La nazionale palestinese resta a casa

Medio Oriente. Per la terza volta Israele nega il visto a un dirigente palestinese. E il calciatore Fares Sameh Mohammad è stato arrestato con l’accusa di essere un corriere per Hamas

fcaaTutti ai Mon­diali. O quasi. Dal Medio Oriente arriva una delle sto­rie più con­tro­verse legate al mondo del cal­cio, che s’intreccia anche con la com­pe­ti­zione iri­data. Qual­che giorno fa la fede­ra­zione israe­liana poneva il veto al viag­gio in Suda­me­rica al segre­ta­rio gene­rale della Pale­stine Foot­ball Asso­cia­tion, Moham­mad Ammassi. Che sarà costretto a guar­darsi Messi e Ney­mar dal divano di casa sua senza uno strac­cio di moti­va­zione uffi­ciale. Ed è la terza volta che gli viene negato il visto per un viag­gio lon­tano dal Medio Oriente. Un abuso, ordi­na­rio, sfac­ciato. E allo stop al viag­gio del diri­gente pale­sti­nese in Bra­sile ha fatto seguito – pochi giorni dopo — l’arresto di un cal­cia­tore pale­sti­nese, Fares Sameh Moham­mad, accu­sato da Israele di essere un cor­riere per Hamas, come scritto in una let­tera al numero uno della Fifa, Joseph Blatter.

Moham­mad è stato arre­stato dopo un periodo di alle­na­menti con la nazio­nale pale­sti­nese in Qatar, nello scorso aprile. Durante il sog­giorno in Qatar, secondo Israele il cal­cia­tore avrebbe incon­trato durante un tor­neo un mili­tante di Hamas (in car­cere con erga­stolo, poi scam­biato da Israele nel 2011 assieme ad altri mille pale­sti­nesi, in cam­bio della libe­ra­zione di Gilad Sha­lit, sol­dato israe­liano rapito nel 2006 nella Stri­scia di Gaza gover­nata da Hamas), che gli avrebbe pro­cu­rato soldi, un cel­lu­lare e alcuni mes­saggi da reca­pi­tare a Qal­qi­lya, in Gior­da­nia. La crisi medioo­rien­tale s’intreccia ancora una volta al cal­cio. E qual­che set­ti­mana fa Blat­ter scen­deva per­so­nal­mente in campo prima dei Mon­diali per pro­vare a siglare una tre­gua cal­ci­stica fra israe­liani e palestinesi.

Una mission-shuttle fra Ramal­lah e Geru­sa­lemme, anche per scio­gliere un nodo che potrebbe ali­men­tare mal­con­tenti e fri­zioni all’interno della Fifa. Rischio voti persi, il modo peg­giore per la corsa a un nuovo man­dato al ver­tice del cal­cio. La mini-crisi era stata inne­scata dalla fede­ra­zione pale­sti­nese, che con­te­stava al governo israe­liano misure puni­tive che avreb­bero impe­dito ai pale­sti­nesi di alle­narsi, a causa delle restri­zioni alla cir­co­la­zione di gio­ca­tori fra Gaza e la Cisgior­da­nia. E la fac­cenda diventa più com­plessa per­ché a gui­dare la rap­pre­sen­tanza pale­sti­nese è Jibril Rajoub, 58enne ex capo della sicu­rezza in Cisgior­da­nia, che ha tra­scorso 17 anni nelle pri­gioni israe­liane. E che da qual­che anno è a capo del movi­mento pale­sti­nese e pure del Comi­tato olim­pico. Una fissa: usare il pal­lone per arri­vare alla libertà del popolo pale­sti­nese. Poco prima della sua inve­sti­tura, l’Autorità pale­sti­nese avvi­vava un pro­gramma per la rina­scita del cal­cio, che anna­spava, senza alcuna orga­niz­za­zione, bloc­cato dalle restri­zioni al movi­mento impo­ste da Israele. In pochi anni, ecco soldi, strut­ture spor­tive e fun­zio­nari in grado di man­dare avanti ammi­ni­stra­zione e buro­cra­zia. Con la Fifa che rico­no­sce la Pale­stina come una squa­dra nazio­nale, costretta però quat­tro anni fa a rinun­ciare alla par­te­ci­pa­zione alle qua­li­fi­ca­zioni dei Mon­diali suda­fri­cani per il rifiuto con­ti­nuo di Israele a rila­sciare visti di viaggi a cal­cia­tori, alle­na­tori, diri­genti pale­sti­nesi di Cisgior­da­nia e Stri­scia di Gaza.

E la situa­zione è peg­gio­rata negli ultimi anni. Rajoub ha più volte spinto per l’espulsione di Israele dalla Fifa. La replica di Geru­sa­lemme è arri­vata con un lungo docu­mento nel quale si illu­strano a Blat­ter le ragioni di sicu­rezza, tra cui gli impianti uti­liz­zati dai mili­tanti pale­sti­nesi come un mezzo per lan­ciare attac­chi mis­si­li­stici, che avreb­bero por­tato all’esecuzione di minu­ziosi con­trolli ai posti di con­fine con la Stri­scia di Gaza, ral­len­tando il pas­sag­gio di gio­ca­tori e dele­ga­zioni. Fino agli ultimi casi e all’ultima parola di re Blat­ter: Israele ancora mem­bro Fifa, nes­suna vio­la­zione delle norme e la volontà da favo­letta della Fifa di tenere sepa­rati poli­tica e sport.

NICOLA SELLITTI

da il manifesto

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