di Sebastiano Canetta, Ernesto Milanesi – il manifesto
Gelati dall’Ungheria dov’è destinata ad emigrare la produzione, «ridotti a schiavitù» dalla scure salariale (800 euro) e snobbati dal governo, a cominciare dal ministro Flavio Zanonato. Le tute blu dell’Electrolux all’alba sono in assemblea. Dalle 7 presidiano i cancelli della loro fabbrica, invadono la statale Pontebbana in corteo fino a Conegliano, vengono ricevuti dal sindaco Floriano Zambon e alla fine si sfogano davanti alla sede del Pd («Giusto per segnalare un piccolo problema di comunicazione con il loro ministro allo Sviluppo economico…», spiegano quelli della Rsu).
Sciopero a oltranza, ma soprattutto lo sfogo naturale di chi si sente abbandonato e tradito. E nel peggiore dei modi. «Così sarà l’inferno» sintetizzano i delegati, in base al «piano» annunciato da Electrolux. Diritti elementari che saltano (pause, ritmi produzione, accordi vigenti) e 158 mila frigoriferi che prendono la via dell’Est, esattamente come allo stabilimento di Porcia (Pordenone) si preferisce la Polonia.
«Siamo chiamati a sacrifici letteralmente disumani. E per di più sappiamo già che non serviranno», spiega sconsolata Paola Morandin. «Lo stipendio di 1.350 euro al mese, che rappresenta la media per un operaio di terzo livello, verrebbe sforbiciato di oltre 217 euro al mese quando si lavora a 8 ore».
A Susegana, gli eredi dei «metal-mezzadri» degli anni ’70 traducono in fretta lo scenario che si è aperto. Povertà è la parola più abbinata a schiavitù nei commenti che si snodano dall’assemblea sindacale fino al corteo.
È la Marca con le spalle al muro: con Electrolux salta il «modello» economico e sociale. Agli stipendi da fame del futuro immediato corrispondono già famiglie che bussano agli sportelli della Caritas. Senza dimenticare la deriva sindacale: fatte le proporzioni, qui è perfino peggio della Grande Sconfitta alla Fiat.
«Il taglio scatterà sulla contrattazione collettiva interna, come sulla perdita dei futuri aumenti del contratto nazionale», puntualizza Manuela Marcon. E lo storico delegato della Fiom, Augustin Breda analizza spietatamente la situazione: «L’azienda ritiene che si possa lavorare 6 ore (part-time) retribuite per 6, senza integrazione, con una paga oraria che a regime sarà decurtata di circa 3 euro all’ora. Così un lavoratore finirà per guadagnare meno di 900 euro netti a fine mese…».
E i conti a Susegana li hanno già fatti. Sul piatto, 22 milioni di euro di investimenti che comunque non garantiranno la sopravvivenza oltre il 2015. Ma sull’altro piatto evaporano, di fatto, 5 mila dei 20 mila euro lordi annuali. Operai, delegati, Rsu diventano un coro: «Livelli retributivi anticostituzionali, proprio in base all’articolo 32 della Carta della Repubblica che prevede una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
Cifre che non lasciano margini di dubbio: 5 euro e 20 cent in meno all’ora, mentre la catena di montaggio viaggerà a 85 pezzi all’ora contro gli attuali 74. Addio ai 40 minuti di pausa mensa, ma perfino in buona parte anche agli altri 17 minuti di «stacco» dalla produzione. È la matematica svedese applicata all’impianto trevigiano.
Peggio di una condanna a morte. Allarga le braccia il sindaco di Susegana: «Come volevasi dimostrare. Electrolux ha già deciso di andarsene: serve un’ultima spremuta, peggio che con i limoni. E così ora s’è raschiato davvero anche il fondo del barile», afferma Vincenza Scarpa.
In Friuli, va ancora peggio. Porcia, salvo miracoli, è lo stabilimento italiano destinato a perdere il confronto con il costo del lavoro in Polonia. Sciopero con assemblea alla portineria nord. Blocco delle merci in ingresso e presidio davanti ai cancelli (passano solo alcuni impiegati). All’assemblea hanno partecipato anche il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, il sindaco di Pordenone Claudio Pedrotti e il vicepresidente della Provincia, Eligio Grizzo. «A questo punto è indispensabile un immediato intervento del governo», hanno invocato tutti, in sintonia con il giudizio espresso nei giorni scorsi nei confronti dell’inerzia del ministero dello Sviluppo economico.
I lavoratori Electrolux preannunciano una mobilitazione con azioni dimostrative. Non basterà il blocco della piattaforma logistica, perché a Porcia nessuno vuole arrendersi al verdetto senza appello che metterebbe in ginocchio quest’area della provincia di Pordenone. Già oggi si ricomincia a lottare contro il ricatto a senso unico. Lo sottolinea Giorgio Airaudo, deputato di Sel: «La multinazionale svedese sta usando la crisi per riposizionarsi sul mercato globale e propone un piano che prevede la messa in discussione degli stabilimenti italiani, con la chiusura immediata di quello di Porcia e un drastico taglio dei salari, in tutti gli altri stabilimenti. Significano effetti devastanti sull’indotto. Ben al di là dei 1.600 posti di lavoro in meno annunciati dall’Electrolux».