di red.
Sono a tutti gli effetti l’unica novità politica astigiana. Sono giovani e la gioventù, come l’altezza nel basket, non si insegna. Così continuano ostinatamente a professarsi comunisti. «Ecco perché facciamo politica – esordisce Stefano Bego – è una gran bella cosa immaginare il cambiamento e la fruibilità a tutti di cultura. Siamo giovani ma con la storia terribile e meravigliosa della sinistra, dei comunisti e del ‘900 e poi è pratica, rapporti personali, mettersi alla prova». Linea chiara riconosciuta anche all’esterno del partito. «Da giovani si vede tutto bianco o tutto nero. Loro vedono tutto rosso – sorride il consigliere del Pd Enrico Panirossi – A volte sono su posizioni non condivisibili ma c’è da dire che sono anche la giovanile più attiva che c’è sul territorio». A fare la rivoluzione o meglio a provare a cambiare un po’ le cose in meglio. «Ce l’abbiamo ben chiaro che la rivoluzione non si fa – dice Davide Bella segretario provinciale dei Giovani Comunisti – ma ci impegniamo dove è necessario. Penso al contributo scolastico non obbligatorio. Senza soldi lo Stato deve smettere di sprecarli in progetti inutili come il TAV».
Intanto uno dei momenti di maggiore soddisfazione è stata la Festa Rossa che si è chiusa la scorsa settimana. «Siamo – continua il 24enne segretario provinciale PRC Nicolò Ollino – davvero soddisfatti del risultato della festa come livelli di vitalità e partecipazione fantastici. I mille coperti serviti e il gruppo “staff” Festa composto da compagni e compagne in gran maggioranza Giovani Comunisti». Il passo successivo è continuare a impegnarsi. Prima di tutto contro il precariato. «Il nostro piano per il lavoro – prosegue il segretario – è tutto tranne che ideologico. Si basa sulla necessità che anche nell’impiego pubblico non ci siano grandi scompensi nelle retribuzioni con un differenziale al massimo di uno a cinque tra redditi minimi e massimi per consentire di inserirvi nuova forza lavoro. Lo stato deve intervenire se il popolo non ce la fa magari eliminando quell’autentico assassinio che è il pareggio di bilancio».
Dicono di non volere scompensi ma in certi momenti la statalizzazione pensano sia l’unica via. «I buoni risultati a livello locale derivano dal parlare con le persone – continuano – Non credo che gli altri lo facciano, il culto della personalità che una volta ci veniva rinfacciato lo esercitano a tutti i livelli. Dal congresso del 2011, che è stato molto difficile stiamo portando avanti idee e i compagni ci seguono. Anche quelli di Casa del Popolo che è un valore aggiunto per la sinistra». Lì è cominciata una sorta di successione anche anagrafica che negli altri partiti non c’è stata. «Speriamo ci siano gli spazi per riunificare la sinistra – aggiunge Ollino – ma da quel che ho visto ad Asti finora non ci sono buoni segnali, non si può governare con una coalizione che va da Arri alla Bosia, non si riesce a fare nulla». Insomma col PD difficile ricomporre a livello locale. «Non potrei mai essere del PD – chiude Ollino – ma se fossi al posto loro, politicamente decontestualizzato e se pensassi unicamente a vincere, oggi voterei Renzi».
REDAZIONALE
settembre 2013