PER UNA RICOMPOSIZIONE A SINISTRA, SENZA NESSUN SCIOGLIMENTO

di Anna Belligero :: intervento al Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista (10 marzo 2013)

Premetto che non è mia prassi pubblicare gli interventi che faccio negli organismi dirigenti del Partito, perché ritengo che la discussione di un gruppo dirigente non debba per forza essere pubblica in tutto e per tutto. Diciamo che la trovo una forma di rispetto verso delle sedi democratiche a cui riconosco ancora un valore. Questa volta però la situazione è eccezionale e credo dunque che sia giusto che tutt* possano leggere limpidamente il dibattito che ci attraversa in un momento così complesso e delicato. Quindi di seguito il mio intervento al Comitato Politico Nazionale del Partito.

Vorrei fare anch’io una breve ricostruzione degli ultimi mesi e delle scelte che ci siamo trovati a fare, perchè credo che siano neecssarie onestà e coerenza oggi più che mai.

Parto, con un flash, dalla Fds, perché ci tengo a dire che io non credo che il suo problema sia stato solo la forma pattizia (oltre che tutti i limiti che molti di noi hanno già evidenziato in tante occasioni), ma anche e forse soprattutto, che per molti non si è mai trattato di un progetto politico di ricomposizione a sinistra, ma dell’ennesimo tentativo tattico di “sfangare” un’elezione. Per alcuni di noi nel Prc come per i nostri allora compagni di viaggio.

Arriviamo quindi a Rivoluzione Civile. Siamo partiti da “Cambiare si può”, percorso che aveva certamente tanti limiti e che nelle nostre discussioni ha ricevuto tante critiche quanti apprezzamenti (su questo non torno poiché a questa discussione abbiamo dedicato già una direzione ed un cpn), mentre mi pare che Rivoluzione Civile fosse stata accolta molto più positivamente dalla maggioranza di questo Partito, ragion per cui trovo un tantino strumentali le critiche fatte a posteriori. Soprattutto se penso di non sbagliarmi nel dire che se avessimo fatto il 4,01% nessuno se ne sarebbe ricordato.

E credo anche che i differenti sentimenti fossero dovuti alla paura dell’isolamento, cosa che Rivoluzione Civile scongiurava forse più di “Cambiare si può”. Ma evidentemente non è stata sufficiente. Perchè? Io credo, onestamente, che i progetti dell’ultimo momento paghino sempre uno scotto, specie se avvengono per necessità tra strutture non esattamente in buona salute. Ma so anche che non potevamo fare altrimenti perché per noi la collocazione al di fuori del centro sinistra e dentro un percorso con altri soggetti era l’obiettivo.

E condivido poi quello che diceva il Segretario sul fatto che forse qualcosa abbiamo perso in campagna elettorale, e lo dico essendo stata un mese al Comitato Ingroia dove purtroppo si sentiva una grande, grandissima assenza, ed era quella della politica. Aggiungo a questo l’ambiguità contenuta in molte dichiarazioni rispetto per esempio al centro sinistra, ma anche la morbidezza o la scarsa centralità di temi importanti. Ieri Tonia raccontava delle facce sbalordite dei nostri compagni nel leggere le liste: “chi sono questi?” si chiedevano, giustamente. Ecco, l’insistenza per dimostrare che quella non era una lista anchedei partiti è servita a candidare soggetti nel migliore dei casi sconosciuti, camuffati sotto la sempre candida veste della “società civile”. Grillo poteva candidare chiunque perché il suo non è un progetto di costruzione di un collettivo politico, ma per noi è diverso. Ovviamente non mi riferisco a persone come Ilaria Cucchi o Gabriella Stramaccioni, il cui impegno in battaglie straordinarie non solo non è discutibile ma soprattutto è riconosciuto nella società. Diciamo che loro incarnano la mia idea di società civile (se proprio devo usare questo termine), non di certo, lasciatemelo dire, uno come Favia, che ha proprio ieri dichiarato che resta nel gruppo del M5S al Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna .

Per questo, oltre che perché rappresenta nell’immaginario una sconfitta (e credo che una volta tanto ci dobbiamo fare i conti con l’immaginario), e per il rispetto dei compagni, i nostri compagni, che hanno fatto vivere Rivoluzione Civile materialmente sui territori, credo non si debbano investire in essa così tante energie, anzi.

