Cinque anni e otto mesi, giorno più giorno meno. Tanto è il tempo passato da quando a Pomezia ci lasciammo, al termine della quarta conferenza nazionale delle/dei Giovani Comuniste/i con tre parole d’ordine: Unità, radicamento, conflitto.
La storia degli ultimi anni, ci ha purtroppo raccontato di come gran parte delle parole d’ordine e delle speranze che erano state qui riposte sono state tradite. All’unità delle lotte, chiesta a gran voce, venne sostituita l’unità burocratica di vertice, ovviamente sempre alla nostra destra; al posto del radicameto sociale, il politicismo più esasperato di un mondo ovattato fatto più di salotti che di scuole, quartieri, spazi sociali; quanto al conflitto, abbandonato quello sociale, è rimasto solo quello tra gruppi dirigenti. Tutto ciò, in una situazione favorevole, ci ha ridotti ai minimi termini.
Per questo, noi oggi proponiamo un nuovo metodo di discussione, che come è stato ampiamente scritto, parte dal merito dei contenuti e non da un conflitto lacerante tra correnti, correntine, cordate e individui, ma mira alla ricostruzione di un “noi” colletivo.
Per questo, per ripartire, è necessaria una forte autocritica di quanto avvenuto finora, affinché non si ripetano gli errori dettati dall’opportunismo dei gruppi dirigenti, quando non alla loro svendita al nemico di classe (come anche in questa organizzazione è avvenuto). Da qui la necessità dell’emendamento sostitutivo al primo paragrafo del preambolo, ritenuto troppo generico ed autoassolutorio. Non per rinfacciarsi gli errori fatti, ma per capire come evitarli in futuro, fiduciosi ovviamente della completa buona fede di chi, nonostante tutto, è ancora qua: Milleseicento e passa compagni in carne ed ossa, ciascuno protagonista di lotte sociali sul proprio territorio e a livello nazionale, sovente con la responsabilità di portare avanti anche un partito che non sta messo molto meglio della sua giovanile.
Resistenti, intelligenti, determinati, come nella migliore tradizione dei Giovani Comunisti di questo paese.
Con questa conferenza abbiamo la pretesa di non limitarci ad un ruolo di difesa delle nostre posizioni contro una delle peggiori offensive mai sferrate dal capitale, ma di passare all’attacco per riappropriarci di quanto ogni giorno viene sempre più sottratto alla nostra generazione per arricchire le tasche dei padroni e dei loro referenti politici.
Ma la strada da fare è lunga e piena di ostacoli; e potremo percorrerla solo se saremo capaci di rifondare una organizzazione capace di fare il miglior uso possibile degli strumenti di lettura della realtà e di demistificazione dell’ideologia dominante che il pensiero marxista-leninista tutta la ricchissima produzione analitica del movimento operaio internazionale ci ha messo a disposizione.
Perché non siamo semplici ribelli riconducibili alla ragione di un ordine costituito che sfrutta il lavoro e precarizza le vite: Siamo giovani rivoluzionari capaci di squarciare il velo di propaganda sapientemente costituito dai nostri oppressori, per delineare una strategia di rovesciamento del modo di produzione capitalistico, delle sue istituzioni solo apparentemente inamovibili, dei suoi comitati di affari prezzolati e di costruzione della futura umanità: il comunismo.
Ecco il perché degli emendamenti integrativi e sostitutivi in coda al preambolo: i GC devono rendersi consapevoli che l’attuale ordine economico e istituzionale, con particolare riferimento alla UE e alla NATO, è una gabbia elettrificata funzionale alla repressione spietata e violenta di qualunque tentativo di insubordinazione. Solo adoperandosi per l’unità della classe lavoratrice e delle sue avanguardie, sarà possibile romperla. E anche così, non sarà facile.
Per prima cosa occorre quindi ricostruire i legami e le relazioni che ci fanno sentire legati l’uno all’altro, e di condividere il medesimi destini. Occorre ricostruire il senso della parola compagni, troppo spesso abusata o trasformata in semplice macchietta: Occorre che tutti quanti sentiamo sulle nostre spalle il destino di questa nostra impresa collettiva e che ne condividiamo il più possibile le decisioni attraverso il metodo della sintesi. Fisiologicamente esisteranno sempre posizioni maggioritarie e minoritarie nell’organizzazione, ma è fondamentale che nella formulazione delle posizioni politiche collettive, da portare avanti ad ogni livello, si tenga conto dell’opinione di tutti, anche e soprattutto di chi dissente. Con l’emendamento integrativo al primo paragrafo della Tesi n°1 intendiamo porre fine all’epoca delle decisioni prese a colpi di maggioranza, con la scusante che tanto poi ciascuno fa di testa propria ad ogni livello. A partire da tale presupposto, la logica conseguenza è che i gruppi dirigenti vanno scelti in base alla capacità di creare mobilitazione e conflitto sociale, non per cooptazione come avvenuto in passato. Gli ultimi emendamenti integrativi al paragrafo sull’organizzazione vanno infine a toccare due temi molto delicati: il rapporto tra giovanile e partito e la democrazia interna.
