Dopo aver ricevuto l’imprimatur del Consiglio supremo di difesa, convocato dal presidente Napolitano, la ministra Pinotti ha pubblicato le linee guida del futuro «Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa», che traccerà «la strategia evolutiva delle Forze armate sull’orizzonte dei prossimi 15 anni». Strategia che, come indicano le linee guida, continuerà a seguire il solco aperto nel 1991, subito dopo che la Repubblica italiana aveva combattuto nel Golfo, sotto comando Usa, la sua prima guerra. Sulla falsariga del riorientamento strategico del Pentagono, il ministero della difesa del governo Andreotti annunciò un «nuovo modello di difesa». Violando la Costituzione, esso stabiliva che compito delle Forze armate è «la tutela degli interessi nazionali, nell’accezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario» e definiva l’Italia «elemento centrale dell’area che si estende dallo Stretto di Gibilterra al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d’Africa e il Golfo Persico».
Questo «modello di difesa» è passato da un governo all’altro, da una guerra all’altra sempre sotto comando Usa (Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia), senza mai essere discusso in quanto tale in parlamento. Tantomeno lo sarà ora: la ministra della Difesa — ha deciso il Consiglio supremo presieduto da Napolitano — invierà le linee guida ai presidenti delle commissioni Esteri e Difesa dei due rami del parlamento, «affinché ne possano eventualmente venire valutazioni e suggerimenti utili alla definizione del Libro bianco, di cui il governo si è assunto l’iniziativa e la responsabilità».
Resta dunque immutato l’indirizzo di fondo, che non può essere messo in discussione. Compito delle forze armate — si ribadisce nelle linee guida — è non tanto la difesa del territorio nazionale, oggi molto meno soggetto a minacce militari tradizionali, quanto la difesa degli «interessi nazionali», soprattutto gli «interessi vitali», in particolare la «sicurezza economica». Sicurezza che consiste nella «possibilità di usufruire degli spazi e delle risorse comuni globali senza limitazioni», con «particolare riferimento a quelle energetiche». A tal fine l’Italia dovrà operare nel «vicinato orientale e meridionale dell’Unione europea, fino ai paesi del cosiddetto vicinato esteso» (compreso il Golfo Persico). Per la salvaguardia degli «interessi vitali» — si chiarisce — «il Paese è pronto a fare ricorso a tutte le energie disponibili e ad ogni mezzo necessario, compreso l’uso della forza o la minaccia del suo impiego».
Nel prossimo futuro le Forze armate saranno chiamate a operare per il conseguimento di obiettivi sempre più complessi, poiché «rischi e minacce si svilupperanno all’interno di estese e frammentate aree geografiche, sia vicine sia lontane dal territorio nazionale». Riferendosi in particolare a Iraq, Libia e Siria, il Consiglio supremo sottolinea che «ogni Stato fallito diviene inevitabilmente un polo di accumulazione e di diffusione globale dell’estremismo e dell’illegalità». Ignorando che il «fallimento» di questi e altri Stati deriva dal fatto che essi sono stati demoliti con la guerra dalla Nato, con l’attiva partecipazione delle Forze armate italiane. Secondo le linee guida, esse devono essere sempre più trasformate in «uno strumento con ampio spettro di capacità, integrabile in dispositivi multinazionali», da impiegare «in ogni fase di un conflitto e per un protratto periodo di tempo».
Le risorse economiche da destinare a tale scopo, stabilisce il Consiglio supremo di difesa, «non dovranno scendere al di sotto di livelli minimi invalicabili» (che diverranno sempre più alti) poiché — si sottolinea nelle linee guida — «lo strumento militare rappresenta per il paese una assicurazione e una garanzia per il suo stesso futuro». A tal fine si preannuncia una legge di bilancio quinquennale per i maggiori investimenti della Difesa (come l’acquisizione del nuovo caccia F-35), così da fornire «l’indispensabile stabilità di risorse».
Occorre inoltre «spingere l’industria a muoversi secondo traiettorie tecnologiche e industriali che possano rispondere alle esigenze delle Forze armate». In altre parole, si deve dare impulso all’industria bellica, puntando sull’innovazione tecnologica, «resa necessaria dall’esigenza di un continuo adeguamento dei sistemi», ossia dal fatto che i sistemi d’arma devono essere continuamente ammodernati. È necessario allo stesso tempo non solo un migliore addestramento dei militari, ma un generale elevamento dello «status del personale militare», attraverso adeguamenti giuridici e normativi.
Poiché nasce dalla «esigenza di tutelare i legittimi interessi vitali della comunità», si afferma nelle linee guida, «la Difesa non può essere considerata un tema di interesse essenzialmente dei militari, quanto della comunità tutta». La ministra Pinotti invita quindi tutti gli italiani a inviare «eventuali suggerimenti» alla casella di posta elettronica librobianco@difesa.it. Speriamo che i lettori del manifesto lo facciano in tanti.
MANLIO DINUCCI
da il manifesto