Le nostre energie, invece, come gruppo dirigente e come corpo collettivo, debbono essere ora destinate ad altro:

1 All’esterno: all’analisi dei nostri errori nella comprensione della società e nel ritessere relazioni, interrotte nel migliore dei casi;

2 All’interno: alla cura del partito che nonostante tutto è ancora in piedi.

Spesso questi due punti si intersecano: penso ad esempio al troppo tempo che abbiamo sprecato nelle battaglie interne (nel partito come nell’organizzazione giovanile), togliendolo al lavoro che era necessario fare fuori. Un partito così fatto è un partito inadeguato ad intervenire in questa crisi, che mette in discussione le vite materiali così come erano vissute o immaginabili qualche anno fa, e che sta mettendo a rischio l’idea, il concetto e quindi la pratica di democrazia.

Rispetto a Grillo, credo che dovremmo impegnarci in un’inchiesta (non nel senso in cui la intenderebbe Ingroia!), sulle ragioni che hanno spinto milioni di persone, soprattutto giovani, a votarlo. E’ un primo passo per recuperare il gap con la società che stiamo scontando, e credo che di questo lavoro la nostra organizzazione giovanile possa essere il motore.

Poi un flash, che forse sarà smentito, ma io oggi, hic stantibus rebus, ritengo sia un fenomeno che si può sgonfiare, un pò per la sua inadeguatezza come struttura collettiva e democratica (cosa che infatti non è), un po’ per quello che potrebbe venire fuori sul suo conto. Dico questo perchè essendo il MoVimento 5 Stelle nato “per fare le pulci” alla politica, e in generale un po’ a tutti, se uno scandalo o qualcosa che ha a che fare con la disonestà dovesse toccare anche il loro capo assoluto credo che avranno qualche difficoltà a difenderlo.

Quando diciamo che ha spostato la rabbia dalla materialità (quindi dalla barbarie che il neoliberismo produce sulle nostre vite) alla casta abbiamo ragione, ma spetta a noi, credo, rimettere a posto le cose. Grillo fa parte di quell’1 per cento che Occupy vuole capovolgere, in quanto miliardario e forse anche con qualche società nei paradisi fiscali. Tutto questo potrebbe darci una mano. Oltre che diffondere la biografia dei suoi sostenitori “morali”, prima fra tutte la Goldman Sachs. Assieme alla responsabilità, che potrebbero avere agli occhi del Paese, sul non formarsi di un Governo anche solo di scopo. Un Governo che pare farebbe la tanto attesa legge sul conflitto d’interessi, tema sempre molto affascinante nella società in cui viviamo, divisa, ancora e purtroppo, tra berlusconismo e antiberlusconismo. Penso poi che dovremmo essere più visibili, tornare alla carica con la nostra battaglia per il proporzionale ora che il dibattito sulla modifica del Porcellum tornerà in auge. Ora che si è votato e che la porcata, appunto, è fatta. Ma sappiamo anche che potrebbe durare poco, molto poco. E credo che noi dovremmo arrivarci preparati per tempo.

Ma come?

Anzitutto attraverso una vera discussione nel partito sul che fare e sul come farlo. I compagni sui territori hanno il diritto di essere consultati effettivamente, e non parlo, me ne scuso, delle segreterie regionali, o per lo meno non solo di quelle, ma parlo dei circoli che materialmente costituiscono il nostro presidio nelle città. Avrò forse un’idea stramba di partito, ma credo che noi oggi abbiamo il compito di rendere effettiva questa consultazione. Non mi importa quando si farà il congresso, anche se ci tengo a dire che un congresso nell’immediato darebbe vita ad un esodo e ad ulteriore scoramento, ma m’interessa molto di più come si farà. Parto con molta onestà da due modelli che non vanno ripetuti e che terrorizzano i compagni, me per prima, e sono Chianciano e Napoli. L’uno rappresenta la guerra fratricida dentro una struttura che di certo allora era messa meglio di oggi, ma che ha dibattuto sulla paura, e dunque con tratti di scarsa lucidità; l’altro rappresenta tutt’al più la cornice di un congresso, in cui all’apporto che avrebbe potuto dare un dibattito vero è stata preferita una “più comoda via”. Ecco, se un congresso per noi deve essere ancora la scelta tra queste due ipotesi, non ha alcun senso nemmeno nominarlo. Allo stesso tempo è necessario però che questa nostra comunità discuta profondamente, serenamente, seriamente, di quello che faremo nei prossimi mesi ed anni, con la consapevolezza che si tratta di un percorso che, appunto, anni potrebbe durare. Ho fatto in Direzione la proposta di congresso non rituale, lo straordinario congresso di cui parlava il Segretario nella relazione, perché credo sia una possibilità enorme per questo partito di ripartire. Un congresso innovativo, in due tempi, il primo di discussione, inchiesta, elaborazione, che affini gli strumenti per perseguire la linea politica. Credo che questo sia un presupposto essenziale, e cioè che la linea politica non sia sbagliata ma forse gli strumenti con cui l’abbiamo perseguita sì. E dunque un congresso di ricerca, vero, senza steccati e senza paure. Una riflessione vera, che non abbiamo mai avuto forse il tempo, forse la voglia di fare in altri momenti, e che adesso è non solo urgente ma necessaria, qualunque sia la strada da intraprendere. Chiaro che se poi questo momento vogliamo chiamarlo Conferenza di programma non credo importi molto. Importa il cuore della questione, importa avere uno spazio franco, libero, per una discussione reale. Una discussione che si occupi per esempio dei due tempi o livelli della sconfitta, che spesso confondiamo, che meritano secondo me momenti differenti di analisi e riflessione: quella tattica, del non raggiungimento del 4% con l’opzione messa in campo; quella, più profonda, che riguarda l’arretramento complessivo della Sinistra tutta. Nel nostro 2,2%, così come nel 3% di Sel ci sono ragioni che vanno indagate seriamente, e che riguardano qualcosa di troppo più grande e profondo di un semplice 4%.

