parto con un auspicio: mi auguro davvero che questa conferenza possa essere un’occasione importante di rilancio della nostra organizzazione giovanile e che questa possa essere da stimolo per una ripartenza anche per l’intero Partito.
Siamo una comunità resistente. Non voglio anteporre l’interesse verso il mezzo rispetto a quello dei fini, tuttavia penso che dobbiamo avere profonda cura di noi e di questa nostra comunità, tanto rissosa e scapestrata a volte, quanto preziosa e necessaria, per chiunque, nel nostro paese, non abbia rinunciato al progetto di una rifondazione comunista e alla prospettiva del socialismo del XXI secolo.
La nostra è una comunità preziosa, proprio ancora ricca di un patrimonio di militanti diffuso su tutto il territorio che fa politica con passione e con capacità, do tempo, energie e spesso soldi di tasca propria. La nostra è una comunità preziosa proprio perché, al di là dei nostri limiti, delle tante difficoltà, siamo ancora in grado di produrre organizzazione, controinformazione e critica del pensiero unico neoliberista, siamo ancora in grado di seguire e produrre vertenze nei nostri territori, siamo ancora in grado di essere presenti nelle lotte e nelle situazioni di conflitto. Ed è questo che dobbiamo cercare di continuare a fare e a farlo sempre meglio.
D’altra parte, però, penso che non possiamo in alcun modo nasconderci il fatto che questa sia una fase, per noi, così come più in generale per la sinistra antiliberista e anticapitalista in Italia, di profonda difficoltà.
Al netto dei nostri errori (che non vanno sottovalutati ma senza dubbio analizzati e approfonditi) penso che tenere insieme una comunità politica come la nostra non sia stata e non sia un’operazione semplice e scontata. A maggior ragione se analizziamo il contesto nel quale viviamo e facciamo politica, segnato, come sottolinea bene il documento della conferenza, da una atomizzazione della vita in società, da una frantumazione del mondo del lavoro, da una crisi drammatica di partecipazione, sfiducia verso la possibilità di incidere nella realtà attraverso un’azione collettiva organizzata, disillusione a fronte delle tante sconfitte subite… La storia non è certo finita ma è indubbio che dagli anni ottanta in poi l’avanzata egemonica delle destre liberiste, variamente collocate, abbia seriamente minato quel tessuto sociale, sindacale e politico costruito in decenni di lotte studentesche, operaie e contadine nel nostro paese e non solo.
Lo dico chiaramente, a fronte di queste spinte disgregatrici, penso sia fondamentale rilanciare la nostra giovanile, il partito tutto, ma penso anche che non sia più rinviabile promuovere parallelamente un processo di ricomposizione della sinistra antiliberista e anticapitalista, tanto diffusa quanto frantumata, in grado di rimettere in campo una risposta collettiva, organizzata, ampia e forte, all’altezza del brutale attacco sferrato dall’elites economiche e finanziarie ai danni dei lavoratori. Penso che il nostro partito debba essere protagonista e animatore di questo processo di ricomposizione, senza nessuna volontà liquidatoria ma con la consapevolezza di quanto la drammaticità della situazione richieda un nuovo slancio unitario. Un’unità che non produca esclusivamente collaborazione di gruppi dirigenti ma che sia in grado di riattivare realmente partecipazione di lavoratori e studenti e possa contribuire a dare forza alle lotte e nuova incisività al nostro stesso agire politico. Mi rendo conto che questo processo ha in sé pericoli, ostacoli ed elementi problematici e so che su questo tema c’è molto dibattito anche all’interno della nostra giovanile e con piacere ci confronteremo ancora una volta anche su questo.
Tornando a noi. Non vi nascondo alcune perplessità riscontrate in questo percorso congressuale. Veniamo da anni difficili e travagliati, di certo forti sono le responsabilità del gruppo dirigente ma, francamente il tiro al dirigente è uno sport che non mi ha mai affascinato e che rischia di essere poco utile se porta a rimuovere le cause reali e profonde dei nostri errori, individuando facili capri espiatori, creando l’illusione che un cambio di gruppo dirigente sia un’operazione di per sé salvifica, in un contesto complesso come quello attuale.
