di Erica Rampini
Il giorno in cui ho preso la tessera di Partito mi sono immediatamente dimessa dal mio ruolo di responsabile locale di UDI (Unione Donne in Italia) di Arezzo, perché ho sempre creduto fortemente nello statuto, considerato da me come una specie di vangelo, dove si diceva a chiare lettere che l’associazione era apartitica. Per me questo era ed è un valore aggiunto, poiché credo fermamente che la politica delle donne non debba essere vista né da destra né da sinistra ma solo esclusivamente dagli occhi femminili. La mia tessera non esclude però la mia militanza, che spero possa essere più attiva e partecipata di prima, come non verrà compresso il mio impegno a favore delle donne e dei loro diritti all’interno del mio partito.
Ho conosciuto UDI durante le lezioni universitarie e per la stesura della mia tesi, una ricerca sulla presenza e sulla partecipazione femminile alla resistenza. Le donne escono dalla sfera privata e dal ruolo di “angeli del focolare” in cui erano inquadrate, entrano nel pubblico e aderiscono in prima persona, a volte anche a costo della vita, alla causa della liberazione dell’Italia. Finita la guerra, dal ‘45 al ’56, l’UDI contribuisce a risanare le forme in cui si organizza la vita civile e la pubblica amministrazione, ponendo i primi elementi di una nuova cittadinanza per le donne. Molte le battaglie che l’associazione fa per favorire una reale emancipazione della donna nella società italiana. Battaglie sociali che hanno portato, ad esempio, a un nuovo diritto di famiglia e al referendum sulla legge 194.
Nel 2003 UDI rilegge il proprio acronimo, Unione Donne Italiane, trasformandolo in Unione Donne in Italia, per sottolineare la propria attenzione alle donne che, nate altrove, vivono in Italia. Un’apertura totale verso tutte, senza distinzione né discriminazione.
Succede però che il 3 e il 4 Dicembre 2011 durante il Congresso, UDI perde la sua connotazione di associazione apartitica. Vince una linea diversa, una linea voluta da alcune donne referenti al movimento del Se Non Ora Quando. Riporto di seguito alcune parti tratte dal blog femminismo al sud “Negli ultimi tempi leggo che le fasi congressuali e le elezioni degli organi direttivi dell’associazione, in modi burocraticamente più che leciti, hanno praticamente fatto fuori tutto il gruppo che stava portando avanti quella modalità. Persone più vicine a Pd e/o Cgil si riprendono l’Udi e dalle ultime notizie pare che vogliano portare le loro truppe dentro Snoq e alle manifestazioni Snoq-iane.” Assistiamo così alla perdita totale di quella libertà di criticare qualsivoglia governo o qualsivoglia legge/manovra.
Ci chiediamo “A fronte di questi sommovimenti e di queste cose che restano in ombra ma che sembrano legate all’uso del femminile, delle donne, in piazza a legittimazione di partiti, governi, linee politiche varie,: l’11 dicembre in piazza cosa andate a fare? Quali sono i temi sui quali siete chiamate a manifestare? Il 13 febbraio era la dignità rosa e berlusconi l’orco, e oggi? A sostegno del governo Monti? Per fare da spalla alla finta opposizione della Cgil alla riforma pensionistica?”
La visibilità acquisita da SNOQ è solo frutto di una campagna politica nata sull’antiberlusconismo, e UDI non ha bisogno di questa pubblicità: la notorietà l’ha acquistata grazie a lotte e campagne (50e50, Immagine Amiche, La staffetta) fatte nei territori grazie all’azione di donne che ci credevano a priori, senza una forte politicizzazione piovuta dall’alto.
Trovo assurdo continuare a fare battaglie solo sulla rappresentanza politica e nei luoghi dove si decide, e come invitò Alfio Nicotra durante il congresso del PRC, dobbiamo tornare ad occuparci di problemi sociali, come UDI ha sempre fatto; perché accade ancora oggi, che una ragazza di 16 anni sia costretta ad inventarsi uno stupro commesso da un rom, pur di nascondere ai genitori la perdita della verginità per paura e timore del loro giudizio. C’è ancora molto da fare.
Vorrei ringraziare le mie compagne di avventura che continuano a fare una forte resistenza (udichesiamo.com), in quanto, come me, si sentono private di alcuni diritti fondamentali. E vorrei ricordare loro che UDI nacque dalla resistenza, che magari grazie a voi e alla vostra battaglia, potrebbe ritornare.
ERICA RAMPINI
Giovani Comuniste/i – Arezzo
14 dicembre 2011