Alla fine ha vinto “l’acqua santa”. La laicità fa un passo indietro a Bologna. Con una delibera giunta in serata, l’Istituto Comprensivo 20 di Bologna (due scuole primarie ed una secondaria) avrà la sua acqua santa, avrà le sue benedizioni. Dopo una lunga discussione accesa, il consiglio d’Istituto guidato dalla dirigente, nonché consigliera comunale PD, Daniela Turci da il via libera a larga maggioranza all’ingresso dei parroci locali negli edifici scolastici per le benedizioni pasquali.
Chi conosce Bologna sa bene che sì, questa città è da sempre percorsa da forti mobilitazioni e prese di parola “laiche”, ma che nella sua intima anima ha un rapporto plurisecolare con le istituzioni religiose, con lo Stato Pontificio che, non a caso, la elesse come seconda città per importanza dopo Roma. Chi conosce bene il territorio dell’Istituto Comprensivo 20 non farà fatica a notarlo come il più a destra della città, unico quartiere “governato” infatti dalla ex NCD Giorgetti.
Non stupisce quindi la scelta di accettare la “generosa” offerta delle parrocchie del quartiere, indigna però la creazione di questo precedente, indignano le motivazioni addotte per sostenerlo. Non solo il consiglio d’Istituto schiva la sentenza 250/93 del TAR Emiliano che sancì l’illegittimità dello svolgimento di pratiche religiose a scuola (ritendendole “un’attività del tutto estranea alla scuola e alle sue attività istituzionali”), produce un lungo dibattito in cui riemergono prepotentemente le solite recriminazioni che un certo mondo cattolico “sotto attacco” è solito fare. Nell’aula adibita a consiglio è andata in onda la solita sequela di luoghi comuni: “il valore culturale delle benedizioni”, “abbiamo radici cristiane”, “non chiudiamo al territorio (cioè alle parrocchie)”, “se fosse venuta questa richiesta da un Imam ci sarebbero state reazioni opposte alla denuncia”, “la laicità non è azzeramento” e l’immancabile “questo laicismo è intollerante”.
C’è chi resiste però in questo consiglio e a più riprese rende giustizia all’impegno costituzionale dell’essere un’insegnante di tutti e di tutte, per tutti e per tutte. Monica Fontanelli, la docente che nei giorni scorsi ha portato all’attenzione della cittadinanza e dei media la questione, argomenta con passione la sua contrarietà a questa proposta, interviene a più riprese e, con parole semplici e buon senso da educatrice, dimostra di conoscere meglio di altri ed altre la Costituzione e la sua natura laica, la missione di un’insegnante. Nella sua “lezione” di laicità ed interculturalismo ha rappresentato quell’altra Bologna, chi come me era presente non ha potuto non notarlo.
Finisce 13 a 2, l’acqua santa vince anche con i voti di due RSU, una delle quali CGIL. La direttrice dell’Istituto Comprensivo 20, la consigliera comunale PD, non partecipa alla votazione (cosa che, ad onor del vero, non è inconsueta del suo ruolo), ma è legittimo chiedersi a questo punto quale sia l’opinione del Partito Democratico Bolognese, l’opinione, tocca sottolinearlo, dello stesso partito che si è fatto gioco del risultato referendario che interessava il mondo della scuola.
Monica ed i suoi colleghi laici già promettono battaglia, nella sua dichiarazione di voto messa a verbale si appella alla cittadinanza attiva ed organizzata affinché ci sia mobilitazione ed interesse collettivo su quanto succede nel suo istituto.
Staremo a vedere, è certa una convinzione in chi scrive ed in chi continuerà questa battaglia dentro e fuori le aule: anche i figli di un quartiere “parrocchiale” hanno diritto ad un’Istruzione e ad un ambiente educativo libero, laico, per tutti e per tutte.
SIMONE GIMONA
Giovani Comuniste/i – Bologna
10 febbraio 2015