Un anno fa insieme ad altre\i compagne\i Giovani Comuniste\i sottoscrivemmo un documento per dare una scossa e un risveglio per lanciare questa conferenza e per chiedere un cambio di passo rispetto rispetto alla metodologia insana e correntizia in cui i Giovani Comunisti erano caduti.
Questo documento ci portò ad un attivo dei Giovani Comunisti nel Dicembre 2014 di carattere nazionale aperto a tutte e tutti le\gli iscritte\i. Durante questo incontro ci lasciammo con l’idea di un unico documento a tesi emendabili, con l’obiettivo di fare collettivo per permettere una ricompattazione frammentata della nostra giovanile.
Purtroppo l’attivo divenne ostaggio delle stesse modalità di conta e correntizie da parte di alcuni sottoscriventi il documento che aveva portato a questa interessante esperienza ricca di potenzialità inespressa (Firmata in maniera alfabetica e che vedeva il suo primo passaggio di attuazione nell’ organismo del Comitato Politico Nazionale).
Quel documento nato con sane intenzioni si è visto snaturare dal contesto d’origine tramutandosi di fatto in una corrente o cordata. Ecco da dove sono nati gli emendamenti.
Credo che sia un operazione di depistaggio (al quanto goffa e maldestra) quella di voler far credere che essi siano nati e fatti sottoscrivere in nome della “falsa” democrazia interna e per un congresso che sia di “mera ratifica” in quanto:
- Era palese una chiara regia
- Il documento unitario, prevedeva in maniera democratica la possibilità ad alcuni emendatari presenti nella commissione di stesura di poter portare le loro tesi e di attuarle all’interno del documento
Per questo gli emendamenti sono di fatto la riproposizione di un modello, quello che nei fatti ha caratterizzato la passata gestione e che probabilmente ci farebbero ripiombare nelle stesse dinamiche di cooptazione e di stallo, in quanto quegli emendamenti si pongono all’antitesi del documento e minano la nostra azione politica.
Emendamenti che sono agli antipodi della linea politica del nostro partito che da anni pratichiamo sui nostri territori, che vedono una forte regressione culturale facendoci ripiombare agli anni cinquanta su temi in cui la sinistra comunista europea è oltre ed ha scardinato determinati tabù. Infine vedono la loro “degna” conclusione nell’emendamento aggiuntivo alla tesi 1 – organizzazione, in cui le sorti della giovanile (fino allo scioglimento) vengono affidate nelle mani del “Coordinatore” Nazionale (o i due portavoce) e dal coordinamento nazionale. Tesi che vengono avvalorate (nonostante si richiami a una consultazione degli iscritti) dall’ emendamento aggiuntivo alla tesi 1 – organizzazione – e da – emendamento integrazione alla tesi 1 – organizzazione.
Effettuato questo passo indietro, ora ripartiamo!
Ripartiamo dai grandi temi di opinione per costruire consenso e interesse intorno la nostra organizzazione, inventandoci un nuovo linguaggio che trovi una giusta connessione con le esperienze e le sperimentazioni del passato declinandole in un presente in cui è forte una frammentazione sociale in cui l’individualismo è dilagante.
Da Giovani Comuniste\i, militanti siamo soggetti anche noi a tale frammentazione, ma abbiamo il compito di porci con sano protagonismo collettivo al centro del dibattito politico, usando come strumento (di rovesciamento del tavolo) quello del utilizzo di soggettività individuali messi al servizio della nostra collettività politica. Compito dei/delle giovani comunisti/e dovrà quindi essere quello di partecipare ai movimenti e ai conflitti, ma anche e soprattutto, specialmente in un momento di “reflusso” del movimento come l’attuale, contribuire alla loro costruzione. Riuscendo nella diversità e nella condivisione ad arricchire ed arricchirsi, senza chiudersi dietro fantomatiche posizioni radicali ideologiche che sfociano nel settarismo becero (enunciazione del conflitto).
Rimettiamo al centro la persona, con i suo diritti e i suoi sogni e bisogni! Diritti sogni e bisogni che si intrecciano nelle necessità di un individuo specialmente nel nostro sud, che vede un tasso di disoccupazione giovanile del 66% (sul dato nazionale del 44%) e che trova la sua risoluzione parziale nel’ emigrazione non solo di conoscenza e saperi ma anche e soprattutto di potenziali lavoratori specializzati e nel lavoro nero occasionale o “fisso”. Una nuova vecchia questione meridionale che va collegata con il diritto all’esistenza. Un esistenza costretta a fare i conti non solo con la mancanza di una politica occupazionale che punti sulle peculiarità del territorio e delle sue bellezze artistiche e storiche con una revisitazione di un mercato del lavoro sempre più precario e senza diritti, ma anche e soprattutto con la questione biocidio, la gestione dei rifiuti, la riconversione ambientale e le trivellazioni. Temi che stanno scrivendo una nuova pagina della questione meridionale, un nuovo alfabeto di lotta e partecipazione. Che non vede più nel binomio capitale-lavoro la sua chiave di lettura meridionale ma nel binomio Capitale – Vita. La ripresa dei temi come la salvaguardia del territorio, l’inquinamento industriale, la riconversione ecologica.
Partendo da noi, abbiamo il faticoso compito di tagliare con quel retaggio che vede nella figura dell’istituzionale la soluzione ai problemi del partito. Quella figura è uno strumento in più, che permetterebbe di portare negli organi decisionali le dinamiche e le rivendicazioni di piazza, ma abbiamo bisogno di riapropiarci di vecchie pratiche di partecipazione diretta o azioni da costruire riuscendo a dare un impatto di immagine capace di rompere con il grigio paesaggio sociale della passività per parlare di temi sensibili in ambito locale, provinciale, regionale, nazionale.
Non possiamo non tener conto in questa fase di come l’impoverimento generale e la scomparsa della classe media, debbano essere per la costruzione di un ragionamento collettivo un tassello fondamentale nel passaggio della pratica del partito sociale. Bisogna una rottura netta con la visione della funzione novecentesca delle nostre sedi. Queste devono racchiudere una pratica dinamica, accompagna con omogeneità sul territorio nazionale nella proposizione di mercatini del libro usato per rispondere al caro libri, nella risposta a una mancanza di spazi in punti di ritrovo come ad esempio aule studio, spazi culturali con momenti di formazione su tematiche di opinione o con la costruzione di biblioteche popolari tramite il booksharing e forme di mutualismo sociale. Permettendo agli usufruenti una forma protagonismo autorgestione.
Ripartiamo con la consapevolezza che la nostra non sarebbe stata, una conferenza di “mera ratifica” senza gli emendamenti.
Ripartiamo con la scelta di campo di votare il documento unitario per evitare che il nostro lavoro di coerenza partendo dai territori non venga messo in discussione e stravolto.
Ripartiamo da questa consapevolezza, nell’affrontare questo momento, quello della nostra conferenza, vivendola come deve essere, ovvero come un momento intimo sapendo chi siamo e sapendo dove vogliamo andare.
-La verità è un atto rivoluzionario- A. Gramsci
NICOLA COMANZO
Giovani Comuniste\i – Salerno
15 ottobre 2015