di Checchino Antonini e Franco Fracassi
Dopo l’archiviazione del processo penale era un rito civile l’unica strada per avere un processo sull’omicidio di Carlo Giuliani. Così è stato e, dopo l’apertura del procedimento, nel gennaio scorso, il 9 luglio, a Genova, un giudice dovrà stabilire l’ammissione di alcuni testi e prove, soprattutto video.
Carlo Giuliani, 23 anni nel 2001, venne ucciso il 20 luglio in Piazza Alimonda, dopo alcune ore di cariche indiscriminate e soprattutto illegittime di un plotone di carabinieri ai danni del corteo delle ex tute bianche. Sparò la pistola di un carabiniere che Carlo vide puntata contro di sé quando provò a raccogliere l’estintore da terra.
Nulla da eccepire per chi insabbiò il caso dando credito alla bislacca teoria di un sasso che avrebbe deviato il proiettile partito dall’arma impugnata da killer.
Vale la pena riassumere sempre i fatti visto che Carlo, in un secondo, ridiventa sempre “il ragazzo con l’estintore”, che i carnefici tendono a travestirsi da vittime, e «visto che non è detto che tutto venga ricostruito», dice a Popoff Gilberto Pagani, uno dei legali della famiglia Giuliani. E’ un processo civile, viene ricordato, mirato per sua natura a chiedere un risarcimento, è denso di aspetti tecnici che lo rendono diverso da un processo penale. «Ma è l’unico processo possibile», ripetono Giuliano e Haidi Giuliani.
«Chiederemo – continua Pagani, presidente di Aed, gli avvocati europei democratici – che venga accettato il principio che l’ordine pubblico condotto con metodi della guerra sia considerato un “esercizio di attività pericolosa” per via dei metodi tipici delle operazioni belliche».
A comandare l’uomo che impugnava la pistola come un killer c’era un manipolo di veterani di guerra, ufficiali dei carabinieri di alto rango, che non si sarebbero persi una missione, prima e dopo quel G8, fino a mescolare la propria carriera con la controversa e oscura Eurogendfor, la gendarmeria europea con sede a Vicenza. Alcuni di loro, già sentiti al processo contro i 25 manifestanti pescati a casaccio, per lo più, potrebbero essere ascoltati anche in questo rito civile, ad esempio Truglio e Cappello, assieme ad alcuni dirigenti di polizia, al medico che condusse l’autopsia e a Mario Placanica che, in questo processo è contumace. Per lui, che s’autoaccusò dello sparo, c’è una richiesta di interrogatorio.
Ma i Giuliani hanno citato anche Adriano Lauro, vice questore all’epoca dei fatti e coordinatore delle forze dell’ordine che erano in piazza Alimonda. E’ il personaggio che provò a inscenare la teoria del sasso che avrebbe colpito a morte Carlo. Lo fece mimando una grottesca rincorsa a uno dei manifestanti mentre gridava più o meno così: «L’hai ucciso tu con quella pietra che hai lanciato!». In uno scatto, uno dei tanti che un padre e una madre sono stati costretti a esaminare minuziosamente, si vede accanto al viso insanguinato di Giuliani un sasso sporco di sangue. Quando a Carlo fu tolto il passamontagna, sulla fronte aveva una ferita mortale. Ma sul passamontagna, a quell’altezza non vi era traccia di lacerazione. La vicenda è ricostruita nel recente film inchiesta “The summit”.
CHECCHINO ANTONINI
FRANCO FRACASSI
da Popoff.globalist.it