di Daniele Maffione
Il capitalismo ed il fascismo sono due facce della stessa medaglia. Lo insegna la storia del movimento operaio, che i Giovani Comunisti non dimenticano. Ogni giorno prolifera il terreno su cui si sviluppa la reazione squadrista: lo sfruttamento nelle fabbriche, la dismissione del patrimonio industriale, la privatizzazione degli enti pubblici, l’aumento delle tasse, l’espulsione delle masse dalla vita politica del Paese, la crescente condizione di precarietà, l’oppressione economica e sociale, l’attacco frontale al ceto medio, lo svuotamento giuridico ed istituzionale delle sedi democratiche, lo stralcio della Costituzione, producono naturalmente un humus in cui proliferano la paura, l’insicurezza e le idee fasciste.
Il fascismo ha una natura di classe
Le guerre che il capitale scatena nei paesi poveri, in uno scenario internazionale animato dalla corsa alle materie prime, dai conflitti finanziari e dal riarmo bellico, aumentano i flussi migratori verso i paesi capitalisti. Qui le classi dirigenti accrescono la propria opulenza, a discapito di un vertiginoso impoverimento dei lavoratori. Quindi, il tipo di società in cui viviamo è sempre più povera e multietnica. A fronte di questi processi mondiali, generati dal capitalismo, la risposta naturale che produce la destra conservatrice, in Italia e nel mondo, è sempre più marcatamente populista, xenofoba, identitaria.
Si dirà che il fascismo, con il governo Monti, non ha bisogno dell’olio di ricino e del manganello. Nel nostro Paese, ormai, le aggressioni fasciste sono all’ordine del giorno ed assumono progressivamente i tratti di un richiamo al nazismo. A volte, se ne ricorda la stampa, che cita solo i casi di tentato omicidio. Ma complessivamente, il fenomeno è ampiamente sottovalutato, soprattutto dai partiti politici e dalle organizzazioni che fanno richiamo ad un antifascismo istituzionale e di facciata.
E’ significativo notare come formazioni fasciste, prima destinate a raccogliere consensi nostalgici e marginali, si siano evolute accentuando tratti antisemiti ed intolleranti verso gay, rom, propugnando l’islamofobia e l’immancabile “caccia al comunista”. E’ il caso di Forza Nuova di Roberto Fiore, che è stata fondata il 29 settembre del 1997, nel giorno di Sant’Arcangelo, patrono della Guardia di Ferro rumena, organizzazione fondata da Corneliu Zelea Codreanu, ispirata da un feroce antibolscevismo ed antisemitismo. Ma la stessa Casapound, sostenuta da un giro di denaro imponente, che ne fa il primo gruppo neofascista di Roma, fa esplicito richiamo a figure come Robert Brasillach, delatore di ebrei ed antifascisti e collaborazionista del governo nazista di Vichy.
I fascisti proliferano sul terreno della lotta di classe che i capitalisti stanno conducendo contro i lavoratori e le conquiste del movimento operaio del Novecento. Non a caso, l’obiettivo del governo Berlusconi, prima, e del governo Monti, poi, è di stralciare la Carta costituzionale, fondata sul lavoro e sull’antifascismo. Costituzione che, c’è da dire, è sempre stata attuata soltanto in parte.
Perché dobbiamo difendere la Costituzione
All’indomani della Liberazione e della proclamazione della Repubblica, il 2 giugno 1946, al fascismo, sconfitto politicamente e militarmente dalla Resistenza, è stato consentito di sopravvivere negli apparati dello Stato, nell’esercito, nelle forze dell’ordine, nella pubblica amministrazione. Già Calamandrei parlava dei rischi derivanti da un mancato processo di rinnovamento nella cultura del popolo italiano e da un’adeguata “de-fascistizzazione” del Paese. Egli vedeva nella Resistenza il momento della fondazione di una religione civile, fatta del riscatto, dell’impegno, della partecipazione attiva alla vita politica, economica e sociale del Paese. Calamandrei parlava della Resistenza come un moto “spontaneo” del popolo italiano, che si era sollevato dopo vent’anni di oblio morale del fascismo. Tuttavia, la lettura di Calamandrei, pur animata da un grandissimo profilo intellettuale e giuridico, unico nel suo genere, peccava nella consapevolezza che la Resistenza non era stata un moto spontaneo, ma un processo lungamente preparato dalla lotta antifascista e dall’organizzazione dei partiti politici più combattivi, in primis, quello comunista.