Piuttosto penso dovremmo fare i conti soprattutto con le nostre responsabilità collettive, impegnarci per individuare e per risolvere alcuni degli elementi critici che condizionano e hanno condizionato il nostro agire, il nostro modo di far politica, per sperimentare nuove pratiche, nuove strade, per discutere in maniera approfondita la nostra linea politica, cercando il più possibile una condivisione democratica dei processi e facendo sintesi tra le varie posizioni.
Per tutte queste ragioni, a maggior ragione da parte di chi invoca il ritorno al centralismo democratico, mi auguro che possa diventare prassi condivisa quella di evitare inutili e masochistiche campagne denigratorie in pubblico, in particolare sui social network. Frecciatine, sfottò, accuse più o meno dirette a questa/o o quel/la compagno/a, veri e propri sfoghi deliranti, caccia al nemico interno, trattato come il traditore di turno, colpevole, spesso, di avere espresso nient’altro che la propria opinione. Penso che non possa mai venir meno il rispetto reciproco, le minime norme di civile convivenza, la capacità di camminare insieme pur nella differenza di alcune posizioni. Differenze che se messe a valore, non fanno altro che arricchirci. Poniamo davvero fine allo scontro cieco, asfittico e violento che purtroppo ha caratterizzato troppe volte la nostra dialettica interna, anche in questi ultimi giorni. Bisogna assomigliare alle parole che si dicono, sostiene Benni, per questo con le nostre pratiche, con il nostro agire quotidiano, dovremmo avere la capacità e l’intelligenza di fare in modo che quel mondo migliore che ci proponiamo di costruire inizi già dall’attenzione che dimostriamo nelle nostre relazioni interne. Incominciamo a cambiare anzitutto noi stessi.
Vengo ad un’ultima osservazione riguardo gli emendamenti. Come altri compagni, ho scelto di sottoscriverli in blocco senza alcuna volontà polemica, senza una condivisione dei contenuti politici, ma semplicemente perché ho considerato restrittivi i tempi necessari per la raccolta delle firme necessarie ad una loro presentazione. Penso che la presentazione di emendamenti fosse assolutamente legittima, soprattutto in questa conferenza del tutto particolare, che si tiene dopo anni di ritardi e difficoltà. Penso che fosse giusto che le voci critiche potessero esprimersi dando a ciascun/a compagno/a la possibilità di contribuire al nostro dibattito interno.
Dopodiché, venendo ai contenuti degli emendamenti stessi, non nascondo che non condivido diverse delle posizioni e delle parole d’ordine emerse, e per certi versi, rivedo in esse un approccio dogmatico che un po’ mi spaventa.
Proprio perché spero in un profondo rilancio della nostra organizzazione giovanile, penso che sia importante fare i conti con le nostre condizioni di difficoltà e di smarrimento, senza nasconderle dietro una corazza dogmatica. Questo non significa liquidare le nostre radici, rinunciare al nostro spirito di parte.
La ricerca della nostra identità di comunisti nel XXI secolo, penso che, soprattutto in una giovanile, debba portare ad interrogarsi, ad approfondire, a sperimentare e debba stimolare una continua ricerca ed un continuo dibattito. Non ci aiuterà in alcun modo una chiusura in un orizzonte settario nel quale riproporre formule magiche cristallizzate che, spesso, non tengono conto dell’evoluzione del dibattito fra marxisti e all’interno della sinistra anticapitalista degli ultimi decenni.
Il nostro Partito è sì un partito Comunista, ma conserva una propria specificità che voglio rivendicare con forza. La parola Rifondazione non è casuale, e ci parla della necessaria e costante ricerca, rielaborazione, riattualizzazione del progetto comunista, delle nostre rivendicazioni e parole d’ordine. Nessuna abiura ma anche nessun settarismo dunque.
L’idea di una rifondazione comunista (difficile, incompiuta, quanto mai necessaria) non deve essere messa in soffitta. La ricerca di un altro comunismo (consapevoli dei limiti, degli errori che hanno segnato la storia del socialismo reale), l’originalità del nostro percorso e l’apertura antidogmatica verso altre culture critiche della sinistra anticapitalista e antiliberista, elementi che hanno da sempre caratterizzato il nostro partito, penso debbano essere un nostro punto di forza da valorizzare ancora e profondamente anche dentro i GC.
