E’ dovuto passare non solo un autunno, ma quasi tutto l’inverno, prima che la Cgil convocasse lo sciopero generale. A gran voce l’hanno chiesto studentesse e studenti, operai metalmeccanici, lavoratrici e lavoratori precari, perfino i cassintegrati delle centinaia di aziende in crisi in giro per l’Italia. Ma perché? Per quale ragione queste/i cittadine/i, giovani e meno giovani, hanno ritenuto di poter affidare la loro rabbia , le loro rivendicazioni, ad uno strumento a tratti così obsoleto come uno sciopero, addirittura generale? Nell’era in cui il lavoro diviene una “gentile concessione” dei padroni, i diritti sono sempre più un “retaggio” del passato, la speranza nel futuro è ridotta a un privilegio per pochissimi, ecco che,forse, si riaffaccia nel Paese il senso, l’importanza, la forza, della lotta collettiva.
Sarà forse per “merito” della Ministra Gelmini, e dei suoi tagli sconsiderati a Scuola, Università, Arte e Cultura? Sarà forse per “merito” di Tremonti e delle sue finanziarie con sempre più lacrime e sangue per chi già piange di suo? O forse sarà grazie al Ministro La Russa, di cui non serve citare nessun provvedimento particolare?! Ad oggi ciò che è chiaro, è che nel Paese è sempre più viva una nuova voglia di legare le lotte, di non isolarsi nei propri microconflitti, di non opporsi solo ad una delle facce del sistema, ma di frantumare il sistema stesso, tutto intero. E quindi per gli studenti il nemico non è solo la Gelmini, ma è Tremonti, ed è Marchionne, responsabile del ricatto propinato ai metalmeccanici di Mirafiori e Pomigliano, mentre i metalmeccanici “ricambiano il favore”, scendendo in piazza con gli studenti.
Gli scorsi mesi ci hanno regalato delle immagini di conflitto e di rivolta che in un altro Paese (magari che si affaccia sullo stesso mare) ne avrebbero già cambiato la storia. Eravamo tutte/i assieme, donne e uomini, giovani e meno giovani, lavoratori “garantiti” e precari, studenti e ricercatori. Tutte/i assieme per la stessa lotta, contro i padroni e contro il liberismo, in Italia, in Europa, nel mondo. Una lotta che ha parlato con la voce di oltre un milione di donne scese nelle piazze d’Italia il 13 febbraio, o attraverso il movimento per l’acqua pubblica il 26 marzo, o agli Stati generali della precarietà e alla manifestazione del 9 aprile delle precarie e dei precari. Un movimento che sempre più diventa compatto, pur nella sua eterogeneità, e che, ne sono certa, riscalderà il Paese ancora una volta, dato che la primavera stenta ad arrivare, anche oggi. Non sarà un punto d’arrivo, purtroppo, questo sciopero generale, e sarebbe sbagliato leggerlo come un punto di partenza dopo tutte le “esplosioni” che ci sono state nei mesi scorsi in Italia. E’, però, anzitutto un’importante occasione di confronto tra coloro che si oppongono a questo Governo, e, ancora una volta, di conflitto contro il Governo stesso.
E’ necessario un Paese diverso, e credo anche che ce lo meritiamo. Un Paese rigenerato, liberato dal peso delle mafie che in una stretta asfissiante col neoliberismo hanno divorato pezzi sempre più rilevanti di stato sociale. Un Paese libero dal Vaticano, che oltre a voler normare costantemente le nostre vite “si ciba” di uno Stato che è nostro ma non è suo, attraverso i fondi alle scuole private, in gran parte ecclesiastiche, e attraverso le decine di agevolazioni fiscali riservate alla Chiesa. Un Paese libero da lavoro nero, precario e dalla disoccupazione, dove il lavoro torni ad essere un diritto, e non un favore o un elemento di ricatto per gli uomini e, soprattutto, per le donne. Un Paese libero dalla guerra, dove possiamo tornare a vivere senza il senso di colpa per le bombe che cadono “altrove”, e senza la paura per le conseguenze che ogni guerra ha, anche quando non l’hai decisa, né voluta, né votata.
Essere in piazza oggi è un dovere per chi ancora ha questo diritto e vuole mantenerlo, e per estenderlo anche a chi non ce l’ha. Vorrei al mio fianco le migliaia di miei coetanei, precari e precarie, che non potranno esserci perché “non è un loro diritto”appunto. Qualcuno, speriamo, racconterà attraverso la voce di altri le ragioni della loro assenza; a partire dalla mobilitazione del 9 aprile si sono cercate le forme più diverse per permettere al Paese di ascoltare anche la voce dei precari, forse per la prima volta, ad uno sciopero generale. E’ un passo, importantissimo, perché segna l’uscita da quell’ invisibilità che è la caratteristica comune di ogni precaria ed ogni precario, ma l’obiettivo per i partiti, i sindacati, i comitati, i movimenti, per la sinistra politica e sociale che oggi sarà ancora in piazza dev’essere garantire gli stessi diritti a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori. Perché sui diritti siamo indisponibili a fare anche un solo passo indietro.
Buono sciopero generale e generalizzato a tutte/i!
ANNA BELLIGERO
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i – Resp. Lavoro