E poi in un secondo momento un congresso che si occupi di ridefinire il gruppo dirigente. E’ vero Ramon, che serve distinguere tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivo, ma è vero anche che i gruppi dirigenti tutti, compresi noi qui, non sono eterni e che a volte, purtroppo, “l’imprinting” può diventare un limite soggettivo piuttosto ingombrante.

Penso dunque che con i tempi che questo Cpn e il partito tutto, magari consultato anche territorialmente, vorranno darsi, a quest’esito si debba arrivare, in base ad alcuni fattori: la linea politica stabilita e gli strumenti designati, e dunque anche le capacità soggettive da mettere in campo, il rapporto con il fuori e con le richieste della società. Grillo sarà anche un antidemocratico, un populista, ma ha fatto ringiovanire il parlamento con un colpo di spugna, e assieme a tutte le altre forze eccetto il centrodenstra ha contribuito all’ingresso di tante donne quante mai prima in Parlamento. Io non credo nei colpi di spugna, e infatti non faccio di questa la questione centrale della nostra discussione, ma trovo anche un po’ fuori dal mondo che il tema rinnovamento/innovazione sia completamente assente dal nostro dibattito quando la politica intera ne è attraversata.

E ovviamente penso che il tutto non si riduca a collocare nei gruppi dirigenti giovani compagne/i, cosa che pure non guasterebbe, ma nel rinnovamento complessivo della nostra idea e della nostra pratica politica. E infatti credo che una formula differente dal solito per declinare la parola congresso, ad esempio, sia proprio una pratica di questo tipo. E di più ancora lo sarebbe una modalità diversa di costruirci come gruppo dirigente e quindi come partito, liberata dal peso delle conte e dei posizionamenti.

Credo infine che dovremmo metterci a disposizione di un progetto ricompositivo a sinistra e penso anche che l’unica opportunità concreta che abbiamo di farlo, diciamo una proposta vera ed agibile qui ed ora, sia quella di recuperare la Sinistra Europea come spazio pubblico declinabile davvero anche in Italia.

Un processo democratico, secondo la pratica di “una testa un voto”, certo, che deve però diventare LA pratica anche nel nostro partito. Il nuovo non nasce dai metodi vecchi diceva Patta ieri, ed è esattamente così.

Un progetto ricompositivo che non ha nulla a che vedere col nostro superamento ma che rilancia uno spazio che noi attraversiamo già da tempo e può essere, agli occhi dei nostri possibili interlocutori forse più affascinante del solito progetto di unità a sinistra che non si capisce dove si collochi né in Europa né nel Paese. Progetto insipido che tra l’altro ho sentito nominare ancora nel nostro dibattito.

E lo dico con la consapevolezza dell’esistenza di questi interlocutori che pure, nonostante abbiamo di poco superato il 2%, hanno sostenuto non tanto Rivoluzione Civile in sé forse, ma l’idea che ci fosse una forza che da sinistra si opponesse all’austerity. E molti erano giovani. Ecco credo che noi abbiamo il compito di rincuorare politicamente questa generazione, e perché no, di strappare a Grillo tante giovani intelligenze che non sono di certo né coloro che pensano esista un fascismo buono né quelli che associano l’omosessualità alla zoofilia. Ma non tutto è marcio, né là, né nella società. Dobbiamo “solo” riscoprire pratiche e linguaggi efficaci.

ANNA BELLIGERO

Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i

11 marzo 2013

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