo in cui la socialità spesso è distrutta può essere un modo per tentare di tornare in sintonia con la società.
E’ ora di mettere in campo un’offensiva, larga, aperta, partecipata, sui temi del lavoro e dei saperi. Un salario più degno, lotta alla precarietà e al lavoro nero, con uno sguardo particolare per le condizioni del Mezzogiorno, devono essere i tre corni lungo cui sviluppare le nostre mobilitazioni.
In questi anni in cui la destra ha sviluppato un senso comune che oggi è tristemente egemone, è riuscita ad intrecciare gli interessi delle classi padronali con la destrutturazione di un sistema formativo che viene piegato completamente agli interessi dei privati. Deve essere chiaro, quindi, che le nostre battaglie, per una scuola e un’Università aperte, accessibili e pubbliche e quella per il lavoro sono strettamente connesse e sono parte della lotta per costruire una società organizzata in modo radicalmente diverso.
Non pensiamo tuttavia in modo autoreferenziale, di poter costruire questo percorso senza una consultazione, vera, ampia, reale, dei soggetti politici e sociali che sui territori sono impegnati a costruire il conflitto insieme a noi.
Il campeggio della Fgci e dei Gc, dopo la prima esperienza dell’anno scorso, se saremo all’altezza, può diventare l’occasione per fare un primo bilancio di questo percorso, e soprattutto, di proiettarci verso l’autunno. Un autunno che rischia di essere drammatico sul piano sociale, e che tuttavia può rappresentare per tutte e tutti noi l’occasione del riscatto. Chiamiamo dunque a discutere insieme a noi le associazioni studentesche, i collettivi, i sindacati, i tanti gruppi nati per resistere alla crisi, penso prima di tutto all’esperienza romana, e organizziamo insieme la resistenza ed il cambiamento.
FLAVIO ARZARELLO
Coordinatore nazionale FGCI
21 Maggio 2010