di Roberto Ciccarelli
Ministri che hanno scambiato la loro poltrona per una cattedra li hanno derisi: «Choosy», «sfigati», «bamboccioni». Il prefetto di Roma Pecoraro li tratta da ragazzini viziati «che non sono controllati dai genitori». I manganelli che li hanno percossi bestialmente mercoledì scorso sono un avvertimento: per loro non c’è spazio per il dissenso. Qualcuno sostiene che farebbero peggio i docenti che li appoggiano e protestano contro il «concorso-truffa» nella scuola e il ddl «ex Aprea». E poi l’incubo di strani lacrimogeni che sembrano piovere dal cielo, o rimbalzare da terra contro le leggi della fisica, ma certo non da un ministero.
L’illusione dell’accerchiamento provocato da un mondo di adulti stranamente «responsabile» rispetto alle ragioni dell’austerity, ma non al futuro dei figli altrui, svanirà come d’incanto stamattina alle 9,30, a Roma come a Palermo e in almeno altre 20 città dalla Puglia al Friuli. Gli studenti romani di almeno 80 scuole occupate o autogestite, e quelli che arriveranno da Latina, dai Castelli, da Anzio o Zagarolo e da Viterbo e provincia (dove tutti gli istituti superiori sono stati occupati) sfileranno pacificamenten da Piramide, in un unico corteo, decisi a riprendersi il centro della città. Non hanno comunicato dove si dirigeranno. «Dopo avere massacrato più di 50 mila studenti – afferma Matteo degli studenti medi in mobilitazione – Noi restiamo convinti che non dare un preavviso sulla direzione del corteo è un fatto politico. In piazza si vedrà cosa è più conveniente fare per raggiungere i nostri obiettivi». «Avendo sperimentato sulla nostra pelle la violenza ingiustificata delle forze dell’ordine», hanno scritto i medi e gli universitari in un appello, gli studenti porteranno anche i caschi, sul cui uso è scoppiata una guerra dei nervi con il Prefetto. Ma, al di là delle contrattazioni che avverranno metro dopo metro sui simboli e l’abbigliamento da scegliere, oltre che sulla direzione del corteo, ciò che è più importante in questi momenti è comprendere il clima di entusiasmo che alimenta da giorni la geografia mobile delle occupazioni e delle autogestioni.
Nel popoloso quartiere di Cinecittà ieri sera un lungo corteo improvviso è stato popolato da più di 5 mila persone. C’erano gli studenti delle scuole del X municipio (tutte occupate), docenti e genitori, persone del quartiere. Il loro slogan trasmetteva la forza di un combattimento sereno: «Tutti insieme famo paura», un coro che tornerà ad essere urlato al presidio della Flc-Cgil a piazza Farnese e nel corteo dei Cobas fino a piazza Santi Apostoli. Questa mobilitazione «fa paura» perchè, in realtà, ha già conseguito straordinari risultati. È questo lo strano caso del Ddl «ex Aprea» disconosciuto dal suo legittimo sostenitore, il ministro dell’Istruzione Profumo, e anche dal partito Democratico che lo ha votato in commissione cultura alla Camera. Gli studenti hanno imposto una netta inversione su un provvedimento nato già morto sul quale, tuttavia, la maggioranza del governo Monti si è ostinata a discutere. Questa forza del movimento studentesco ha gettato scompiglio tra i sindacati della scuola. Cisl Uil Snals e Gilda hanno sospeso lo sciopero generale dopo avere ottenuto dal governo una soluzione sugli scatti di anzianità dei docenti. È scoppiato un parapiglia con chi ha confermato lo sciopero (Flc-Cgil, il Cidi, i Cobas, la Cub e l’Unicobas, l’Anief), mentre protestano i docenti che promettono di non rinnovare la tessera sindacale della Cisl. Anche perchè il piatto di lenticchie prontamente accettato, e subito rivendicato via tweet da Palazzo Chigi, è un gioco delle tre carte. Per pagare lo stipendio il governo taglierà fino a 390 milioni di euro i fondi d’istituto. Questa forza tranquilla, è riuscita in pochi giorni a sconfiggere la solitudine in cui i media, i sindacati e le forze politiche volevano ridurla dopo l’aggressione subita mercoledì scorso. Vendola ha detto di stare dalla parte degli studenti. Bersani si rivendeva il ripensamento del Pd sul Ddl Aprea e chiedeva agli studenti «di non cadere nelle provocazioni».
ROBERTO CICCARELLI
da il manifesto del 24 novembre 2012