Care compagne e cari compagni, arriviamo a queste considerazioni dopo mesi in cui abbiamo ascoltato e letto le diverse opinioni riguardo alla funzione del nostro partito nella costruzione della sinistra di alternativa in Italia.
In tutta franchezza riscontriamo quella tendenza tutta nostra a litigare e a dividerci ancora per aree quando sarebbe più opportuno ragionare di ciò che è giusto e di ciò che è lesivo per la nostra unità. Non riscontriamo più quella volontà tesa al rafforzamento del nostro partito e all’unità della sinistra e dei comunisti (in questo caso quantomeno in azioni condivise) che venivano proposte negli emendamenti.
Le questioni sono tante: dove va il PRC? Cosa intendiamo per sinistra unita, alternativa ed autonoma? Passano i mesi, i nodi son sempre gli stessi: il rapporto col PD o con una parte di esso ed il rapporto con SEL. Sembra che la nostra azione debba dipendere, a prescindere, da questi soggetti politici.
Secondo noi, pensare al posizionamento del soggetto unitario rispetto al centro-sinistra è il punto di partenza sbagliato. Reputiamo sia un’esperienza superata che ha portato più negatività che positività. La partecipazione dei comunisti ai governi del centro-sinistra, il modo subalterno con cui ciò è avvenuto hanno contribuito ad erodere il nostro radicamento sociale e a facilitare lo spostamento della nostra base elettorale verso l’astensionismo o altre forze politiche.
Sul “Patto degli Apostoli” si possono esprimere alcune sensazioni e perplessità iniziali: in cosa è diverso dagli appelli passati che sono andati a finire nel dimenticatoio. Quello che sembra uscire fuori è che, a fronte della situazione sociale e politica attuale, bisogna immergersi nelle contraddizioni che si presenteranno di fronte a noi e stare dentro a questo processo con le nostre idee e con i nostri valori, facendo qualche compromesso con chi non ha nulla a che fare con noi.
Pensiamo che “starci dentro” porti solo nuova confusione e nuovi equivoci. Equivoci che nascono dalla natura del PD e dalle sue azioni: voto di fiducia a Renzi sull’abolizione dell’art. 18, Riforma Fornero, Fiscal Compact,pareggio di bilancio in Costituzione. Quali potrebbero mai essere questi percorsi e obiettivi comuni? Civati più volte ha parlato di centro-sinistra e SEL non si sa in che direzione voglia andare. Sì, anche noi siamo stati tutt’altro che irreprensibili in passato, ma questo lo sappiamo. Che si fa adesso? Possiamo passare dall’autocritica ad un progetto chiaro ed esigere chiarezza?
L’obiettivo è quello di far riacquistare consenso e credibilità ad una sinistra che, ormai, li ha persi da tempo, proprio per aver inseguito ad ogni costo il centro-sinistra liberista in tutti questi anni. Quando discutiamo di esponenti del PD parliamo di donne e uomini che hanno già fatto una precisa scelta e, sinceramente, cominciano ad essere deboli e fastidiose esternazioni come ” fiducia sfiduciata” o “fiducia critica”. Non si può essere unitari a destra ed incompleti a sinistra.
Apriamo e chiudiamo una piccola parentesi. Bisogna riflettere anche sui punti di vista che si hanno sulle questioni internazionali: Ucraina, America Latina, Palestina per fare alcuni esempi. Spesso le posizioni di alcuni componenti di PD e SEL sono lontani anni luce dalle nostre.
Se c’è una cosa assolutamente da evitare è quella di diventare la sinistra della NATO. Ma su questo siamo tutti d’accordo, vero?
Altre domande: il patto entra in conflitto con l’esperienza de L’Altra Europa? Possono essere percorsi che si intrecciano?
Nonostante i limiti pre e post-elettorali, quella de L’Altra Europa è stato il progetto politico più concreto e proteso ad una svolta unitaria, alternativa ed autonoma dal PD.
Ciò non vuol dire che siamo ad un punto di arrivo. Bisogna partire, per arrivare ad una sintesi nazionale, dalle esigenze e dalle contingenze locali, attorno alle quali costruire seriamente l’alternativa. Questo si sta facendo in Emilia-Romagna, questo faremo in Calabria. E’ vero che le logiche politiche locali spesso esulano dal contesto nazionale ed è vero che a priori non si chiudono le porte in faccia a nessuno. Gramsci disse che Lenin ci ha insegnato come utilizzare anche l’alleato più incerto, oscillante e provvisorio in modo da sfruttare le fratture ed incrinature che si aprono nel fronte del nemico di classe. Grande insegnamento che ci spinge a non avere i paraocchi e ad analizzare sempre criticamente la realtà in cui viviamo anche se bisogna stare attenti a non allearsi col nemico di classe stesso. E visto che siamo in vena di citazioni riprendiamo sempre Gramsci: “In un partito comunista, porre il problema dell’organizzazione di una frazione significa porre un problema di scissione”. Chi vuol capire capisca.
