di Manuela Grano
Il prossimo 20 giugno la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della legge 194/78 che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza. In particolare, la Corte, dovrà decidere se l’art. 4 di questa legge sia compatibile con il supposto “diritto alla vita” dell’embrione, che ha mosso un giudice di Spoleto a sollevare la questione.
Il ricorso alla Corte Costituzionale si inserisce in un quadro generale di attacco alla 194, portato avanti attraverso l’utilizzo strumentale, al limite della legalità, e non più tollerabile dell’obiezione di coscienza, nonché attraverso alcune proposte di legge regionale che vorrebbero tagliare risorse economiche ai consultori, privatizzarli e consegnarli nelle mani delle associazioni pro-life, che ritengono la maternità un destino ineluttabile e non una scelta consapevole e responsabile, ed infine attraverso i ripetuti attacchi politici, che in questi giorni si traducono in disegni di legge parlamentare volti a sancire l’equivalenza tra il diritto alla vita e alla salute di chi è già persona, cioè la donna, e la salvaguardia dell’embrione che “ancora persona non è”, come da tempo sostiene la stessa Corte Costituzionale.
Siamo convinti che la legge 194, ispirata ai principi di maternità e paternità responsabili, e della salute riproduttiva della donna, vada difesa con tutte le forze perché è una conquista di laicità, civiltà e libertà per le donne e per tutti, perché pensiamo che l’alternativa all’aborto non sia il non aborto, ma l’aborto clandestino che non determina una diminuzione del fenomeno, mettendo a rischio la vita delle tante donne che non si possono permettere di andare ad abortire in costose cliniche all’estero.
Per questo i Giovani Comunisti aderiscono all’appello “#save 194” ed invitano a partecipare numerose/i ai presidi locali in difesa della 194 e dell’autodeterminazione delle donne.
MANUELA GRANO
19 giugno 2012