di Simone Oggionni
Chi era a Roma sabato, dentro quel mare meraviglioso di bandiere rosse, sa di essere stato partecipe di un piccolo grande evento della nostra storia recente. Una “storia” minuscola, beninteso, perché è soltanto la nostra storia, quella dei comunisti, e di una parte – la più combattiva, forse – della sinistra d’alternativa italiana. E tuttavia sempre una storia, che dobbiamo provare a raccontare fino a farla incontrare con la Storia vera, quella del nostro Paese, della nostra generazione, delle persone in carne ed ossa che faticano e lottano ogni giorno contro la disperazione e l’ingiustizia sociale.
Ma a dire che possiamo trasformare la nostra storia in qualcosa di più grande non sono soltanto i sentimenti e le emozioni di decine di migliaia di compagni, l’enorme soddisfazione e anche un po’ la commozione di esserci ancora e al fondo di essere più forti della censura e dei poteri forti che nel nostro Paese hanno deciso da diversi anni di volerci eliminare.
A dire che possiamo farcela è l’analisi lucida di quello che sabato abbiamo messo in campo, e che nessuna altra forza politica ha avuto il coraggio di fare in questi mesi: abbiamo preso l’iniziativa, abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo e abbiamo portato in piazza cinquantamila persone contro la crisi e le politiche di destra del governo Monti. La crisi uccide e spinge al suicidio, licenzia, mette in cassaintegrazione e in mobilità centinaia di migliaia di persone. Il governo vara politiche che rimuovono i diritti, esasperano la precarietà e avvantaggiano la speculazione e i grandi patrimoni. Come si poteva rimanere fermi e con le mani in mano?
La novità con cui oggi tutti si devono confrontare è che la Federazione della Sinistra – quando smette di concepirsi come un cartello elettorale o come un patto tra gruppi dirigenti e lavora come un unico corpo collettivo, come un soggetto politico forte e coeso – può essere il vero motore dell’opposizione e dell’alternativa.
Il motore, non tutta la macchina. Perché è del tutto evidente – e questo è l’insegnamento che ci proviene in queste settimane dalla Francia, dalla Spagna e dalla Grecia, e di contro dai risultati modesti delle singole liste, divise, della sinistra alle elezioni amministrative – che da soli non ce la facciamo e che la nostra ambizione, da costruire qui e ora, deve essere la nascita di una nuova soggettività che aggreghi tutte le forze politiche e sociali che si collocano a sinistra del Partito democratico.
Ma attenzione: non può essere soltanto la sommatoria dei partiti, che pure è essenziale e determinante. Deve essere un processo che coinvolge tutto il nostro popolo, le strutture associative, i comitati, le reti, i movimenti di lotta, le soggettività sociali (precari, disoccupati, studenti) che hanno riempito di lotte e vertenze le cronache degli ultimi mesi.
O noi oggi ci poniamo all’altezza di questo compito oppure saremo spazzati via e la manifestazione di sabato rimarrà nei nostri ricordi come la più ingannevole delle illusioni.
Da sabato, però, quest’ambizione sembra davvero, finalmente, alla nostra portata.
Abbiamo ritrovato nel modo più bello l’orgoglio della nostra identità, con buona pace di chi ha fatto dell’anticomunismo programma di azione e di governo in questi anni e anche di chi si è riempito la bocca di “innovazione” e si ritrova, a distanza di qualche tempo, soltanto più fragile e smentito dai fatti.
Abbiamo ritrovato il calore della nostra gente, la solidarietà della nostra comunità politica.
Guai a noi, ora, se ci richiudessimo nel recinto delle nostre sezioni.
Dobbiamo osare e fare dieci passi in avanti. Ci vuole nettezza nei programmi, umiltà nell’ascoltare la nostra gente e ascoltarci tra noi (Grillo ha vinto anche per colpa nostra, a causa dei nostri errori e della nostra incapacità di interpretare i bisogni), coerenza e coraggio anche nel rinnovamento.
In piazza c’erano decine di migliaia di compagne e compagni. Ma c’era anche, innanzitutto, una marea di giovani che deve essere la chiave di volta del cambiamento. Cambiamento della società e anche della politica, anche della nostra politica.
Il 26 maggio, tra dieci giorni, ritorneremo in piazza a Roma, insieme alle tante reti di studenti e lavoratori (http://lamegliogioventu.org/) che condividono con noi l’urgenza dell’unità e dell’alternativa. Un passo alla volta, sempre più deciso. La direzione è quella giusta.
SIMONE OGGIONNI
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
15 maggio 2012