Il superamento dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, l’inserimento della norma del pareggio di bilancio e lo stralcio di fatto dell’articolo 3 della Costituzione, che sancisce che: “(…) È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” ci pongono di fronte ad una svolta epocale, che segna la restaurazione dei rapporti di forze fra capitale e lavoro.
Se capitola la Costituzione, l’intero assetto democratico-istituzionale della nostra Repubblica verrà liquidato, a favore di un disegno golpista ed autoritario delle classi dirigenti italiane, che, per dirla con Gramsci, stanno accentuando il proprio carattere sovversivo, a favore di una democrazia che sia solo di diritto e non di fatto, portando a svuotare lo stesso concetto di democrazia dal suo senso più profondo. In questo processo, il Presidente della Repubblica ed il Partito Democratico hanno delle responsabilità storiche pesantissime e si rendono complici di un progetto reazionario, che dobbiamo fermamente condannare. Dobbiamo fare appello alla mobilitazione al corpo elettorale della sinistra moderata, che è attraversato da profondi turbamenti e spaccature. Saremmo ingenui, infatti, a reputare tutti gli iscritti ed i simpatizzanti del PD come dei fiancheggiatori del governo Monti. Sappiamo benissimo, infatti, delle contraddizioni che convivono in quel partito politico e tra i suoi sostenitori, Dobbiamo essere capaci di incarnare la spinta più profonda ed avanzata per i diritti dei lavoratori e la difesa della nostra democrazia, scaturita dalla Resistenza antifascista.
Gli amici dei fascisti
Chi copre i fascisti? Innanzitutto, non siamo di fronte ad un unico movimento, con una testa ed un corpo politico, ma di fronte ad un fenomeno diffuso e composito, costituito da movimenti “auto-organizzati” e “partiti”, da reti informali, come quella degli Hammerskin, e da singoli esaltati, che militano lungamente nelle fila delle formazioni più violente e poi passano all’azione (è il caso del Casseri di Firenze, ritenuto uno degli ideologi dell’Ideodromo di Casapound, ma anche del Breivik di Utoya, in Norvegia).
Sovente, queste formazioni, che dall’inizio degli anni Novanta hanno tentato con un discreto successo un lavoro di penetrazione nelle curve delle tifoserie calcistiche di mezza Europa, trovano in Italia una copertura politica nella destra parlamentare. In particolar modo, nelle maglie del Pdl, fondato dagli eredi dell’M.S.I. poi Alleanza nazionale, e della Lega nord è facile scovare esponenti “nostalgici”, che esibiscono con disinvoltura il saluto romano in comizi pubblici o fanno esplicito richiamo al Ventennio mussoliniano. Differente è il caso di partiti minoritari, come La Destra di Storace o il Movimento idea sociale di Pino Rauti, nati anche da dissidi personali con i partiti più grandi. Ma i partiti istituzionali non si limitano a dare “copertura” ai gruppi neofascisti. E’ noto come Cristiano De Eccher, senatore del Pdl, coinvolto nelle formazioni terroristiche dell’estrema destra, ritenuto il custode dei detonatori delle bombe di Piazza Fontana, abbia depositato in Parlamento un ddl per abrogare la XII Disposizione transitoria e definitiva della Costituzione, quella che prevede il reato di apologia d fascismo.
In sostanza, non è difficile comprendere come, in un Paese come il nostro, in cui la destra parlamentare, a differenza di quella francese, tedesca e britannica, non riconosce i valori fondativi della Repubblica, proliferino ibridi storico-politici e si consenta alla cultura fascista di perpetrarsi e rigenerarsi, in un’epoca di profonda crisi economica e morale.
L’estrema destra in Europa
Tuttavia, sarebbe limitativo dire che il proliferare di gruppi ed organizzazioni neofasciste sia circoscritto alla sola Italia. “(…) In Europa, populismo, nazionalismo, estremismo di destra e neonazismo, per quanto continuino a rappresentare fenomeni specifici e distinti, tendono sempre più ad accavallarsi e sovrapporsi, mescolandosi l’uno nell’altro (…) La loro progressione, prima lenta, poi accelerata, è avvenuta in un quadro che è andato rapidamente trasformandosi, segnato da nuovi rapporti economici e finanziari, come da profondi cambiamenti tecnologici, con l’introduzione di un’instabilità generale, di insicurezza e paura. Ampi sono stati i settori che si sono ritrovati scoperti di fronte alla nuova realtà sociale.” (S. Ferrari, in “Il panorama dell’estrema destra europea, populismi e destre estreme a Est e a Ovest”).
