di Simone Oggionni
La letteratura racconta la realtà, la verità raggiunge la fantasia. Il giallista Stieg Larsson qualche anno fa aveva previsto tutto: la violenza dell’estrema destra scandinava, il sangue e la strage come rottura dell’illusione di un nord Europa paradigma della tolleranza e della convivenza civile.
Nel cuore del nord Europa in questi anni il racconto macabro si è trasformato in realtà e il martirio di novantadue ragazzi a Oslo e Utoya è il prezzo che dobbiamo pagare per aprire collettivamente gli occhi sul fatto che l’estrema destra e il neonazismo sono tutt’altro che un residuo del passato. La strage compiuta da Anders Breivik è la manifestazione di un fenomeno che denunciamo da tempo.
In tutto il nord Europa la destra estrema – dopo il ciclo lungo della socialdemocrazia e della pace sociale – è sdoganata, è parte integrante e a pieno titolo delle diverse scene politiche nazionali. Parte integrante e con consensi crescenti: in Norvegia il Partito del progresso di Siv Jensen (di cui Breivik ha fatto parte dal 1997 al 2007) viaggia intorno al 22% dei voti, in Svezia i “Democratici” di Jimmie Akesson hanno ottenuto per la prima volta nel 2010 l’ingresso nel Parlamento (con 20 seggi), in Danimarca il Partito del Popolo di Pia Kjiaersgaard ottiene circa il 14% dei voti e in Finlandia il partito nazionalista dei veri finlandesi è al 19%.
Per non parlare di quello che accade nel resto d’Europa, dal risultato del Pvv di Geert Wilders in Olanda (terza forza del Paese) a quello del Fpö in Austria (27% di voti alle municipali di Vienna nel 2010) e, ancora, ai risultati degli omologhi partiti dell’estrema destra dichiaratamente xenofobi e anti-islamici di Svizzera, Bulgaria e Ungheria.
E che il clima nel resto dell’Europa non sia diverso, lo dimostra anche la vergognosa ma per nulla incoerente condivisione espressa dal parlamentare europeo della Lega Nord (forza di governo in Italia) Mario Borghezio rispetto al messaggio di Breivik. Borghezio parla di parole “profondamente sane”, di un condivisibile “rifiuto della società multirazziale”, di una condivisibile “critica dura alla viltà di un’Europa rassegnata all’invasione islamica”.
Borghezio e Breivik (che ha dichiarato esplicitamente che il suo obiettivo era, con le stragi, quello di “fermare l’alleanza marxista-islamica e salvare la Norvegia e l’Europa occidentale”): pensieri intercambiabili, pensieri che dovrebbero essere semplicemente banditi dalla dialettica democratica ma che, al contrario, sono parte del discorso pubblico dominante.
Allora nessuno parli di “follia”, di un gesto isolato. Anche sul piano materiale, come Breivik stesso ha confermato dopo l’arresto, è molto probabile che egli non abbia compiuto da solo i delitti, ma che due ulteriori cellule lo abbiano aiutato quantomeno nella pianificazione. E nessuno inventi fantasiose teorie complottiste per non guardare in faccia la realtà, dura e semplice.
Semmai, un’ombra va dissipata, e riguarda la condotta delle forze militari norvegesi che sono intervenute, a quanto sappiamo, con grave ritardo (quarantadue minuti) e che hanno sorvolato l’area per circa novanta minuti senza intervenire, senza sparare, lasciando che Breivik continuasse ad uccidere inseguendo i ragazzi uno per uno, fino in mare. E questo, davvero, è tanto inspiegabile quanto agghiacciante.
La verità è che esiste nel nostro Continente un fondamentalismo cattolico e neonazista molto radicato, a tutti i livelli, che è tanto più pericoloso quanto più si innesta nella crisi economica, nella povertà e nei conflitti che essa genera.
Esistono un odio e un razzismo che sono frutti mortiferi ma legittimi della cosiddetta civiltà e cultura europea e, sul piano politico, del compromesso socialdemocratico sopravvissuto nei Paesi scandinavi.
Le stragi di Oslo e Utoya ci impongono il massimo rigore e il massimo impegno nel tracciare una linea di demarcazione netta tra il mondo (quello che abitiamo e proviamo a riempire ogni giorno di dialogo e di conflitto) e l’estrema destra, il neonazismo e il neofascismo. Non soltanto perché questo è l’unico modo non ipocrita per esprimere solidarietà ai giovani sopravvissuti del Partito Laburista e a tutto il popolo norvegese, ma anche perché, viceversa, rischiamo di perdere di vista le necessità, le urgenze e le priorità della lotta politica.
Oggi come ieri il nemico principale – anche su scala globale – è il fascismo, la sua cultura e il virus che da esso promana. Non dimentichiamocelo mai.
SIMONE OGGIONNI
27 Luglio 2011