Intervento di Simone Oggionni al Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista del 9 – 10 Luglio 2011
Intervengo sollecitato da alcuni interventi molto interessanti. Penso che il dato con cui ci dobbiamo confrontare prima di ogni altro è rappresentato dal protagonismo della nostra generazione e di tanti soggetti (comitati, collettivi, reti) che hanno tenuto alto, anche in queste ultime settimane, lo straordinario livello di mobilitazione dell’ultimo anno e mezzo. I comitati referendari, e il movimento cresciuto intorno ad essi, è la logica prosecuzione delle lotte degli studenti, degli operai a Pomigliano e Mirafiori, delle donne.
E l’elemento che caratterizza questo protagonismo è il rifiuto di delegare in bianco la rappresentanza e al contrario la volontà di agire direttamente. Noi, Rifondazione Comunista, siamo un partito, con una sua struttura, un suo profilo, una sua identità. Ed è bene che continuiamo ad esserlo. Però il rischio che vedo è che se non troviamo il coraggio di sintonizzarci sulla lunghezza d’onda di questi movimenti e delle domande che esprimono noi rischiamo di non servire più a molto.
Il congresso deve servire appunto a questo: a discutere di quali forme, di quale linguaggio, di quali strumenti noi dobbiamo dotarci per essere parte del cambiamento e non essere travolti da esso.
In una battuta, dobbiamo provare a coniugare il massimo dell’ortodossia (non derogare di una virgola rispetto al nostro essere comunisti, forza organizzata che organizza la trasformazione) con il massimo dell’innovazione e dell’apertura.
E questo riguarda esattamente l’idea che noi abbiamo di comunismo: siamo comunisti perché non vogliamo alienarci, isolarci, metterci nell’angolo, accettare la residualità che tutti gli altri vogliono imporci. E allora da questo congresso mi aspetto che il partito affronti il tema del rafforzamento del partito comunista dentro la costruzione della sinistra d’alternativa. Questa tensione strategica deve vivere dentro il congresso, e può farlo, a condizione che si mettano a fuoco tre questioni molto importanti.
La prima è la costruzione della sinistra come prosecuzione dell’offensiva unitaria nei confronti delle altre forze della sinistra italiana, in maniera non astratta ma concreta, a partire dai contenuti.
La seconda è la costruzione della Federazione della Sinistra come soggetto politico a tutto tondo, come luogo dell’unità dei due partiti comunisti: e il cartello elettorale è tutto l’opposto, e oltre a non servire a molto, toglie entusiasmo ai compagni, non sedimenta nulla neppure in termini di relazioni sociali.
Infine, la terza questione riguarda la costruzione di un rapporto con le forze sociali equilibrato, a partire dal sindacato, che non sia urlato e sguaiato.
Io condivido moltissime delle critiche che la Fiom rivolge all’accordo tra Confindustria e sindacati, condivido il giudizio di fondo, ma nel muovere critiche mai mi sognerei di fare balenare l’idea, nemmeno per sbaglio, che una ipotetica scissione della Cgil sarebbe salvifica. Come ha detto la Fiom, il suo segretario nazionale, l’unità è un valore inestimabile.
Detto questo, penso che un’altra cosa non si possa fare: stabilire chi ha diritto di parola e chi no, che cosa è lecito dire e cose invece non è lecito dire, esercitando una censura preventiva al dibattito interno.
Il modo peggiore per difendere le proprie posizioni è urlare, esagerare nelle critiche, dare l’impressione di volere chiudere la discussione.
Proprio per questa logica io vorrei un congresso unitario ma senza censure, strutturato a tesi, un congresso che finalmente non spacchi ma che consenta di discutere e di confrontarsi liberamente, che consenta a tutti di dire la propria opinione.
Un congresso già nella forma diverso da quello della Federazione della Sinistra, dominato da un timore immotivato di discutere, decidere e, se necessario, dove serve, anche di cambiare.
SIMONE OGGIONNI
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
10 Luglio 2011