Syriza, un referendum sull’austerity

07desk1apertura-reutersOggi Ale­xis Tsi­pras farà le dichia­ra­zioni pro­gram­ma­ti­che del suo governo di fronte al Par­la­mento greco. Non si atten­dono sor­prese. La posi­zione di Atene è chiara: Syriza è stata eletta per dire un chiaro e sonoro no alle poli­ti­che di auste­rità ed è quello che sta facendo e con­ti­nuerà a fare. Escluso quindi qual­siasi ritorno al pas­sato, Atene è pronta a discu­tere con Bru­xel­les tutto il resto: come evi­tare che l’incredibile debito greco (176% del Pil) affossi ogni ten­ta­tivo di ripresa economica.

Tro­vare una solu­zione nell’interesse stesso dei cre­di­tori. Sarà que­sta la posi­zione con cui Varou­fa­kis si recherà all’eurogruppo e sarà la posi­zione di Tsi­pras al Con­si­glio Europeo.Finora Atene ha incas­sato rispo­ste vaghe da Parigi e Lon­dra e un rifiuto deciso da parte di Ber­lino. In sostanza, il governo tede­sco pre­fe­ri­sce igno­rare il fatto che si trova, per sua sfor­tuna, di fronte a un nuovo inter­lo­cu­tore e si com­porta come se alle ele­zioni non fosse suc­cesso niente. Unico argo­mento prin­cipe: pacta sunt ser­vanda. Ma non è per nulla chiaro a quali patti i tede­schi si rife­ri­scano: se sono i trat­tati di Maa­stri­cht, è la stessa Ue che li ha strac­ciati, gon­fiando, gra­zie alla sua poli­tica, il debito di Atene ben oltre i limiti defi­niti. Evi­den­te­mente, quindi, non sono i patti fon­da­tivi della moneta unica quelli che inte­res­sano a Ber­lino: è la maniera in cui que­sti para­me­tri saranno rag­giunti. Secondo il buon Schäu­ble, non c’è altra solu­zione che con­ti­nuare la stessa iden­tica poli­tica fal­li­men­tare. Punto e a capo. E se qual­cuno invoca il buon­senso, ecco che il mini­stro tede­sco parla di «ricatto».

Si può obiet­tare: è tutto vero, il vero pro­blema dell’eurozona non è la Gre­cia ma la Ger­ma­nia, in balia di peri­co­losi deliri di onni­po­tenza. Ma forse non basta una robu­sta inie­zione di senso di realtà per risol­vere i pro­blemi. Chi ha letto «I Son­nam­buli» di Chri­sto­pher Clark sa cosa è suc­cesso con la Grande Guerra, che ci si può avviare verso la cata­strofe incon­sa­pe­vol­mente, senza tenere in conto le con­se­guenze delle pro­prie mosse.

Ovvia­mente, tutti ci augu­riamo che alla fine sarà la ragio­ne­vo­lezza a pre­va­lere e che si tro­verà la maniera di otte­nere un com­pro­messo. Con­di­zione essen­ziale del quale sarà la fine dell’austerità e l’adozione di una poli­tica di svi­luppo. Nella sostanza, una scon­fitta delle ricette neoliberiste.

Ed è esat­ta­mente que­sto che Ber­lino e i gran sacer­doti di Bru­xel­les temono. Sanno che un’ammissione, sep­pure impli­cita, del loro fal­li­mento nel caso greco aprirà la diga e darà voce anche a tutti coloro – e sono la mag­gio­ranza in Europa — che finora hanno obbe­dito solo per paura.

Di tutto que­sto in Gre­cia c’è piena con­sa­pe­vo­lezza. In un recen­tis­simo son­dag­gio il 72% degli inter­ro­gati ha dichia­rato che il governo fa bene a scon­trarsi con i part­ner euro­pei. Lo si è visto gio­vedì a piazza Syn­tagma dove non c’erano solo mili­tanti di Syriza ma anche elet­tori di altre for­ma­zioni, dove non sven­to­la­vano ves­silli rossi ma quasi sola­mente ban­diere gre­che. Nes­sun assalto alle ban­che, nes­sun panico nei supermercati.

La gente con­serva la spe­ranza e si sente orgo­gliosa che la sua voce si senta in Europa. Le forze di oppo­si­zione ne ten­gono conto e abbas­sano i toni.

Qual­che espo­nente con­ser­va­tore si è lasciato per­fino andare a dichia­ra­zioni di soste­gno verso il governo. Ma sono prese di posi­zione indi­vi­duali: l’ex pre­mier Sama­ras punta tutto sull’ipotesi della «paren­tesi di sini­stra», sul fal­li­mento di Tsi­pras e il rapido ritorno al pas­sato. È del tutto isolato.

Tsi­pras non andrà in Europa armato solo di buon senso e di spi­rito costrut­tivo. Ha dalla sua alcune armi «segrete» ma ben note agli addetti ai lavori. Oltre alla minac­cia reale di un’enorme implo­sione dell’eurozona nel caso di espul­sione della Gre­cia, rimane anche quella del refe­ren­dum. In cui la domanda non sarà se si vuole rima­nere o no nell’eurozona (come ipo­tiz­zava a suo tempo Papan­dreou) ma se si è d’accordo o no con la poli­tica di auste­rità. Uffi­cial­mente il refe­ren­dum non è citato nel pro­gramma di Syriza ma alcuni suoi espo­nenti ne hanno parlato.

Rimane infine l’arma estrema: un accordo con Mosca. Che può avere diverse forme: dal sem­plice pre­stito a con­di­zioni van­tag­giose (lo ottenne l’ex pre­si­dente comu­ni­sta di Cipro) fino alla piena alleanza poli­tica e mili­tare. Sarebbe l’abbandono dell’odiata Nato l’alleanza inu­tile, visto che siste­ma­ti­ca­mente favo­ri­sce l’aggressività turca. Die­tro all’interesse del pre­si­dente Obama verso il governo di sini­stra greco c’è anche que­sta con­si­de­ra­zione. Washing­ton è già insof­fe­rente verso la Ger­ma­nia e la sua poli­tica eco­no­mica, non può certo sop­por­tare che l’ottusità di Ber­lino pro­vo­chi la disgre­ga­zione delle alleanze nel Mediterraneo.

Certo, lo abbiamo detto, è un’ipotesi estrema, una carta che pro­ba­bil­mente non biso­gnerà mai gio­care. Ma è utile tenere pre­sente che esi­ste. Per non sot­to­va­lu­tare l’interlocutore greco.

DIMITRI DELIOLANES

da il manifesto

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