Noi ed i compagni dell’Emilia-Romagna possiamo fare da apripista per una forza politica che noi tutti vogliamo diventi radicata tra la gente e stabile nel tempo. L’esperienza internazionale della sinistra in Grecia ed in Spagna, più che di flessibilità ideologica, ci insegna come rappresentare i soggetti in conflitto contaminandosi con essi, senza rinunciare alla componente ideologica. Sono riusciti a portare avanti le ragione degli sfruttati e non si sono seduti ai tavoli degli sfruttatori,non hanno teso le mani al Pasok e al PSOE. Pensiamo a Podemos che tutti prendono come esempio: ha mai proposto un dialogo sui contenuti con il PSOE? Oppure parliamo di Linke. I compagni tedeschi possono fare la voce grossa con l’SPD, come in Turingia, perché hanno un determinato rapporto di forza costruito nel tempo. Come facciamo a spostare noi l’asse se non c’è una sinistra forte e soprattutto se non diamo un significato a questa parola. Ad esempio, nella nostra Calabria si può dialogare con una forza politica che sta facendo del trasversalismo e degli inciuci le sue condotte politiche? Si può spostare questo asse con UDC ed NCD? Spesso essere ideologici per qualcuno vuol dire essere minoritari, tuttavia si può trovare una sintesi con l’idea del partito nuovo di Palmiro Togliatti. L’idea rivoluzionaria di un soggetto ideologico e non solo, che non è costituito più da una piccola avanguardia, ma che aspira ad essere la guida di un grande movimento che includa tutto il popolo che oggi chiede grandi cambiamenti sociali. Perchè non contestualizzare ed attualizzare questo concetto,non solo al partito, ma anche alla Sinistra Unita?
Questo non vuol dire porte chiuse, anzi. E’ utile un’interlocuzione non esclusiva e pensiamo ai tanti compagni al di fuori del PRC e agli stessi compagni della base di SEL.
Riteniamo opportuno puntualizzare sul ruolo del nostro partito e dei comunisti. Pensiamo sia controproducente atteggiarsi ad unici custodi della causa comunista. Siamo però contrari al comunismo visto come semplice tendenza culturale all’interno di una coalizione o di un partito, perciò escludiamo una liquidazione,anche di fatto, del nostro per approdare ad una non ben identificata e generica sinistra. In un contesto unitario serve più che mai un’attiva forza comunista, anti-capitalista, in grado di analizzare e contrastare la realtà e che sappia costruire rapporti sociali.
Ma, per fare questo, si deve capire fin da subito che la sinistra che vogliamo è di classe. Manteniamo una prospettiva di autonomia politica, provando a metterci a disposizione della costruzione a sinistra di alleanze sociali e politiche alternative al centro-sinistra.
Altra nota dolente: i Giovani Comunisti. Siamo indignati per l’inerzia e totale inattività della nostra organizzazione giovanile. Le tessere GC faticano ad arrivare alle federazioni. Dopo 5 anni, ben oltre i limiti statutari di 3 anni, non è ancora stata convocata dai due Portavoce Nazionali la Conferenza Nazionale. Da anni non è nemmeno convocato il Coordinamento Nazionale dei Giovani Comunisti/e né gli altri organismi politici e direttivi. I GC continuano a tenere in piedi la propria attività territoriale senza organizzazione nazionale, senza una linea politica organica e sono in balia delle contrapposizioni tra i due portavoce, che hanno le loro responsabilità nella mancata ricerca e costruzione collettiva e condivisa di linea politica. Linea politica che deve essere caratterizzata dalla presenza concreta nelle lotte di piazza. E’ necessario che l’organizzazione centrale sia solida, in modo da superare l’apatia generale ed il mancato approccio critico alle proposte del partito, limitando di fatto l’iniziativa giovanile. I Giovani Comunisti, pur essendo presenti in quasi tutto il territorio nazionale con un grande potenziale , pagano il radicamento territoriale disomogeneo, nonostante la fase di possibile fermento. L’assenza di un livello centrale efficace ha di fatto delegittimato Coordinamento e Direzione nazionali, convocati troppo raramente e da tempo incapaci di produrre iniziativa politica. Questa situazione non è più tollerabile e deve far riflettere.
In conclusione: non riusciamo e non vogliamo pensare alla nostra attività politica, di sintesi, di ricerca, di studio e di trasformazione della società al di fuori del PRC. Non riusciamo a pensare ad un PRC debole e ad una sinistra di classe senza il PRC.
LUIGI CIAMBRONE
ANTONIO CAMPANELLA
ROSETTA ESPOSITO TARANTINO
ANDREA OLIVETI
Giovani Comuniste/i – Catanzaro
28 ottobre 2014