Xi Jinping: creatività del marxismo e purezza del Partito

di Francesco Delle Donne

È iniziato l’8 novembre a Pechino il XVIII congresso del Partito Comunista Cinese, chiamato a decidere la linea di sviluppo della Cina nei prossimi anni e a mettere in atto un decennale cambio generazionale nella classe dirigente. La questione della natura del sistema politico cinese dopo le riforme di Deng provoca da sempre dibattiti molto accesi nel movimento comunista e nella sinistra. Quel che è certo è che non si può rimanere indifferenti di fronte al fatto che un Paese guidato da un Partito comunista, patria di un quinto della popolazione mondiale e in cui – anche dopo le riforme – il settore pubblico e la pianificazione continuano a giocare un ruolo determinante, continui a svilupparsi a ritmi extraterrestri ponendo così le basi per la fine del dominio dell’imperialismo a guida statunitense sul mondo.

Consideriamo positivo il fatto che il segretario del Partito della Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, abbia inviato ai comunisti cinesi un messaggio di auguri, in cui si parla di “rapporti fraterni” e di “rafforzare la cooperazione bilaterale per costruire un mondo giusto e di pace”.
Il rapporto con i partiti comunisti europei e mondiali, e un approccio non liquidazionista o auto-flaggelatorio alla storia e al presente della costruzione del socialismo, è un primo passo imprescindibile sul piano teorico per porre le basi per il rilancio, ogni giorno più necessario, della rifondazione comunista in Italia.

Si parla molto in questi giorni del probabile successore di Hu Jintao alla guida del Partito Comunista e quindi della Cina, l’attuale vicepresidente Xi Jinping. I media dell’imperialismo si chiedono ossessivamente se “avrà il coraggio” di attuare riforme politiche radicali, di tipo gorbacioviano, che pongano le basi per una “democrazia” multipartitica e per la privatizzazione dei settori strategici dell’economia.

Il discorso di apertura del congresso di Hu Jintao, in cui si è chiarito in modo perentorio che la Cina “non copierà mai il modello politico occidentale” ma persisterà “senza vacillamenti” sulla via del socialismo con caratteristiche cinesi, ha già contribuito a far cadere queste speranze di una restaurazione capitalistica in Cina a breve termine.

Non va però dimenticato che non sono pochi i dirigenti cinesi a volere una evoluzione in tal senso; basti pensare che alcuni dirigenti hanno espresso parere favorevole al rapporto stilato qualche mese fa dalla Banca Mondiale, “China 2030″, in cui si dice che senza un ridimensionamento delle aziende di Stato, senza la privatizzazione della terra e riforme politiche radicali, in sostanza senza la restaurazione del capitalismo, la Cina entrerà inevitabilmente in una grave crisi economica e sociale.
Appare quindi ancora più utile e necessario, in virtù dell’enorme importanza che la Cina ha e avrà sempre di più nell’equilibrio globale, scoprire – per quanto ci è possibile – come si ponga Xi Jinping rispetto a queste questioni di fondo.

Crediamo perciò che possa interessare a molti compagni leggere direttamente dalla penna di Xi Xinping la sua posizione su alcune rilevanti questioni teoriche, sull’attualità e importanza del marxismo, sui problemi derivanti dall’ingresso nella società cinese – con le riforme – di rilevanti elementi capitalistici, sul ruolo dirigente del Partito comunista e sull’importanza della fermezza ideologica nel fronteggiare le sfide enormi che attendono la Cina nei prossimi anni. Pubblichiamo di seguito la traduzione dei passi più significativi di due discorsi di Xi apparsi nell’edizione inglese del quotidiano teorico del Partito comunista, Qiushi.

FRANCESCO DELLE DONNE

12 novembre 2012

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