Possiamo ancora esprimere in modo pacifico le nostre idee?

di Simone Oggionni

Il clima a Roma è pesante. Scriviamo adesso, a distanza di qualche giorno dai fatti del 3 novembre, e a dieci giorni dalla giornata di mobilitazione studentesca convocata per il prossimo 17 novembre.
Ad una distanza che ci consente quindi la maggiore lucidità e la maggiore chiarezza possibili.
La sera del 2 novembre il Questore di Roma Francesco Tagliente consegna alle agenzie un comunicato stampa surreale, avvisando preventivamente gli studenti medi di Roma che «scendere in piazza senza preavviso [li avrebbe] esposti a responsabilità penali, civili ed amministrative» e invitando i presidi a «informare i diretti interessati delle possibili conseguenze» delle proprie azioni.
Poche ore dopo, nella notte tra il 2 e il 3 novembre, cinque militanti dei Giovani Democratici – a cui ribadiamo tutta la nostra fraterna solidarietà – vengono aggrediti da una squadra di militanti di estrema destra mentre attacchinano manifesti vicino a via dei Prati Fiscali. Successivamente viene reso noto che questi squadristi sono dirigenti e militanti di Casa Pound, conosciuti molto bene a Roma sia dalle forze dell’ordine sia dall’Amministrazione comunale, con la quale Casa Pound intrattiene, a diversi livelli, rapporti più che noti.
Il mattino del 3 novembre accade poi quello che non dovrebbe accadere in nessuno Stato di diritto.
Prima delle 8 in alcuni Licei della città i dirigenti scolastici applicano le indicazioni del Questore. Al Tasso il vicepreside Benedetti, collaborando con ufficiali della Digos e della Questura, accompagna per strada gli studenti agli interrogatori dei funzionari di Ps. Alcuni sono identificati, filmati e diffidati dal partecipare ad una manifestazione che, in quei minuti, non è neppure iniziata.
Al Mamiani circa cinquanta ragazzi vengono identificati dalla Digos. Stesso discorso per il Virgilio: minacce e schedature per disincentivare preventivamente la partecipazione degli studenti alla mobilitazione. Chissà se vengono in seguito acquisiti anche i registri delle presenze, come avveniva all’avvento del fascismo durante le manifestazioni antifasciste.
Episodi simili avvengono al Righi, Lucrezio Caro, Visconti, Augusto, Morgagni, Newton e Talete.
Dalle 9 del mattino, quello che tutti abbiamo letto: centinaia di studenti concentrati alla stazione Tiburtina vengono aggrediti e caricati senza alcun motivo, e poi trattenuti per ore dalle forze dell’ordine e identificati. Fanno riflettere le parole pronunciate da Alemanno, che rivendica l’intervento delle forze dell’ordine e lo giustifica anche qualora l’ordinanza non ci fosse stata.
Arriviamo ad oggi: l’ordinanza di Alemanno non è ancora stata revocata e tutto lascia intendere che non verrà revocata. Tecnicamente, ogni manifestazione programmata per il 17 novembre è, ad oggi, vietata. Giuridicamente e politicamente, il perdurare del divieto contro la manifestazione del 17 novembre è un colpo gravissimo alla nostra Costituzione e alla cultura democratica di Roma.
Il movimento studentesco in queste ore sta convocando assemblee di istituto in ogni scuola per decidere il da farsi. Contemporaneamente, i Cobas hanno esplicitato la propria volontà di manifestare il 17 insieme agli studenti per riprodurre in piazza quell’unità tra lavoratori e studenti indispensabile in una fase straordinaria come questa. Anche gli universitari, che partiranno da piazzale Aldo Moro, saranno presenti.
Noi ovviamente non vogliamo sovradeterminare le scelte degli studenti medi romani. Il 17 è la loro giornata di mobilitazione, e noi abbiamo semplicemente promosso e aderito ad una data che riteniamo centrale per le potenzialità che contiene: rivitalizzare il movimento a partire dal protagonismo studentesco, tornare a scrivere – dopo il 15 ottobre – una pagina di lotta e di mobilitazione importante e scevra dagli episodi di stupida violenza sui quali abbiamo già espresso la nostra condanna.
Non vogliamo sovradeterminare le scelte degli studenti ma diciamo a loro che se decidessero di sfilare in corteo, sia che l’ordinanza venisse confermata sia che l’ordinanza venisse rimossa, noi saremo con loro, incondizionatamente dalla loro parte. E garantendo allo stesso tempo, per parte nostra, le condizioni e l’agibilità politica di cui un corteo ha bisogno per poter risultare efficace.
Al contempo chiediamo al Questore di farci capire cosa ha intenzione di fare ed, eventualmente, quali indicazioni ha ricevuto. O si garantisce concretamente la libertà di manifestare e si applica la Costituzione, oppure si vieta la libertà di manifestare, si applicano le schedature preventive degli studenti, si ricorre ai manganelli e alle cariche e allora si calpesta la Costituzione.
Non c’è una terza via. Noi siamo responsabili e vogliamo esprimere in maniera pacifica le nostre idee (che, lo si sta capendo anche in queste ore, sono ormai le idee della maggioranza del Paese). A Roma, in Italia, è ancora possibile farlo?

SIMONE OGGIONNI

da Liberazione del 10 novembre 2011

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