Al di là della valanga di buone intenzioni per il 2015, per quanto riguarda la dura realtà della situazione economica è girato in questi giorni il Rapporto Giovani 2014 promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica. Si tratta di una sorta di sondaggio sulla condizione dei giovani in Italia. Ci sono numeri da far rabbrividire. Una realtà del tutto lontana dalle analisi di “lor signori”. E come poteva essere altrimenti?
Innanzitutto, oltre il 70% ritiene di avere poca o per nulla fiducia che l’Italia nei prossimi tre anni (2015-2018) riuscirà a tornare a crescere sul livello degli altri paesi sviluppati. La ricerca, realizzata con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, è stata elaborata a partire da un panel di 5000 persone tra i 19 e i 32 anni rappresentativo a livello nazionale.Un campione, quindi, che è almeno quattro volte lo standard utilizzato nei sondaggi telefonici.
Nel contesto attuale il 70% dei giovani vede il domani pieno di rischi ed incognite. Disoccupazione e impieghi precari spingono sempre di più i giovani ad essere concreti e pragmatici. E’ così che il 75,7 % (80% dei giovani al Sud – 71,4% al Nord) rinuncia a programmare il proprio futuro per affrontare le difficoltà del presente. Se nel 2012 il lavoro era ancora considerato più un luogo di autorealizzazione che un mezzo per procurarsi reddito, ora, la situazione è completamente capovolta. L’obiettivo primario è quello di trovare un’occupazione retribuita rinviando nel medio-lungo periodo la propria realizzazione personale. Il 70% pensa sarebbe più giusto arrivare a percepire a 35 anni tra i 1000 e i 2000 euro mensili, ma oltre la metà dei rispondenti teme che non riuscirà ad andar oltre i 1500.
Secondo quanto emerso, i giovani vedono le proprie capacità e intraprendenze indissolubilmente frenate dai limiti del sistema paese e dalle carenze della politica finora incapace di rimettere le nuove generazioni al centro della crescita. Inoltre, si legge, i giovani italiani sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro in Italia e sempre più disponibili a guardare fuori confine. Oltre l’85% degli intervistati (19-32 anni) è convinto, infatti, che in Italia siano scarse o limitate le opportunità lavorative legate alle proprie competenze professionali. Nel rapporto si legge come la principale causa della disoccupazione sia attribuita dal 37,3% dei giovani ai limiti dell’offerta del mercato del lavoro, considerata sia ridotta come quantità sia bassa come qualità, a cui va aggiunta una mancanza d’investimenti in ricerca e sviluppo. Il 20,9% ritiene che si debbano migliorare meccanismi di reclutamento, legati a regole troppo rigide e lontani dalla meritocrazia. Solo il 19,2% attribuisce ogni causa alla crisi economica, mentre il 17,4% è autocritico: a loro avviso i giovani non trovano lavoro per via della poca esperienza (15,3%), di una scarsa formazione e dalla difficoltà ad accettare alcuni tipi di lavori.
Le difficoltà a trovare un lavoro hanno intaccato nei giovani non solo la fiducia nelle istituzioni, ma hanno anche ridotto il senso di appartenenza sociale, portando i giovani a rifugiarsi nella rete parentale più ristretta al punto che solo il 35% circa ritiene che la maggior parte delle persone sia degna di fiducia. Un alto grado di fiducia viene riposto unicamente nei famigliari e negli amici: l’80% dei giovani si ritiene infatti soddisfatto dei propri rapporti.
FABIO SEBASTIANI
da Contro la crisi