di Gianni Rinaldini
Sono rimasto sbalordito dalla prima pagina pagina del manifesto di domenica 16 ottobre. Assieme a centinaia di migliaia di persone mi sono sentito espropriato di un diritto democratico, quello di manifestare pacificamente contro il governo e la Banca centrale europea, così come deciso dai promotori della manifestazione del 15 ottobre. Un diritto democratico che appartiene a tutti e se altri soggetti pensano che bisogna cercare lo scontro con la polizia e il saccheggio della città hanno il diritto di farsi la “loro manifestazione”. Ciò che non è tollerabile è quello di usare strumentalmente come scudo protettivo centinaia di migliaia di persone per perseguire vigliaccamente il loro obiettivo.
L’oceanica manifestazione del 15 ottobre è stato oggetto dell’aggressione da parte di gruppi organizzati con un piano preordinato che aveva l’obiettivo di fare fallire, dimostrare l’impossibilità di potere svolgere una pacifica manifestazione con la sua conclusione in Piazza San Giovanni. Ci sono riusciti, hanno raggiunto l’obiettivo ed ora tenteranno una campagna di reclutamento, perché loro, insieme al governo e alla Bce, sono i “vincitori” di quella giornata.
Di questo stiamo parlando e non di fantomatiche rivolte e/o di gente incazzata, di disagio sociale che non c’entrano assolutamente nulla. Se il corteo fosse entrato in piazza San Giovanni sarebbe successo un macello dalle proporzioni inimmaginabili ed è per questa ragione che vari spezzoni del corteo, dagli studenti a Uniti per l’Alternativa, alla Fiom hanno deciso di deviare per altri percorsi, dal Circo Massimo a Piazza Vittorio.
Non dico nulla sulle responsabilità politiche, la situazione della sinistra, la polizia, che considero scontate perché quello che mi interessa è il futuro di questo movimento che doveva trovare nel 15 ottobre un momento di crescita e di espansione importante, ed invece oggi deve fare i conti con un disastro politico.
Da dove ripartire? Da quel corteo che inveiva contro gli omini vestiti di nero, che urlava «fascisti» e «fuori, fuori dal corteo»; dal corteo di decine di migliaia di giovani che la sera si sono riappropriati della manifestazione tornando alla Sapienza.
Questo movimento, penso agli studenti, ai referendum, ai metalmeccanici che hanno fatto della democrazia e della partecipazione un aspetto decisivo, eversivo rispetto ai processi sociali, istituzionali e politici in atto, che oggi deve fare i conti con un soggetto comunque camuffato che teorizza e pratica l’opposto, quello dei commandos militari, della negazione della democrazia.
Non ci possono essere ambiguità, perché i guasti che si sono prodotti sono pesanti per tutti e non ci troviamo di fronte alla espressione sbagliata di una parte del movimento, ma alla sua totale estraneità, alla sua totale contrapposizione.
Il 15 ottobre non può che essere uno spartiacque, tanto più con le sfide che avremo di fronte, per la crescita di un movimento dalle molteplici voci ed esperienze di lotta che ha assunto la democrazia come pratica identitaria e dunque non può né giustificare, né tollerare ciò che è accaduto.
GIANNI RINALDINI
da il manifesto del 18 ottobre 2011