Ci troviamo, in ultima analisi, di fronte ad un processo di deriva delle classi dirigenti continentali, di cui non conosciamo la durata, ma che ha sicuramente un’estensione profonda. La crisi economica coinvolge ampi strati della società, soprattutto i proletari ed il ceto medio, che, a seconda dei paesi, sono divenuti permeabili alla propaganda di ideali reazionari.
Il fenomeno rossobruno
Il fascismo è onnipresente, ben foraggiato dal grande capitale, rivendica una “cultura non conforme”, muta pelle in modo repentino, ammicca a miti della contestazione giovanile del ’68 e tenta finanche di penetrare, con la propria propaganda, nelle fila del movimento comunista. E’ il caso del cosiddetto fenomeno “rossobruno”, che ha una lunga gestazione nelle concezioni del belga Jean-Francois Thiriart, in gioventù un socialista massimalista (come Mussolini), poi arruolatosi nelle SS Valloni.
Nel Dopoguerra, Thiriart venne condannato per collaborazionismo e, nel 1963 fondò l’organizzazione “Giovane Europa”. Dapprima ferocemente anti-comunista, convinto com’era che il nazionalsocialismo fosse una valida alternativa al comunismo sovietico ed all’imperialismo nordamericano, Thiriart svoltò verso una lettura “nazional-bolscevica”, rivalutando ed esaltando, in chiave conservatrice, dei tratti della figura storica di Stalin e dell’Unione sovietica, considerata un baluardo “nazionalista” contro gli Stati Uniti d’America.
Questa lettura trovò successo in alcuni gruppi neonazisti europei. Tra i “padri” del rossobrunismo italiano troviamo fra gli altri Franco Freda (fondatore della casa editrice Aristocrazia Ariana e del Fronte Nazionale, processato per la strage di Piazza Fontana), Gabriele Adinolfi (Terza Posizione, ideologo ed ispiratore di Casapound), Peppe Dimitri (afferente ai N.a.r., poi in Alleanza Nazionale, infine consigliere del sindaco Gianni Alemanno) e Roberto Fiore (segretario nazionale Forza Nuova).
Il primo nome adottato dal gruppo fu “Lotta studentesca”e pubblicò la rivista: “Per la Terza posizione”. Questa formazione, più votata al “movimentismo” ed alla cultura nazional-popolare, riuscì a coalizzare molti ex-militanti di gruppi già disciolti per apologia di fascismo come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Lotta di Popolo e Fronte Studentesco, predicando l’equidistanza fra il comunismo e l’imperialismo.
A proposito di una certa sinistra pseudo-rivoluzionaria
Il rossobrunismo è una galassia costituita da più approcci teorici, convergenti però in un comune obiettivo: gettare confusione e divisione tra i comunisti e, più in generale, gli internazionalisti. Esiste, infatti, l’interpretazione “comunitarista”, di cui il massimo esponente in Italia è Costanzo Preve, proveniente dalle fila della sinistra extra-parlamentare, poi approdato ad una graduale abiura del marxismo, fino alla teorizzazione dell’incontro fra comunismo e nazifascismo in un comune terreno anticapitalista. Latori del suo pensiero sono i redattori del sito: www.comunismoecomunità.it.
Vi è poi la lettura geopolitica dello scontro fra potenze mondiali, generata dalle teorie euroasiatiste dei russi Zhirinovskij e Limonov, dichiaratamente “nazional-bolscevichi”, che, in un sincretismo a noi incomprensibile, propugnano sulle proprie bandiere un cerchio bianco su sfondo rosso ed una falce martello nera. In linea col pensero de primi due anche Dugin, fondatore del “Fronte nazional bolscevico” e del cosiddetto “Partito Eurasia”, uno dei primi a tradurre in russo le opere del principale teorico nazista, Julius Evola. Costoro, in una lettura nostalgica dei grandi fasti della Russia zarista e della potenza militare dell’URSS, concepiscono un’alleanza fra tutte le potenze asiatiche, europee e mediorientali (in primisi, l’Iran) contro il comune nemico, visto nell’imperialismo americano. In Italia, estensori di questa interpretazione sono gli animatori del sito “Coordinamento Progetto Eurasia”.