Qualche anno fa, l’incipit di un libretto costruito collettivamente dal movimento studentesco dell’onda (L’esercito del Surf, DeriveApprodi) recitava:
<< Lo studente è oggi in Italia, dopo rom e rumeni, la categoria sociale più generalmente disprezzata. Sia che faccia quello che dovrebbe fare, andare a scuola o all’università, sia che faccia altro, lavorare o andare a divertirsi, la categoria sociale dello studente (meglio conosciuta come «i giovani») è da alcuni semplicemente compatita e dai più apertamente temuta.>>
Dobbiamo essere consapevoli che già essere qua è stato un atto politico controcorrente. Compiuto deliberatamente contro chi, inconsciamente reazionario, da decenni va ripetendo che i GC andrebbero sciolti in nome di un presunto spirito di partito che poi nei fatti si riduce ad un appiattimento rispetto alla vulgata dominante che vede nella gioventù un pericolo e non un arricchimento. E’ triste quando questo pensiero, si diffonde purtroppo anche tra gli stessi giovani.
Detto questo, una giovanile comunista ha ragione di esistere quando produce elaborazione politica autonoma e in scambio proficuo con il proprio partito (da qui l’importanza della tessera dei GC come “doppia tessera”, alla giovanile e al partito) e quando adotta metodi di funzionamento interni volti ad assicurare la massima partecipazione possibile. Per questo sì, con la massima fiducia per i compagni che andremo a eleggere negli organismi dirigenti, è bene adottare un metodo che permetta in maniera veloce ed efficace una rapida consultazione del corpo militante della nostra organizzazione.
Il senso degli emendamenti nei paragrafi su lavoro e scuola, è altresì legato a doppio filo ad una lettura di classe aggiornata ai rapporti di produzione e di dominio che si configurano nella società di oggi, come già avviene nel documento non emendato relativamente all’analisi sulla figura dell’imprenditore totale. I GC non si devono vergognare, di fronte alla recrudescenza di questa crisi e dei suoi effetti, di ricominciare a parlare di riappropriazione del salario e di tutte quelle forme di reddito che ne costituiscono la componente indiretta. La nostra peculiarità sta nel fatto che siamo consapevoli che in ciò non c’è nulla di spontaneo, e che nulla ci verrà regalato senza un lavoro minuzioso di ricomposizione della nostra classe di riferimento su una piattaforma avanzata.
Da qui nasce l’esigenza di dotarsi di una associazione studentesca nazionale, capace di costruire un fronte di mobilitazione avanzato in scuole e università trasversalmente alle situazioni spesso ingessate che troviamo, e di costruire un rapporto privilegiato con i settori più avanzati del sindacalismo di questo paese, in un ottica di fronte e rivolgendosi direttamente ai lavoratori.
Giusta o sbagliata che fosse, è finita l’epoca del sindacato che prendeva ordini dal partito, ma fortunatamente è finita anche l’epoca del partito che prendeva ordini dagli apparati sindacali.
Occorre costruire una relazione stabile e duratura tra l’organizzazione comunista, che si muove secondo una propria ben definita piattaforma, e le punte più avanzate della nostra classe, così come scritto anche nell’emendamento al paragrafo relativo alle pratiche sociali.
Noto con piacere che nel documento nazionale, il paragrafo sull’ambiente e la difesa del territorio è immediatamente dopo quello sulle pratiche sociali. Negli ultimi anni, grazie anche ai nostri compagni, si è andata rompendo la retorica degli “angeli del fango” durante le calamità naturali: si sono invece viste quelle stesse persone che quotidianamente denunciano la speculazione e la rapina del territorio, criminalizzati dal potere e dai suoi organi di propaganda, attivarsi praticamente per aiutare gli abitanti dei territori colpiti a resistere ai danni terribili che quelle politiche hanno causato. Poco c’è da dire qua, se non che gli emendamenti rendono più “pragmatico” il documento nazionale, in un ottica di formazione di militanti che sappiano spiegare al popolo le alternative che concretamente esistono al saccheggio industrialista del territorio e non limitarsi ad un ambientalismo idealistico quanto inutile.
Infine veniamo alle questioni internazionali. Riprendendo quanto scritto nel paragrafo introduttivo, gli emendamenti affinano l’analisi del quadro internazionale e propongono una lettura alternativa della vicenda greca e della situazione in cui ci muoviamo. Per riassumerla, visto che mi sono dilungato anche troppo, direi che si tratta di non limitarsi a dire quanto brutta e cattiva è la Troika, ma di dotarsi di una tattica e di una strategia per fronteggiarla. Di capire che rompere la gabbia dell’Unione Europea oggi è il primo passo per mettere in discussione l’ordine economico imperialista su cui si fonda il mondo, perché noi comunisti ancora pensiamo che il mondo vada cambiato.
NICOLO’ MARTINELLI
GC Versilia
Delegato alla V conferenza nazionale delle/dei Giovani Comuniste/i
ottobre 2015