A Pisa quest’anno la mobilitazione è iniziata presto, e nel segno dell’unità: unità del mondo della conoscenza, che ha dato vita ad un coordinamento Università Bene Comune a cui hanno aderito i ricercatori, i dottorandi e la sinistra studentesca in tutte le sue articolazioni (cosa non scontata); e unità, più in grande, di tutte le resistenze, con i sindacati, i movimenti, i collettivi degli studenti medi, le associazioni, i partiti, prima nel comitato per il 16 ottobre, poi in Uniti contro la Crisi.
Questo perchè tutti, fin dall’inizio, sono stati coscienti e convinti della necessità di unire le lotte, del fatto che senza una formazione ed una ricerca di qualità, sostenute da adeguati finanziamenti e da una riforma autentica e profonda del sistema universitario, dall’attuale crisi economica si uscirà comprimendo ulteriormente i salari e la spesa pubblica, imponendo altra precarietà e perdendo altri posti di lavoro. E’ con questo spirito che siamo scesi, tutti, in piazza nella importante manifestazione del 17 novembre.
Ed è con questo spirito e questa consapevolezza che in questa settimana abbiamo bloccato prima l’ateneo, occupando sette facoltà (alcune anche tradizionalmente restie a queste forme di protesta) e organizzando picchetti davanti ai dipartimenti, e dopo, nella giornata di ieri, l’intera città. Un corteo di più di 3000 studenti si è riversato sui ponti della città impedendo il transito delle auto, poi si è spostato all’aeroporto interrompendo l’attività delle scalo e infine ha bloccato i binari della stazione.
Un’intera generazione è scesa in piazza per difendere il proprio futuro, non con la disperazione di chi sa che non ha niente da perdere, nè con la rabbia (o la “violenza” dice qualcuno) verso un nemico da abbattere, ma, davvero, con tutta la volontà, la forza e l’entusiasmo di chi finalmente si riprende i propri spazi, fisici e politici, con il senso di liberazione di chi può rispondere con orgoglio e determinazione all’arroganza di un governo che, nonostante la sua gravissima crisi politica, porta avanti la sua sedicente riforma dell’università. Nelle strade, nelle piazze, per scardinare dal basso la routine giornaliera che schiaccia la nostra città e far interrogare tutti su cosa può significare vivere in un paese che svende gli atenei ai privati, cancella un’intera generazione di precari, comprime ulteriormente gli spazi di democrazia interna, azzera il diritto allo studio, rendende tutti più poveri e più ricattabili.
Stamattina gli sudenti, i ricercatori, i dottorandi sono saliti sul tetto dell’osservatorio astronomico della Sapienza, sulla torre guelfa, e sull’altra torre, quella pendente che tutti conoscono. In piazza dei Miracoli il presidio era partecipatissimo ed aperto a chiunque, ogni facoltà era presente con i suoi slogan e le sue forme di protesta, in un crescendo che è culminato quando dalla torre è sceso lo striscione “No alla riforma – general strike”. E quando, tre ore dopo, si è riusciti a far scendere i compagni che erano saliti sulla torre, di nuovo tutti in corteo fino alla stazione di San Rossore, camminando sui binari fino alla stazione centrale, e poi di nuovo nelle facoltà occupate…
Queste splendide giornate di lotta, queste piazze gremite e piene di entusiasmo, ci parlano di cosa vuol dire fare davvero politica: costruire insieme spazi di dibattito e confronto nelle nostre città spersonalizzate, luoghi dove chiunque possa prendere il megafono e parlare di diritto al sapere, di lavoro, di futuro, parlare o urlare se è necessario, perchè arrabbiarsi è il primo passo per iniziare a cambiare le cose. O si riparte da qui, da queste piazze, dai tetti, dalle torri occupate, da questa vogli a di farsi sentire, o non si riparte più.
LUCA PANICUCCI
27 Novembre 2010