Singolare poi, è il caso del sito “Stato e potenza”, che ripropone la stessa chiave di lettura borghese dei rapporti internazionali e fa riferimento ad un “socialismo rivoluzionario e nazionale”, introducendo il proprio manifesto programmatico con una frase di Ho Chi Minh ed individuando nel Fondo Monetario Internazionale, nella Federal Reserve e nella Banca Centrale Europea la genesi di un complotto orchestrato dai circuiti giudaico massonici, che avrebbero generato la crisi capitalista.
Da notare come questo sito riproponga un simbolo di una spada posta in diagonale dietro uno scudo, che riporta delle croci frecciate. Qualcuno ha avanzato la tesi fantascientifica che quel simbolo rappresentasse il distintivo della Stasi, la polizia politica della DDR. In realtà, la spada è un gladio e, ciò che è peggio, è l’inquietante analogia fra le croci poste sullo scudo e lo stemma del Partito delle Croci Frecciate ungheresi, organizzazione neonazista fondata da Ferenc Szalasi, impegnata nei pogrom contro gli ebrei e nella repressione antifascista sotto la dittatura filonazista dell’ammiraglio Horthy, poi, salito al potere nel 1944. Attualmente, la simbologia delle Croci frecciate è sfoggiata dallo Jobbik, partito neonazista ungherese, e dalla Guardia magiara, la sua struttura para-militare. Lo Jobbik sostiene di battersi contro le congiure “massoniche e sioniste” e definisce l’Olocausto un “bluff ebreo”.
Non si può, infine, non citare il caso del “Campo antimperialista”, de “La Rinascita – Quotidiano della Sinistra Nazionale”, “Sumud – Associazione antimperialista”, “Appello a popolo”, “Rivista indipendenza”, che rivendicano tutti il proprio appoggio alla causa palestinese ed araba, sfociando in interpretazioni antisemite, date dall’identificazione di tutto il popolo ebraico nello stato d’Israele e nelle politiche genocide dell’estrema destra sionista. Lo sbocco di queste attestazioni di solidarietà è la “distruzione” Israele (e di tutti gli ebrei)! Qualcuno di questi siti, in tempi recenti, si è spinto persino in un appoggio srumentale al movimento dei No tav. L’obiettivo è sempre il solito: costruire sistematicamente la confusione, riproponendo teorie politiche ed economiche fasciste (vedi il tema della sovranità monetaria, la fuoriuscita dall’euro, il concetto di nazioni che si identificano con delle etnie superiori ad altre, ecc.)!
I Giovani Comunisti e l’antifascismo
Purtroppo, c’è da dire, che in assenza di una corretta lettura marxista delle questioni internazionali, tesi come quelle rossobrune vengono riprese, con una buona dose di superficialità ed ingenuità, anche da militanti onesti e rischiano di fare “senso comune”. Ma è nostro compito educarci all’analisi ed alla prassi marxista, piuttosto che ripiegare su letture semplicistiche della complessa realtà odierna. Questo è ciò che stiamo facendo.
I Giovani Comunisti, da un anno e mezzo, hanno istituito una responsabilità specifica sull’antifascismo nel proprio gruppo dirigente nazionale. L’obiettivo che ci siamo dati non è soltanto di coordinare l’attività della nostra organizzazione in modo costante e sistematico, rompendo quello schema che vuole l’antifascismo relegato ad una certa cultura dell’emergenza e dello spontaneismo. Per noi l’antifascismo non è uno scontro tra bande rivali in strada. I GC hanno imparato che contro il fascismo si lotta ininterrottamente tutto l’anno, con un intenso lavoro politico, culturale ed organizzativo, coordinando le proprie forze sui territori, nelle sezioni dell’ANPI, nelle reti antifasciste autorganizzate, nel tentativo di costruire il più vasto schieramento giovanile contro i rigurgiti reazionari.
Abbiamo strutturato il nostro dipartimento nazionale istituendo in ogni federazione un responsabile antifascismo, che ha il compito di monitorare costantemente i movimenti delle formazioni neofasciste, sviluppando inchiesta e denuncia politica, disvelando anche i collateralismi con la destra istituzionale. A gennaio abbiamo lanciato la nostra prima campagna nazionale sull’antifascismo: “Stalingrado in ogni città!”. Il nostro obiettivo è di costruire una mobilitazione continua contro il fascismo, destando le masse giovanili dal torpore di questi decenni e spingendole all’impegno politico, per contrastare le derive reazionarie del capitalismo e riaffermare nell’antifascismo la coscienza politica degli italiani.
