«Io non mi cancello». È lo slogan contro la Cassa Forense lanciato dalla «Mobilitazione Generale degli avvocati» (Mga). La battaglia dell’associazione che raccoglie gli avvocati a partita Iva con reddito basso e medio basso sta dilagando su twitter e facebook
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«Io non mi cancello». È lo slogan contro la Cassa Forense lanciato dalla «Mobilitazione Generale degli avvocati» (Mga). La battaglia dell’associazione che raccoglie gli avvocati a partita Iva con reddito basso e medio basso sta dilagando su twitter e facebook. Centinaia di avvocati stanno postando un «selfie» con lo slogan e il cancelletto per ribadire la loro resistenza alla pressione contributiva e previdenziale impossibile da sostenere in un momento di crisi violentissima.
Il rifiuto di pagare i contributi alla cassa dell’ordine professionale può costare la cancellazione anche dall’albo. Ma loro non intendono fermarsi e sollecitano un intervento radicale contro le diseguaglianze. C’è chi ha postato un selfie da un reparto di emodialisi. Chi fa sapere che la cassa forense non copre l’acquisto di farmaci molto costosi per combattere il cancro. Una situazione molto diffusa tra i freelance che si ammalano gravemente e non vengono coperti dall’Inps, come dimostra la coraggiosa battaglia di Daniela Fregosi, socia di Acta a Grosseto. I cartelli degli avvocati più giovani sono pieni di speranza, ma purtroppo devono fare i conti con una realtà che li vuole espellere.
«La legge professionale forense è stata concepita per escludere e non per includere» sostiene Valentina Restaino di Mga. Questa situazione coinvolge due categorie dell’avvocatura: gli avvocati a reddito basso con più di 35 anni, iscritti alla cassa forense, che devono pagare poco più di 3800 euro all’anno divisibili in quattro rate. In alcuni casi, questa cifra corrisponde al reddito di un anno. Poi c’è chi ha una trentina d’anni e ha un regime agevolato di cinque anni da 900 euro all’anno. A fronte di un reddito zero, o quasi, molti di loro non ce la fanno. È un’immagine diversa da quella tradizionale del professionista, appartenente al ceto medio. Da una parte ci sono i poveri, o gli incapienti, dall’altra parte gli avvocati «ricchi», le «partite iva affluenti», che pagano in proporzione con quanto guadagnano con il regime retributivo e avranno pensioni altissime.
La proposta di Mga è passare a regime contributivo, eliminare i minimi e per chi è in pensione deve cancellarsi dall’albo e non svolgere più la professione.
ROBERTO CICCARELLI
da il manifesto