di Anna Belligero
Domani sarà passato già un mese dall’assassinio di Stefania, la nostra compagna della provincia di Catania, uccisa durante le feste natalizie dal suo ex fidanzato.
Loris, il suo assassino, non era un pazzo. Chi lo pensa, chi pensa che non volesse compiere quel che ha compiuto, che è stato solo un gesto estremo, sbaglia. Così come sbaglia chi pensa di essere immune da questo pericolo, dal pericolo di trasformarsi in un assassino perché non è violento, perché crede di rispettare le donne, perché crede nella parità e altre frasi fatte di questo tipo, oppure, semplicemente, perché è un compagno. Per chi non lo sapesse era un compagno pure Loris. Uno a cui sarà capitato, per volontà o per caso, di leggere o ascoltare articoli e dibattiti sulla violenza di genere, che avrà dovuto esprimersi almeno una volta a riguardo (e che sono sicura avrà detto: “io mai”), uno la cui fidanzata era femminista, impegnata tutti i giorni nella lotta contro il maschilismo e la sua violenza. Un compagno che come molti avrà risposto almeno una volta, all’accusa di sessismo, con la mitica frase “ma era una battuta”, o che avrà banalizzato le nostre battaglie e le nostre richieste con un semplice “ ma che bisogno c’è, non lo vedete da sole che non siete più discriminate?”
E fin quando Stefania era la sua fidanzata andava tutto bene, o quasi. Evidentemente però, quando Stefania ha scelto di interrompere un rapporto che probabilmente non la rendeva felice, la sua lotta, il suo impegno, la sua voglia di libertà, sono diventate per lui un ostacolo troppo grosso da superare. Oltre al rifiuto di una donna non è possibile, per un uomo, accettarne anche l’assoluta maturità e autonomia. Tutto questo andava fermato, era inaccettabile per un uomo che al suo cospetto di sentiva troppo debole. E lo era, perché lei era una donna forte, forte davvero. Non abbastanza forte però sull’unico piano che ai maschi resta quando non hanno nient’altro, il piano fisico, della violenza. Una violenza che difficilmente una donna riesce a fermare, e che è l’ultima speranza, per un uomo, di manifestare la sua superiorità e la conseguente subordinazione della donna. Una donna che non accetta di essere “sua” sta sbagliando, e quindi va rieducata, bisogna dimostrarle che non ha il diritto di farlo. Una donna può giocare finché vuole a fare la femminista, ma quando il maschio dice che è ora di smetterla deve obbedire. Perché in fondo i nostri diritti sono un gioco, uno scherzo, un elemento di serie Z a fronte delle vere emergenze, dentro una coppia, dentro un partito, dentro la società.
E a chi ancora pensa che questo non sia un problema sociale, consiglio di dare per lo meno uno sguardo ai freddi numeri, per rendersi conto che la violenza maschile miete vittime almeno quanto la crisi.
Ad oggi, 26 gennaio 2012, le donne uccise dalla violenza maschile sono 13, senza contare quelle che sono ricoverate in condizioni gravissime e che probabilmente non avranno più la loro vita comunque. La violenza maschile sulle donne è forse l’unica circostanza in cui la storia si ripete sempre uguale, tante, troppe volte, senza mai diventare farsa, bensì restando sempre tragedia.
E molti restano fermi, in silenzio, si coprono gli occhi e si tappano le orecchie, oppure, come spesso accade, sentono senza ascoltare perché hanno cose più importanti a cui pensare, e perché tanto c’è qualcosa che li rendi immuni. Molti uomini ma anche tante donne ancora.
E nel frattempo le nostre vite vanno avanti mentre a troppe donne la loro viene negata, torturata, cancellata.
E Stefania lo sapeva, e non l’ accettava, e ha combattuto anche per tutte le donne che non sanno chi è, per quelle che pensano che tanto non serve, per quelle che credono che siamo già libere e per quelle che non hanno interesse a diventarlo. Stefania aveva tutta la consapevolezza che oggi porterà in tante piazze d’Italia tutte le donne che non vogliono dimenticarla e che sanno che l’unico modo per farlo è portare avanti la nostra lotta, che era anche la sua, perché nessuna di noi abbia più paura, né di camminare sola per strada, né di dire di no, né di sentirsi libera di amare o non amare più un uomo.
Oggi saremo anche noi nelle piazze d’Italia per ricordare Stefania e tutte le altre donne uccise dalla violenza maschile, perché crediamo che se pur non basteranno mille fiaccole a spegnerla, potranno servire almeno per fare luce su un fenomeno ancora troppo oscurato per essere degnamente contrastato.
ANNA BELLIGERO
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
26 gennaio 2012
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27 gennaio 2012
appuntamenti contro la violenza sulle donne, i Giovani comunisti: «Anche noi in piazza, per ricordare Stefania Noce e tutte le donne vittime della violenza maschile»
«Domani, 27 gennaio, sarà passato già un mese dall’assassinio di Stefania Noce, la nostra compagna della provincia di Catania uccisa lo scorso 27 dicembre dal suo ex fidanzato. Nel 2012 le donne uccise dalla violenza maschile sono già 13, senza contare quelle che sono ricoverate in condizioni gravissime. E a chi ancora pensa che questo non sia un problema sociale, consigliamo di dare per lo meno uno sguardo ai freddi numeri, per rendersi conto che la violenza maschile miete vittime almeno quanto la crisi. Oggi saremo anche noi nelle piazze d’Italia per ricordare Stefania e tutte le altre donne uccise dalla violenza maschile, perché crediamo che se pur non basteranno mille fiaccole a spegnerla, potranno servire almeno per fare luce su un fenomeno ancora troppo oscurato per essere degnamente contrastato».