L’Italia è bloccata. Non si respirava un’aria così “pesante” dagli anni in cui la generazione che sta capeggiando questa rivolta non era neppure nata. Anni difficili, che non abbiamo vissuto, che ci hanno raccontato. Anni che a volte ci affascinano ed altre ci spaventano un po’. Anni che hanno visto un Paese bruciare, la politica tremare, la cultura rigenerarsi. Anni che non hanno prodotto tutto ciò che sarebbe stato necessario, evidentemente, per un mondo migliore di quello che c’era e che c’è.
Oggi questa generazione che continuano, per comodità, a definire P come precaria, è stanca non solo di questo, ma sopratutto di prendere lezioni da chi crediamo non abbia davvero nulla da insegnare. In un Paese attraversato da una crisi devastante, con la crescita economica ai minimi storici, con l’emergenza abitativa a livelli esasperati, con la politica sull’immigrazione tra le peggiori d’Europa, con una crescita costante e spaventosa della connessione tra politica e mafia, con il più alto tasso di ingerenza vaticana sulle vite delle donne e degli uomini, alla testa delle proteste ci sono solo gli studenti.
In realtà c’è una generazione che vuole eliminare lo sbarramento al proprio futuro. E che non si è fermata al primo ostacolo, e che non si è rinchiusa solo nei luoghi, fisici e simbolici, della propria condizione. Da settimane si occupano licei e università, ma anche tetti, luoghi simbolo della cultura delle più grandi città italiane, binari, autostrade, si occupa tutto. E lo si fa perché tutti capiscano che il problema non è un Ministero o una Ministra, ma l’intero Governo e il loro progetto di Paese e di futuro, che non risparmia nessuno. E prima di oggi l’hanno fatto solo studenti e studentesse e il mondo della conoscenza in generale, con ricercatori, docenti, precari della scuola e dell’università. Oggi però in Piazza a Roma c’è di più. Ci sono i migranti, i comitati per la casa, i cittadini di Terzigno e quelli dell’Aquila, e forse non era nemmeno così scontato.
Ed è per questo, a maggior ragione, un ottimo risultato: è la buona riuscita di un conflitto che è partito dal disagio di una parte, per investire il tutto. Se il movimento studentesco ha voluto “bloccare tutto” è anche per dire che non è solo questa martoriata generazione ad avere diritto al futuro e a sentirselo negare da una Riforma indegna, ma che c’è una classe politica, un Governo, dei responsabili, che stanno distruggendo qualunque cosa sia in grado, anche solo potenzialmente, di rappresentare una speranza, un esempio di democrazia e di uguaglianza, un anelito di libertà. Cancellare il sapere è cancellare passato e futuro in un colpo solo, relegandoci ad una sosta non voluta e troppo lunga in un presente stantio se non addirittura inutile, perché va vissuto “più veloce che si può”, perché ci costringe a non fare progetti, perché ci abitua alla logica del male minore, che in altre parole è la rassegnazione. E ci isola, ci rinchiude nel ghetto dei nostri piccoli bisogni che camuffiamo come desideri, ci fa vivere in uno stato di perenne precarietà, che, frammentando, aliena. E smettiamo di essere cittadine e cittadini, diventiamo sudditi, o tutt’al più protagonisti di scontri e divisioni sociali e culturali che impediscono anche solo di pensare che esista un mondo più giusto, più libero, migliore.
Il movimento degli ultimi mesi non avrà fatto cadere questo Governo, però ha insegnato al Paese che non esiste sofferenza che non possa essere intrecciata ad altre, che non si può e non si deve avere paura di perdere, che si vince proprio iniziando a lottare. E se il Governo ha avuto i numeri per andare avanti, non sappiamo per quanto, noi abbiamo i numeri e la voglia di continuare ad alimentare il conflitto sociale, e non ci fermeremo. Da oggi quelli più forti siamo noi, perché la fiducia nel nostro futuro non ce la toglie nessuno!
ANNA BELLIGERO
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
14 Dicembre 2010