di Anna Belligero
L’episodio è il numero 35 dall’inizio dell’anno: lui, geloso della vita di lei, la uccide, assieme a un suo amico, alla figlia di lei e al suo fidanzato. Due giorni fa, in un paesino vicino Brescia, la violenza assassina maschile ha colpito ancora. Ma due giorni dopo siamo già a 38. 38 casi di femminicidio in soli 65 giorni in questa nostra Italia, un Paese i cui ormai i numeri fanno davvero rabbrividire. E parliamo solo del numero di donne uccise, escludendo tutte le altre donne stuprate, picchiate, perseguitate e variamente offese e violentate, che però hanno la “fortuna” di essere almeno vive.
127 nel 2010, 139 nel 2011, 38 nei soli primi 65 giorni di questo nostro ormai già maledetto 2012.
Dati che, pur nel loro freddo essere soltanto numeri, ci dicono che ad oggi, statisticamente, siamo intorno al 20% di femminicidio in più rispetto a due anni fa.
E in questi due anni cosa è accaduto? Cosa si è detto, cosa si è fatto? In che modo le nostre istituzioni pensano di bloccare questo flusso continuo di sangue di donne innocenti? Sì certo, è stato istituito il reato di stalking, finalmente, ma dall’osservatorio nazionale apprendiamo anche che il 40% degli stalker è recidivo, oltre che buona parte delle violenze e dei femminicidi avvengono dopo episodi di stalking.
Evidentemente non si è fatto abbastanza. E quel che si è fatto non è sempre andato nella giusta direzione. E’ necessario comprendere che non esiste una bacchetta magica che farà sparire dalla faccia della terra (perchè è di tutto il mondo che stiamo parlando) la violenza sulle donne. Non bastano le parole, non bastano le timide campagne, non serve la deriva securitaria.. Certo, il fatto che se ne sia incominciato a parlare è un bene, ma non basta, purtroppo. Tutto questo deve avere una conseguenzialità nelle nostre vite quotidiane, nei nostri rapporti, sul nostro posto di lavoro, nelle nostre famiglie, in televisione. Non è tollerabile che le stesse reti televisive che ospitano spot contro la violenza sulle donne lascino tranquillamente sostenere, per esempio all’avvocato di Francesco Tuccia, che non c’è stata violenza sessuale contro una ragazza ricoverata in ospedale da settimane, dopo essere stata lasciata a congelare e sanguinare dal violentatore suo assistito. E’ inconcepibile anche solo immaginare che si possa difendere un mostro come Tuccia, lo stupratore in divisa, ed è invece immorale e riprovevole che l’avvocato adduca come tesi difensiva dello stupratore la tesi della ragazza consenziente. Non sto qui a scrivere quanto è credibile che una ragazza consenziente si lasci violentare, picchiare, torturare, né perchè allora il Tuccia sia scappato via lasciandola quasi morire.
Piuttosto vorrei dire quanto casi come questo, o come quello di Brescia, dimostrano quanto sia sempre troppo poco ciò che si fa per sconfiggere la violenza sulle donne, sopratutto se non si comprendono le connessioni fortissime tra maschilismo e potere che vi sono alla base.
E’ necessario che si affianchi ad una pur dignitosa legislazione una campagna culturale che punti alla modifica del pensiero dominante, che distrugga stereotipi, che dia nuove regole alle relazioni pubbliche e dunque anche a quelle private. Come possiamo stupirci degli episodi di violenza contro le donne se costantemente i media di regime contribuiscono a rafforzare l’idea di donna-oggetto? Perchè stupirci della possessività che diventa violenza se ancora tolleriamo il principio dell’onore del maschio? Dov’è la sorpresa se i ragazzini che ieri offendevano indisturbati le loro compagne di scuola domani picchieranno le loro fidanzate, mogli o sorelle?
Il maschilismo e la violenza sulle donne sono il frutto marcio di secoli in cui pubblico e privato hanno costruito ,, anche legiferando in questo senso, un’immagine della donna come oggetto debole di proprietà dell’uomo, da difendere e da violentare a propria discrezione. Una donna così debole e così poco significante da non avere nessun diritto di opporsi all’unica volontà possibile, quella del maschio-padre-padrone. Parliamo di secoli e secoli, di migliaia di vite spezzate, di corpi mutilati, di libertà negate. Parliamo di un’incrostazione strutturale che le leggi da sole non scioglieranno, anche se contribuiranno ad ammorbidire. Ed è proprio da quelle che si deve incominciare.
Mi risulta che ad oggi l’Italia non abbia firmato la Convenzione europea per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, che vede tra gli obiettivi l’Istituzione di un Osservatorio europeo contro la violenza di genere. Perchè?
Domani sarà 8 marzo, e come ogni anno migliaia di donne in Italia scambieranno una ricorrenza per una festa.
Io sto aspettando di festeggiare il giorno in cui nel mio Paese e nel mondo intero il numero delle donne che hanno subito violenza e quello dei femminicidi coinciderà, incontrandosi finalmente sulla tacchetta dello zero. E ho molta, molta fretta di poterlo fare assieme a tutte.
ANNA BELLIGERO
7 marzo 2012