Caro Roberto, permettimi il “tu” che si riserva agli amici. Non ci conosciamo personalmente ma sono tra i tanti ragazzi cresciuti con le tue canzoni e che, grazie ai tuoi testi, hanno capito qualcosa in più di noi stessi e del nostro mondo. Sei per me, per tanti miei coetanei, il professore, il confidente, l’educatore, il poeta, un punto di riferimento in mezzo a tanti dubbi e tante disillusioni.
Ti scrivo perché ti voglio ringraziare. Ancora una volta, hai scritto una canzone meravigliosa. Ma questa volta hai un merito in più: hai dato voce ad un Paese umiliato ma reattivo, imbarbarito ma ancora orgoglioso. Hai dato parola agli operai in cassa integrazione e alle ragazze e ai ragazzi che sono scesi in piazza in questi mesi per difendere l’Università pubblica e il diritto ad un sapere critico.
Per questo mi hai commosso e mi hai fatto pensare a quanto sia profonda la distanza tra il mondo falso della televisione e dello spettacolo (e troppo spesso della politica patinata, delle polemiche create ad arte e degli scandali da commedia) e la vita reale e quotidiana di milioni di persone.
Lavoratori, studenti, disoccupati, precari a cui, oltre al lavoro, ai diritti e ad un pensiero vogliono togliere anche la capacità di distinguere ciò che è bello da ciò che non lo è. Le poesie, come i sogni, conducono in mare aperto. Dobbiamo navigare ancora molto per strappare questo nostro Paese alla notte e alla tempesta.
Ma ci sentiamo meno soli, perché sappiamo che sei con noi. Con la musica e le parole. E la nostra lotta, che ha ancora tante piazze da solcare.
SIMONE OGGIONNI
(ragazzo, portavoce nazionale dei Giovani Comunisti)
17 Febbraio 2011