SINISTRA PREMATURATA, DOPO IL DISASTRO

di Dmitrij Palagi

La serenità di chi non ha più niente da perdere è complicata da raggiungere. La storia è un concetto legato allo scorrere del tempo, per come questo viene percepito dagli uomini. Il tempo non si è fermato e nessuno è uscito singolarmente dalla storia, a causa del risultato elettorale delle politiche di febbraio. Sono constatazioni elementari, ma le tautologie sono tanto evidenti quanto facili da dimenticare.
Una sconfitta pesante come quella che ha segnato Rivoluzione Civile rappresenta (o dovrebbe rappresentare) la fine di una serie di progetti politici che sul treno di Ingroia erano saliti come fosse l’ultima corsa su una linea ferroviaria dalla chiusura annunciata.

La straordinaria capacità del centrosinistra di perdere le elezioni dovrebbe aprire inquietanti interrogativi di natura scientifica rispetto alle capacità della dirigenza che ha guidato la sinistra italiana negli ultimi 20 anni.

La sconfitta non riguarda solo i partiti. È un’intera parte del Paese ad essersi mostrata minoritaria attraverso le urne.

Difficile sorridere in un contesto analogo. Invece fonti di ilarità non mancano. Mentre i deputati a 5 Stelle vengono derisi, perché incapaci di riconoscere uno scherzo telefonico o di capire che non si scrive “Monte Citorio”, la sinistra italiana prova a dare il peggio di sé, soprattutto quella rimasta fuori dal Parlamento.

Rivoluzione Civile annuncia che andrà “avanti, a prescindere” (dalle decisioni dei partiti, per la precisione). L’Italia dei Valori “riparte” (con un congresso straordinario a giugno). Il Partito dei Comunisti Italiani avvia una riflessione “per il rilancio del partito”. Rifondazione Comunista propone una fase congressuale che rischia di durare fino a dicembre, con una lacerazione interna che si fa sempre più rumorosa. Sul sito dei Verdi nessuna notizia è stata pubblicata dopo il risultato elettorale. De Magistris si chiede perché lo considerano parte degli sconfitti, in fondo lui non era candidato. Alba, che dopo gli esiti dell’appello Cambiare si può non si era impegnata in campagna elettorale, annuncia un percorso per la creazione di un soggetto politico nuovo, attraverso un calendario intenso e dibattiti pubblici.

Insomma: tutti avanti, riconoscendo che c’è stata una sconfitta, che esistono responsabilità soggettive, ma comunque: avanti. Numerosi appelli vengono lanciati, le analisi e le proposte si sovrappongono, senza che però vengano poste alcune domande, in modo sistematico.

Esiste uno spazio tra il voto al 5 Stelle e il voto al centrosinistra? Rispondendo con un’altra domanda: può esistere però uno spazio per un progetto che manca? Evidentemente il progetto della Rifondazione Comunista e quello lanciato da Vendola nel 2009 hanno fallito. L’unica falce e martello sulla scheda elettorale (tolte alcune circoscrizioni) ottiene poco meno di 90.000 voti (0,26%) alla Camera.

In politica non esistono spazi politici da riempire, esista la politica. Nell’Italia del 2013 non c’è una proposta a sinistra del Partito Democratico che non siano dei progetti incapaci, da anni, di attrarre voti e iscritti. Quindi non esiste, ad oggi, uno spazio tra voto al 5 Stelle e il voto al centrosinistra. Accettare questa risposta implica rassegnarsi all’idea che non esistono ricollocazioni o strade che nel breve periodo compensino 20 anni di frammentazione e declino, per gli eredi della sinistra comunista e anticapitalista.

L’assenza di progettualità si traduce in assenza di spazio politico. La questione vale anche a livello europeo e attraversa le ipotesi riformiste e moderate elaborate dai socialisti (o progressisti, o riformisti, a seconda di come preferiscano essere chiamati). I settori sociali di riferimento della sinistra vanno esaurendosi. I lavoratori e i pensionati tutelati non sono certo destinati ad aumentare.

La sinistra europea è oggi in grado di leggere la società attraverso i rapporti di produzione, comprendendo come oggi si muove l’economia globale? Ha ancora senso parlare di classi con interessi contrapposti, con una forza politica capace di tutelare i diritti dei lavoratori? Non ha senso rispondere di sì rimanendo su un livello astratto (senza quindi ottenere risultati, non solo in termini di consenso).

Pensare che i professionisti e i metalmeccanici possano costituire un unico blocco sociale non basta. Occorre verificarlo, con la capacità di ricostruire un progetto politico che muova ogni singolo passo attraverso una verifica puntuale della propria efficacia.

Non lo si può chiedere a chi ha guidato la sinistra in questi 20 anni. L’esperienza deve essere omaggiata, messa a valore e non rottamata. Non ci si deve però auspicare nessuna continuità.

Accettare di pensare ai tempi lunghi non significa rassegnarsi nell’immediato. Quel poco che rimane di organizzato dovrebbe essere tutelato. Ci si può innestare su una storia lunga ed articolata, senza sciogliere quel poco di organizzato che ha resistito, mettendolo a disposizione di un progetto ambizioso e capace di osare con determinazione. Lo si può fare senza perdere tempo, ottenendo riscontri immediati almeno nel piccolo e a livello territoriale, sapendo che non c’è la minima possibilità di salvare qualcosa senza ripensarlo nel profondo. È necessario rispettare quelle migliaia di militanti che ancora resistono, tra Grillo e il centrosinistra, nonostante l’azienda abbia deciso di chiudere una linea ferroviaria che può essere riaperta.

DMITRIJ PALAGI

da www.ilbecco.it

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