Per noi l’antifascismo non è una lapide, è un programma d’azione!
In più di una circostanza, come a La Spezia, abbiamo smascherato le coperture con esercizi commerciali dei gruppi eversivi come Casapound, che, nel ripostiglio del pub “L’Olandese volante”, dicitura comune ad una rete di locali, dietro cui si celano e si foraggiano, da Milano a Todi, gruppi neofascisti, venivano nascoste mazze, catene, spranghe di ferro, tirapugni, coltelli.
A Monza, abbiamo spinto alla mobilitazione tutti gli antifascisti, denunciando le connivenze fra i gruppi come “Lealtà e Azione” ed amministratori del Pdl. Stessa cosa abbiamo fatto a Pavia, disvelando il legame fra il vicesindaco della Lega nord e Forza Nuova. A Napoli, dal 2009, siamo stati fra i protagonisti delle diverse ondate di mobilitazione antifascista contro Casapound, che non è mai riuscita a radicarsi in città, e siamo stati capaci di far approvare, primi in Italia, un ordine del giorno che dichiara la Consulta Provinciale Studentesca apertamente antifascista, stringendo un intenso rapporto di collaborazione con l’ANPI.
Nella provincia di Perugia, grazie all’attività dei giovani compagni e dei nostri amministratori, siamo riusciti a far approvare in diversi comuni un ordine del giorno per riaffermare i valori repubblicani e vietare le sedi istituzionali ai gruppi neofascisti.
A Catania e Palermo siamo stati i primi, e fra i pochissimi, a denunciare le pesanti infiltrazioni di cosche mafiose e di fascisti di Forza d’Urto (gruppo afferente a Forza Nuova) nel cosiddetto “Movimento dei forconi”.
Per non citare Bologna, dove un corteo di Giovani Comunisti ha ricacciato fascisti di Forza Nuova nella giornata delle foibe. O Giugliano di Napoli, dove, nel medesimo giorno, un picchetto di Giovani Comunisti e studenti hanno impedito l’ingresso di esponenti neofascisti in una scuola, che volevano tenere una “conferenza” sulle foibe, con l’avallo della preside dell’istituto e del sindaco del Pdl. Ricordiamo poi, la Lombardia, la Toscana, il Lazio, la Campania, solo per citare alcune realtà, dove diversi compagni hanno procedimenti a carico per scontri coi fascisti.
Abbiamo attivato un meccanismo di autofinanziamento, ancora da perfezionare e sviluppare appieno, per sostenere le spese legali dei compagni interessati da procedimenti giudiziari. Il caso più eclatante è stato quello della costituzione di un comitato per Alessandro Savoldi, giovane comunista pavese, che era stato querelato da Roberto Fiore in persona, con il rischio di essere condannato al pagamento di una penale di 15 mila euro. Alessandro, infine, è stato prosciolto da ogni accusa.
Persino nella Roma di Alemanno, i Giovani Comunisti, presenti ai picchetti davanti alle fabbriche, sono stati aggrediti ferocemente dai fascisti nel giorno dello sciopero generale della FIOM. Ma non hanno desistito. Numerosissimi, infine, i casi di un rinnovato impegno dei Giovani Comunisti tra gli studenti, volto a politicizzare le nuove generazioni con l’antifascismo. Questa attività si è palesata nell’elezione di rappresentanti di istituto, nella costituzione di nuovi collettivi e coordinamenti studenteschi, che hanno alimentato tra i giovani un ritrovato entusiasmo sulla Resistenza, favorito dall’incontro che stiamo incentivando con i partigiani dell’ANPI.
Questi sono solo alcuni degli esempi di una generazione di giovani militanti comunisti che, dal Nord al Sud del Paese, continua “senza tregua” la lotta contro il fascismo e l’indifferentismo, di cui parlava Calamandrei, che è una zona grigia pericolosa, in cui alcune idee rischiano di attecchire. Abbiamo imparato che le botte non piegheranno mai la nostra volontà di trasformare il mondo, di estirpare il cancro fascista, di attuare i dettami della nostra Costituzione. E, finchè non otterremo la vittoria, continueremo a lottare!”
DANIELE MAFFIONE
Responsabile Antifascismo, Direzione nazionale Giovani Comunisti
13 aprile 2012