di Anna Belligero “Non c’è più tempo”, è questa la frase che ormai da troppe ore leggiamo e ascoltiamo, riguardo alla vita di Sakineh Mohammadi Ashtiani, o più semplicemente Sakineh. E’ la minaccia costante che risuona nelle nostre orecchie, sono le immagini ripetute di una pratica maledetta e a noi direttamente sconosciuta, è la sensazione di vivere lo stesso incubo, nel buio di una cella, con l’angoscia della solitudine e la paura di morire. Oltretutto da innocente. Prima di tutto perché è innocente, Sakineh non deve morire. Prima di tutto perché nessun uomo, nessun dio, nessun governo può disporre della vita di qualcun*. Prima di tutto perché ha un figlio e una figlia che l’aspettano e non l’hanno mai abbandonata. Prima di tutto perché vorremmo che fosse la prima di una (magari non troppo lunga)serie di donne che si salveranno dalle grinfie di un boia che si fa stato, si fa marito, si fa avvocato, si fa imam. Prima di tutto perché crediamo che l’adulterio non sia un reato. Prima di tutto perché riteniamo che amare liberamente sia un diritto di ognun* e che i matrimoni, le unioni, le relazioni, debbano essere libere e scelte. Prima di tutto perché è innocente Sakineh non deve morire. E dopo che la sua vita sarà salva, solo allora, accetteremo che l’Iran sieda ancora nella Commissione Onu per i diritti delle donne. Ovviamente, a patto che quel posto lo occupi lei, e che la permanenza in quel “luogo di diritto” sia utile davvero alle donne iraniane e del mondo intero, e non soltanto l’ennesima copertura, o peggio l’ennesimo scudo difensivo costruito attorno ad un Paese di cui si deprecano le pratiche pubblicamente, e con il quale si fanno accordi ufficiosamente.
ANNA BELLIGERO
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
6 Settembre 2010