Tra forconi e destra serve un salto di qualità

di Marco Giordano e Francesco Bellina

ll cosiddetto movimento dei forconi ha bloccato in questi giorni buona parte della Sicilia, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica. Le rivendicazioni di tale movimento sono in linea di principio condivisibili, poiché sono espressione del disagio sociale di piccoli imprenditori, agricoltori,pescatori, autotrasportatori che soffrono la crisi e le sue conseguenze, che sono stritolati nella morse del credito, che subiscono il rincaro della benzina.
Ma dietro la rabbia ed un linguaggio che allude alla rivolta, ci sono una serie di elementi fuorvianti. Innanzitutto, se guardiamo alla storia dei suoi leader, vediamo una micidiale combinazione di personaggi legati ai movimenti autonomisti, di persone vicine ai movimenti di estrema destra, nonché di soggetti con presunti legami con la criminalità organizzata.
Il movimento dei forconi, con toni populistici, cerca di intercettare ampi strati popolari usando semplificazioni, nutrendosi della sfiducia nella politica e del peggiore qualunquismo. E, come già successo nella storia della Sicilia, si ripresenta sempre quella spinta localista antiitaliana che non ha nulla da invidiare a quella della Lega Nord: nel secondo dopoguerra assumeva la forma del separatismo e del banditismo di Salvatore Giuliano, l’esecutore della strage di Portella della Ginestra, la prima strage dell’Italia repubblicana ; oggi ha le sembianze dell’autonomismo clientelare e dei poteri forti al governo della Regione, peraltro con la complicità del Pd.
Di fronte a questo fenomeno, appare evidente come proprio i poteri forti soffrano il malessere prodotto dalla tecnocrazia, come dimostrano le misure di Mario Monti e le politiche dell’Unione europea: serve rispolverare la destra populista per riprendere consenso sociale. Questa è sempre stata la ricetta delle classi dominanti nei momenti di crisi e nelle fasi cruciali della storia italiana ed europea. Classi dominanti che in Sicilia si sono caratterrizate per avere superifici di contatto con la criminalità organizzata: da qui la categoria interpretativa di borghesia mafiosa.
Il nostro compito, il compito delle forze della sinistra di alternativa e dei comunisti, richiede allora un salto di qualità. Oggi più che mai appare necessario la costruzione di un polo di sinistra per l’alternativa di società, che sappia mettere insieme le forze politiche e sociali che vogliono uscire da sinistra alla crisi. Un insieme di forze che prosciughi l’acqua in cui nuota lo squalo del populismo autonomista, spezzando il suo consenso tra la piccola impresa, i piccoli produttori ed i lavoratori dipendenti attraverso un programma di rottura con il neolibersimo.
Un programma che parta da alcune parole semplici: interventi pubblici per difendere i siti produttivi, reddito di cittadinanza per i disoccupati, maggiori diritti per i precari, centralità del lavoro a tempo indeterminato, difesa dei beni comuni , difesa e ampliamento dello stato sociale, investimenti nelle enrgie rinnovabili.
Un programma da far vivere nel bel mezzo dei conflitti sociali della nostra isola: nele manifestazioni degli operai dei cantieri navali di Trapani e di Palermo, nelle mobilitazioni dei lavoratori della conoscenza costretti ad emigrare, nei quartieri popolari delle nostre città dove spesso mancano i servizi essenziali. Un programma di rivendicazioni e di lotta che faccia tesoro di quanto ci hanno insegnato Peppino Impastato, Pio La torre,Danilo Dolci, la lotta dei braccianti che occupavano le terre, le pratiche di antimafia sociale: sono queste le vere rivoluzioni, non certo gente che alle ultime elezioni amministrative era candidata nelli site dell’Mpa, non certo gente che individua i prorpi referenti politici in Forza Nuova, non certo gente che attua metodi di intimidazione criminale verso coloro che non aderiscono alla protesta, che attua blocchi stradali senza interventi da parte delle forze dell’ordine, a differenza di quanto succede a studenti e lavoratori ricoperti di denunce.
Crediamo che l’esperienza siciliana sia l’esempio più calzante di quello che spesso ripetiamo per descrivre la fase che viviamo: crediamo che in Sicilia, forse più che altrove, l’alternativa sarà davvero tra socialismo o barbarie

MARCO GIORDANO e FRANCESCO BELLINA

23 gennaio 2012

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookies necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookies policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookies, consulta la cookies policy. Cliccando sul pulsante "Accetto" acconsenti all’uso dei cookies.