Jobs Act, il Pd si riunisce sul bidone

L’accordo sulla delega cancella di fatto l’articolo 18, che resterà in piedi solo per sparutissimi casi. L’Ncd protesta lo stesso e minaccia di non votare il testo. Cgil: «La nostra mobilitazione va avanti». Ma il premier gongola: «Avremo la nuova legge già il primo gennaio». Restano però tante incognite: ad esempio, varrà soltanto per i nuovi assunti o per tutti?

Roma, cortei degli studenti in occasione dello sciopero Nazionale della scuolaLa fac­ciata è salva: le baruffe chioz­zotte che divi­dono perio­di­ca­mente la mag­gio­ranza Pd (quella dei “cat­tivi” anti-sindacato) e la varie­gata mino­ranza (i “buoni” più vicini alle ragioni dei lavo­ra­tori) hanno par­to­rito il topo­lino. Si è tor­nati al testo appro­vato dalla dire­zione del par­tito del 29 set­tem­bre, quello che con­ce­deva gra­zio­sa­mente di rein­tro­durre tra i tute­lati dall’articolo 18 anche i licen­ziati per motivi disci­pli­nari, in aggiunta a quelli discri­mi­na­tori (ma que­sti ultimi non avreb­bero mai potuto essere can­cel­lati per­ché tute­lati dalla Costi­tu­zione e dalle carte euro­pee). Ma è un bidone, o – alla romana – una sòla.

Cer­che­remo di ana­liz­zare più avanti i tanti aspetti cri­tici della delega che viene fuori dall’accordo di ieri all’interno del Pd (e che evi­te­rebbe la fidu­cia, come spie­gano nel par­tito), ma intanto va segna­lato che i primi a pro­te­stare sono stati pro­prio gli alleati dell’Ncd, a dire dei quali la riforma in que­sto modo viene di fatto neu­tra­liz­zata. Tanto che in serata Nun­zia De Giro­lamo e Mau­ri­zio Sac­coni sono stati rice­vuti a Palazzo Chigi, dopo che ave­vano minac­ciato di non votare il testo. Allo stesso modo Sc, con Pie­tro Ichino, ha mostrato per­ples­sità. Dubbi di per­so­naggi che potreb­bero indurci a dire che la riforma adesso va bene: ma i miglio­ra­menti – che Mat­teo Renzi ha defi­nito «un gran­dis­simo passo avanti: ci faranno avere le nuove regole già l’1 gen­naio» – sono poca cosa.

A gui­darci nella disa­mina della riforma – almeno così come è annun­ciata, visto che per il momento non si ha un testo chiaro e defi­nito della delega, né tan­to­meno dei futuri decreti dele­gati – è il giu­sla­vo­ri­sta Pier­gio­vanni Alleva, avvo­cato del lavoro (ha difeso e difende tan­tis­simi licen­ziati) e per anni con­su­lente prima della Cgil e poi della Fiom.

Innan­zi­tutto va ricor­dato che l’accordo rela­tivo all’articolo 18 rag­giunto nella dire­zione del Pd il 29 set­tem­bre (130 favo­re­voli, 20 con­trari e 11 aste­nuti), sta­bi­liva, fatta ecce­zione appunto per la pos­si­bi­lità di rein­te­gro nel posto di lavoro anche per i licen­zia­menti disci­pli­nari, oltre che per quelli discri­mi­na­tori, «una disci­plina per i licen­zia­menti eco­no­mici che sosti­tui­sca l’incertezza e la discre­zio­na­lità di un pro­ce­di­mento giu­di­zia­rio con la chia­rezza di un inden­nizzo eco­no­mico certo e cre­scente con l’anzianità, abo­lendo la pos­si­bi­lità del rein­te­gro». In parole povere, si eli­mina del tutto la pos­si­bi­lità del rein­te­gro per i licen­zia­menti eco­no­mici indi­vi­duali e col­let­tivi, sosti­tuen­dola con un indennizzo.

«La riforma For­nero aveva già inde­bo­lito la tutela per i licen­zia­menti eco­no­mici indi­vi­duali e col­let­tivi – spiega Alleva –ma adesso pra­ti­ca­mente si libe­ra­liz­zano del tutto. E sono i casi che riguar­dano la mag­gior parte delle per­sone, anche per­ché ovvia­mente nes­sun datore di lavoro addurrà mai una moti­va­zione discri­mi­na­to­ria per licenziare».

E i disci­pli­nari? È un bene che siano stati rein­se­riti, no? «Biso­gna vedere come sarà scritto il testo: ma temo che si voglia andare a tute­lare solo alcune fat­ti­spe­cie, can­cel­lando ad esem­pio una pos­si­bi­lità di rein­te­gro che era rima­sta con la legge For­nero, quella in caso di “man­cata cor­ri­spon­denza alla pre­vi­sione con­trat­tuale”. Mi spiego con un esem­pio: se il con­tratto pre­vede solo una sospen­sione per assenze fino a 4 giorni, e il datore di lavoro invece ti licen­zia per un’assenza di 3 giorni, il giu­dice oggi può ordi­nare il rein­te­gro per­ché il con­tratto pre­vede già una san­zione minore, e quella dell’impresa è stata sproporzionata».

Insomma, in poche parole, si restringe sem­pre di più – o per­lo­meno rischia di restrin­gersi – il campo della tutela, anche per i disci­pli­nari. Fino a ridurre la garan­zia del rein­te­gro a spa­ru­tis­simi casi, pra­ti­ca­mente sol­tanto delle eccezioni.

E poi un altro pro­blema, mica di poco conto. Le nuove regole var­ranno solo per i nuovi assunti o per tutti? «Ora magari si dice solo per i nuovi assunti, o si resta sul vago – nota il giu­sla­vo­ri­sta Alleva – ma poi alla fine, come è andata con la stessa legge For­nero, all’improvviso inclu­de­ranno tutti. Senza con­tare che il nor­male turn over vede ogni anno l’8% dei lavo­ra­tori cam­biare con­tratto: il che signi­fica che in pochi anni, comun­que vada, la riforma toc­cherà la gran parte dei dipendenti».

Que­sto Jobs Act ver­sione edul­co­rata non piace nean­che alla Cgil, che ieri non ha com­men­tato i cor­ret­tivi aggiunti in corsa dal Pd, ma ha annun­ciato che, fidu­cia o no, «la mobi­li­ta­zione è avviata e va avanti». Anche per­ché, ha spie­gato Susanna Camusso, «dopo la fidu­cia alla delega ci sono i decreti dele­gati». Cri­tici Sel e M5S, che annun­ciano oppo­si­zione alla Camera: la pre­si­dente Laura Bol­drini ieri ha pro­po­sto che il voto finale si fac­cia il 26 novem­bre, e su que­sta data l’Aula si espri­merà il 17.

ANTONIO SCIOTTO

da il manifesto

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