Per queste ragioni penso sia indispensabile porsi l’obiettivo di costruire frequenti occasioni di approfondimento e dibattito politico in una giovanile dove per troppo tempo i compagni sono stati abbandonati all’autoformazione, nell’assenza di momenti di confronto e scambio di idee.
Per questo come GC di Parma, abbiamo proposto un ordine del giorno che prova ad avanzare una piccola proposta in merito e che considero utile riproporre anche qui:
“Proponiamo che la giovanile si impegni, con cadenza semestrale, ad organizzare una Scuola di formazione nazionale, estiva ed invernale, dei/delle Giovani Comuniste/i.
Pensiamo che questa possa essere un’importante occasione per consolidare l’interessante progetto formativo proposto nel documento.
Per lunghi anni, troppi, la nostra giovanile, ha vissuto della generosità e dell’improvvisazione dei compagni e delle compagne nei territori, in una condizione di isolamento e di scarsa interazione tra federazioni, vicine e lontane, spesso anche all’interno di una stessa Regione.
Pensiamo che un evento nazionale di questa portata possa contribuire a costruire migliori relazioni tra le varie federazioni, mettere in contatto compagni /e, dando la possibilità di affrontare con la giusta calma e serenità una necessaria quanto profonda e costante discussione politica, troppe volte limitata a qualche fugace e semplificativo scambio di battute su qualche social network o via mail.
Proponiamo il progetto di una Scuola di formazione nazionale, estiva ed invernale, delle/dei Giovani Comuniste/i, affinché possa diventare un appuntamento fisso nel quale affrontare temi di stringente attualità politica, temi formativi di carattere più generale (con particolare attenzione alle tematiche di interesse più strettamente giovanile), per dare voce a vertenze e lotte, dare spazio a dibattiti, seminari, convegni con realtà (specie giovanili) estere, europee ed extraeuropee.
Riteniamo che questo spazio fisico (e non virtuale) di dibattito costante e ampio che coinvolga tutta la giovanile possa dare un positivo contributo al rafforzamento di una nostra cultura politica condivisa e possa essere anche un’occasione di crescita, di visibilità e di stimolo per stringere relazioni con realtà politiche, di movimento e di lotta a noi vicine”
Per finire, vorrei solo riportare un punto di vista, una critica, quella che Pablo Iglesias di Podemos, rivolge ad alcuni militanti della sinistra anticapitalista spagnola (www.eunews.it/2015/05/29/pablo-iglesias-la-sinistra-puo-vincere/36228).
In questa mia segnalazione, ci tengo a chiarirlo, non vi è alcun intento polemico. Personalmente questa intervista, che probabilmente in tanti avete già letto, mi ha scosso e non poco, ma proprio per questo penso possa essere utile, perché, pur non condividendola in toto, può essere da stimolo alla nostra riflessione e discussione congressuale.
Sono convinto che, come giustamente sostiene lo stesso Iglesias, la strada non sia quella, certo, di ripetere le esperienze di altri paesi. Ovviamente la realtà del nostro paese ha sue profonde specificità e non mi convince l’idea che i nostri simboli, la nostra tradizione politica siano ferri vecchi da buttare, ma, al tempo stesso, alcune delle critiche avanzate da Iglesias, penso colgano nel segno e possono aiutarci ad analizzare adeguatamente ed eventualmente mettere in discussione alcune delle nostre pratiche, alcune nostre routine organizzative, il nostro linguaggio, e il nostro modo di fare politica e di agire all’interno dei movimenti e della società. Non possiamo davvero più permetterci di dire “la situazione non ci ha capiti”.
Oggi, 23 Ottobre, è l’anniversario di nascita di un grande comunista, nasceva Gianni Rodari, e in una sua poesia suggeriva ad un suo scolaro immaginario nel suo primo giorno di scuola: “Scrivi parole diritte e chiare: Amare, lottare, lavorare”. Vale anche per noi.
Buona conferenza a tutti noi! E’ ora di prendercela davvero questa Luna!
MARIO AMADEI
Giovani Comuniste/i – Parma
24 ottobre 2015