Lavoro, rivolte e diritto alla rabbia

di Francesco Bellina

Li vediamo avanzare davanti le porte del Comune fino ad occuparlo, li vediamo bloccare strade e autostrade, li vediamo alzare le barricate contro le forze dell’ordine: sono teppisti o sono vittime? Probabilmente sono i genitori di quegli studenti che in autunno hanno infiammato le piazze, reclamando saperi e cultura gratuiti per tutt*.

Quegli studenti che, sempre in autunno, andavano in piazza non solo per parlare di Istruzione ma anche di reddito e lavoro. Gli stessi studenti che hanno apppoggiato le lotte operaie di Pomigliano, Termini Imerese e Mirafiori. Ma è anche probabile che i loro figli non vadano all’università ma che lavorino in fabbrica o altrove, perchè ancora, per certi versi, l’università per molti è un lusso.

Una cosa è certa: siamo arrivati al punto in cui, per farsi ascoltare, si è costretti a urlare molto più forte.

Sarebbe lecito pensare che non è “democratico” e “pacifico” distruggere la sede del Comune di Castellammare di Stabia, bloccare le strade in modo selvaggio, occupare sedi istituzionali. Ma ogni comportamento e ogni lotta deve essere necessariamente contestualizzata.

Ci troviamo in un Paese in cui la parola “democrazia” è stata ormai svuotata e violentata nel suo significato più profondo, un Paese preda delle politiche economiche di Banca Mondiale, FMI ed Unione Europea che, unita alla macelleria sociale del Governo, sa solo seminare diseguaglianze e diminuire le tutele per i lavoratori e le lavoratrici.

Ci troviamo, ahimè, in un Paese privo di opposizione parlamentare e costretto a trovare sbocchi non istituzionali per far uscire il malcontento delle classi più deboli.

La rabbia di operai, studenti e studentesse, lavoratori, lavoratrici, precari e precarie

necessita di una contestualizzazione.

Dai cantieri navali di Trapani, agli operai sulle gru e sui tetti, alle rivolte dei migranti, passando per Palermo, Catania, fino ad arrivare ai No Tav vediamo un vento di rabbia che è più facile aggredire e demonizzare piuttosto che difendere e sorreggere.

Ma questi blocchi stradali, queste occupazioni, queste pietre in aria non sono frutto dell’immaginazione ma bensì di un disegno ben costruito che porta nomi e cognomi:

Finanziaria, Legge Gelmini, Legge Bossi-Fini, Legge 30/2003 e ancora prima Riforma Moratti, legge Turco-Napolitano e Pacchetto Treu.

Le destre e i riformisti hanno portato a tutto questo e adesso, volenti o nolenti, devono farci i conti.

Marcos parla di “degna rabbia”, qualcun altro di “Diritto alla Rabbia”, i media parlano di “teppismo”, i sindaci chiedono “sgomberi ed esercito”.

Per fortuna i compagni e le compagne del nordafrica e di tanti altri paesi nel mondo, ci ricordano che un altro mondo è ancora possibile e che non è con il riformismo che si battono le destre.

A noi, ce lo ricordano gli operai di Genova e di Castellammare!

FRANCESCO BELLINA
Coordinamento Nazionale Giovani Comuniste/i

26 Maggio 2011

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