di Anna Belligero
Il 26 maggio a Bologna si vota per un piccolo grande referendum, che potrà dire molto sicuramente per la scuola in tutta Italia. Il quesito è così elementare nella sua semplicità da non dover avere bisogno di ulteriori spiegazioni o propaganda, ma, come si dice, repetita iuvant.
Sostanzialmente si chiede alle cittadine e ai cittadini di Bologna di scegliere se l’utilizzo delle risorse finanziarie comunali erogate (pari ad 1 milione di euro) debba essere A) utilizzato per le scuole comunali e statali, oppure, B) utilizzato per le scuole paritarie private.
Basterebbe ricordare l’art. 33 della Costituzione (“Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.”) per dare una risposta al quesito, ma anche per chiedersi perché la nostra Costituzione debba essere sempre messa in discussione.
Qui è contenuta buona parte delle ragioni del Comitato art.33 che prende il nome appunto dall’articolo della Costituzione, e cioè nel fatto che la Legge su cui si fonda la nostra Repubblica va rispettata, ed è già piuttosto chiara sull’argomento.
E poi ci sono le ragioni che hanno a che fare con le vite materiali delle persone, con la giustizia sociale, con la libertà di scelta, quella vera e non quella che spacciano per tale. Non è infatti un fatto di libera scelta mandare il proprio figlio o la propria figlia in una scuola privata cattolica, ma semplicemente una scelta obbligata se i posti sono finiti nella scuola pubblica. Sempre che la famiglia in questione sia in grado di pagare la retta e che, magari, sia favorevole all’educazione impartita nelle scuole cattoliche, che rappresentano la quasi totalità delle scuole private. E se non avesse soldi per poterlo fare? E se fosse una famiglia di religione musulmana, od ebraica o buddista? E se semplicemente non volesse iscrivere i propri figli ad una scuola privata? Ecco, in questi casi, che non sono pochi, non avrebbe alternative: o scuola privata o niente scuola.
Sembra una cosa davvero elementare, ed invece la battaglia che in questi mesi il comitato referendario ha dovuto sostenere è stata dura, molto più dura del previsto. Ci si è scontrati, pur trattandosi di una città fondata sul pubblico come Bologna, con elementi che, seppur pretestuosi, hanno fatto vacillare molti cittadini bolognesi, come ad esempio la favola del risparmio per il Comune o quella che a parità di finanziamenti le scuole private garantiscano più posti.
Tutto questo è falso, anzi è una bugia (“B come bugie” si legge sul sito del comitato), così come è falso dire che le scuole private sono aperte a tutti, perché lo sono solo per chi può permettersele ed è ancora più falso sostenere che la vittoria del quesito A significherebbe la chiusura delle scuole paritarie. Le scuole paritarie possono vivere benissimo anche senza i finanziamenti pubblici, al contrario di quelle pubbliche che vivono solo di quelli e sono davvero aperte a tutti perchè gratuite, come previsto dalla Costituzione.
Insomma la differenza tra A e B sta nel fatto che se vince la B la scuola pubblica viene sospinta verso il declino e quella privata ne uscirebbe rafforzata, a favore solo di alcune fasce sociali, mentre se vince la A si rafforza la scuola pubblica, quella di tutti e per tutti, e, ho molti motivi per crederlo, la scuola privata non subirebbe grossi danni.
Dunque domenica 26 maggio a Bologna facciamo vincere la Costituzione, la giustizia sociale, la libertà, tutte e tutti a votare A!
ANNA BELLIGERO
Portavoce nazionale Giovani Comuniste/i
26 maggio 2013