Mentre nella campagna elettorale ferve il dibattito tra sostenitori e oppositori dell’Unione europea, pochi si accorgono che il futuro dell’Europa dipende più da Washington che da Bruxelles. L’amministrazione Obama ha già varato il suo programma per l’Europa, le cui linee sono esposte dal segretario alla Difesa, Chuck Hagel. Di fronte all’azione della Russia in Ucraina — egli esordisce — gli attuali membri della Nato devono dimostrare che sono impegnati nell’Alleanza come lo erano i suoi fondatori 65 anni fa. Il primo modo per rafforzarla è accrescere la spesa militare. Con la fine della guerra fredda — rileva Hagel — si è diffusa tra gli alleati europei la sensazione che fosse finita la loro insicurezza, dovuta alla politica aggressiva di alcuni stati (leggi l’Urss e i suoi alleati): un mito infranto dall’azione della Russia in Ucraina.
Ciò ha provocato una crescente sproporzione tra la spesa militare degli Usa e quella degli alleati. Oggi gli Usa, nonostante abbiano un pil inferiore a quello complessivo dei loro 27 alleati, spendono tre volte di più per il militare. Per correggere tale squilibrio, è stata convocata una riunione Nato alla quale parteciperanno non solo i ministri della difesa ma anche quelli delle finanze: l’aumento della spesa militare deve infatti divenire una priorità per tutti i governi dell’Alleanza. Essi si sono impegnati nel 2006 a destinare al bilancio della difesa come minimo il 2% del loro pil, ma finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bretagna, Grecia ed Estonia. Non basta però aumentare la spesa militare Nato (oggi superiore ai 1000 miliardi di dollati annui, pari al 60% di quella mondiale): occorre stabilire come meglio investirla.
A tale scopo si terrà tra qualche mese in Gran Bretagna un vertice Nato per ristrutturare le forze dell’Alleanza, che devono essere preparate ad affrontare ogni tipo di conflitto (compreso quello nucleare) contro gli avversari più sofisticati. A breve termine — sottolinea Hagel — la Nato ha risposto alle azioni russe con risolutezza, ma dobbiamo aspettarci che la Russia voglia mettere alla prova il nostro impegno a lungo termine. L’alleanza transatlantica deve quindi rafforzarsi non solo sul piano militare. L’Europa deve ridurre, di oltre il 25% entro il decennio, le importazioni di gas russo, che saranno sostituite con gas naturale liquefatto fornito dagli Stati uniti. Deve essere allo stesso tempo realizzata la Partnership transatlantica per il commercio e gli investimenti. Occorre inoltre tenere presente che le minacce all’Alleanza non si limitano all’Europa: emergono nuove minacce (l’allusione alla Cina è evidente), tanto che sempre meno zone nel mondo sono da considerarsi fuori area per la Nato. Essa deve aiutare nazioni di tutto il mondo — dall’Africa al Golfo persico e all’Asia sudorientale — a realizzare un sistema di sicurezza collettiva.
Il piano di Washington è dunque chiaro: dopo aver provocato con l’estensione della Nato a est e il putsch di Kiev un nuovo clima da guerra fredda, cerca di trarne vantaggio per rafforzare l’influenza militare ed economica Usa in Europa e per coinvolgere gli alleati europei su altri fronti che si stanno aprendo nella regione Asia/Pacifico. Discutere di Europa al di fuori di tale contesto diventa un puro esercizio accademico. Soprattutto in un paese come l’Italia, governata da yes-men pronti a obbedire agli ordini di Washington. Affiancati da yes-women, come la neoministra Pinotti che si dice pronta a inviare truppe in Ucraina e sottolinea la necessità di avere armi sofisticate per difendersi. Sarà per questo insignita da Hagel con la medaglia d’onore.
MANLIO DINUCCI
da il manifesto