Per quei pochi che ancora si interessano al dibattito interno a Rifondazione e alla sinistra, appunti per una discussione sul nostro presente e sul nostro futuro
È di due giorni fa la notizia che al Comitato Politico Nazionale di Rifondazione sia stato respinto – con una maggioranza di 54 a 50 – il documento proposto dai compagni e dalle compagne della segreteria nazionale.
Questo sicuramente non semplifica la situazione in cui versa il Partito: scoraggiamento, debolezza e fatica. Tanta fatica, che si accomuna all’insicurezza, al dubbio, alla difficoltà di tracciare un percorso aperto e partecipato della sinistra in cui Rifondazione non sia semplice comparsa ma protagonista.
Un percorso avviato con la buona riuscita elettorale dell’Altra Europa, con cui siamo riusciti dopo anni e anni di assenza dalle istituzioni a rieleggere una compagna in parlamento europeo. E che compagna!
E proprio dalla Lista Tsipras noi non dobbiamo allontanarci. Dal solco tracciato con i compagni e le compagne dei comitati locali, dei movimenti e delle altre realtà sociali che ci hanno appoggiato e sostenuto e hanno retto insieme a noi il peso della campagna elettorale sulle loro spalle.
La lista Tsipras tuttavia non è il fine. É il mezzo. Il mezzo per rimettere insieme i pezzi di una sinistra frantumata da anni di scissioni, rivalità, avversioni politiche e personali.
Che questa sinistra, a livelli di partito, non possa e non debba comprendere solo Rifondazione è sotto gli occhi di tutti. Dobbiamo allargarci, essere inclusivi e aperti: attenzione però, che l’unione fa la forza ma si costruisce su solide basi. Ne abbiamo vissute (io personalmente due) di esperienze le cui fondamenta poggiavano sulla sabbia, e sarebbe inutile farne i nomi.
Le nostre collaborazioni e i percorsi comuni da intraprendere devono essere fondati su solide basi: alternatività a questo PD, ferma opposizione alle sue politiche troppo simili a quelle delle destre, opposizione all’austerity e a una troika che da anni impoverisce le classi popolari e le aizza l’una contro l’altra in una ben orchestrata guerra tra poveri.
E di sicuro l’unità non si costruisce con chi fa le microscissioni su base regionale, di chi corteggia i Dem a tutti i livelli, di chi va ad assemblee e manifestazioni di altri soggetti politici fregiandosi di titoli che non si merita ed esponendo posizioni personali a nome di organizzazioni che lui stesso ha reso evanescenti.
Nè con chi da anni fluttua nel limbo della ‘terra di mezzo’ rifiutandosi di fare scelte politiche concrete che portino all’unità della sinistra.
E non sono un aiuto nemmeno i fanatici, i duri e puri che si vogliono rinchiudere nell’angolo dell’irrilevanza, fossilizzati su sterili posizioni di opposizione a tutto, nostalgici di un passato che ci appartiene ma non tornerà più.
L’unità si costruisce con chi, giorno dopo giorno, lotta e propone alternative reali a questo sistema. I movimenti. Le piazze. I tanti lavoratori privi di rappresentanza politica e desiderosi di un cambiamento radicale, di una svolta a sinistra.
L’unità, compagni, parte da noi. Da Rifondazione e dai suoi 25 000 iscritti, che devono a tutti i costi mettersi a disposizione di un processo unitario di un soggetto della sinistra ispirato non a modelli stranieri, ma costruito su solide basi di alleanza fra partiti, movimenti e realtà che concordano sulla voa da percorrere. Senza sciogliersi, senza barricarsi nel proprio orticello e chiudersi in sè stessi.
Questo paese ha un forte, fortissimo bisogno di sinistra unita. E questa sinistra parte da noi. Dalle nostre bandiere, dal nostro lavoro e dai nostri sogni. Perché siamo comunisti. E lo rimarremo.
Del resto, “veniamo da lontano e andiamo lontano”, no?
NICCOLO’ KOENIG
redazionale