di Geraldina Colotti
«Non è finita, torneremo a lottare ». Per le strade del Messico – minacciato dall’uragano Ingrid, che ha già provocato 21 morti sulle coste – risuona la promessa dei maestri, violentemente sgombrati venerdì dalla polizia dopo un mese di proteste. Dal 19 agosto, giorno d’inizio delle scuole, gli insegnanti, in gran parte delle elementari, hanno occupato plaza Zocalo – la piazza più importante della capitale Città del Messico, e del paese – per protestare contro la riforma dell’educazione voluta dal presidente Enrique Pena Nieto. Un capitolo delle «riforme strutturali» di stampo neoliberista programmate da Nieto, esponente del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), in carica dal dicembre 2012 e fino al 2018. Riforme che riguardano in primo luogo l’educazione e il settore petrolifero. Per questo, Nieto ha proposto un «patto per il Messico» ai due altri grandi partiti, il Partito d’azione nazionale (Pan) e il Partito della rivoluzione democratica (Prd) e la contestatissima riforma educativa è un primo esito della nuova alleanza.
«I maestri ci insegnano a leggere e ora anche a lottare», dicevano i cartelli dei manifestanti, dietro le bandiere della Coordinadora nacional trabajadores de la educacion (Cnte), il sindacato di categoria che ha dichiarato una mobilitazione permanente in tutto il paese. Di tutt’altro segno, il Sindacato nazionale lavoratori dell’educazione (Snte), il sindacato ufficiale, alleato del governo, la cui leader storica, Elba Esther Gordillo, è sotto processo per corruzione dallo scorso aprile.
In piazza, la grande tendopoli allestita dai manifestanti è stata sostenuta dalla solidarietà di molti lavoratori dell’educazione, presenti in tutto il paese e forti di una lunga tradizione di lotta. Fra i gruppi più combattivi, la Seccion 22 di Oaxaca, che conta 74.000 aderenti e che ha animato un lungo conflitto, represso nel sangue dall’allora governatore dello stato di Oaxaca, nel 2006.
Venerdì, la sezione 22 è rimasta fino all’ultimo nel presidio-tendopoli che i manifestanti avevano infine accettato di abbandonare: «Ce ne stiamo già andando, tranquilli», gridavano gli insegnanti. I 3.600 poliziotti in tenuta antisommossa hanno però deciso di caricare comunque violentemente, provocando oltre duecento feriti e una cinquantina di arresti.
Ma la protesta degli insegnanti non si ferma. Numerose altre categorie hanno inviato comunicati di solidarietà e promettono il loro sostegno. Domenica, una catena umana lunga oltre 16 km, composta da oltre 20.000 persone ha attraversato la città per contestare la riforma energetica proposta da Pena Nieto. La riforma prevede una modifica alla costituzione che consentirà alla compagnia petrolifera nazionale Pemex di aprirsi a dei partenariati pubblico-privato, anticamera alla privatizzazione del settore petrolifero.
La manifestazione è stata organizzata dalle sinistre a lato della sfilata militare per le celebrazioni dell’indipendenza, inaugurate dal presidente Nieto proprio nella Plaza Zocalo. Un’indipendenza solo formale, in Messico come in altre parti del Centroamerica, dove il vento del «socialismo del XXI secolo» non è ancora rrivato. E così, dopo il fallimento dell’Accordo di libero commercio (Alca), gli Stati uniti ci riprovano con la nuova Alleanza del Pacifico, un asse composto da Messico, Colombia, Perù, Cile e presto raggiunto dal Costa Rica, che prevede riforme strutturali come quelle avviate da Nieto.
GERALDINA COLOTTI
da il manifesto