Si è conclusa la V Conferenza dei Giovani Comunisti. Per una volta possiamo dirci soddisfatti. La maggioranza delle delegate e dei delegati ha recepito convintamente una linea di discontinuità col passato, da esprimersi tanto nei contenuti quanto nelle pratiche e nel funzionamento della nostra Organizzazione. Che cosa è successo? Semplicemente, ci siamo decisi a smettere di far finta di nulla sugli anni di involuzione burocratica che avevano portato i GC ai minimi termini e sulla deriva moderata dei GC.
Si è rotto quel circolo vizioso del passato, per cui la dialettica era sempre negata alla radice, il confronto isterilito, i nodi nascosti dietro la tenda. Come a qualcuno sembra essere dispiaciuto, stavolta la discussione c’è stata ed è stata portata fino in fondo, il confronto è stato reale, la diversità si è manifestata nella sua ricchezza.
Una maggioranza politica si è costruita non intorno agli interessi di corrente, ma a volontà di cambiamento a cui la presentazione degli emendamenti aveva dato la possibilità di esprimersi: costruzione dei gruppi dirigenti secondo un criterio territoriale piuttosto che sulla base di fedeltà al capocorrente; vincolatività per ogni iscritta o iscritto delle decisioni collettive assunte democraticamente e nelle sedi a ciò deputate; riposizionamento critico sui temi dell’Euro e dell’Europa, riconoscendone la natura di gabbie irriformabili, di gioghi da spezzare, praticando un reale internazionalismo proletario e unità d’intenti con le organizzazioni sorelle nel continente e nel mondo; critica a un processo di unità della sinistra che ancora una volta parte dalle forme e non dai contenuti, da accordi di vertice in trattative poco trasparenti piuttosto che dall’unità nelle lotte; ridiscussione dell’intervento in ambito studentesco per agirvi con le stesse parole d’ordine in tutto il territorio nazionale, valutando lo strumento della creazione di un’organizzazione di fronte che non metta in discussione, ma valorizzi, la militanza sindacale o di movimento di molti Giovani Comunisti; lanciare nei prossimi mesi noi GC, insieme al Partito, una campagna referendaria di ampio respiro incentrata sui temi della precarietà, coinvolgendovi in maniera orizzontale le organizzazioni della sinistra politica e dell’associazionismo civile progressista: una prima prova in cui cimentare il nuovo corso dei GC per tornare a interagire e confrontarsi con le masse giovanili su temi concreti che implicano profondamente l’assetto dei rapporti sociali di produzione.
Tali idee non sono che i germi di un nuovo inizio, in mano a un gruppo dirigente completamente rinnovato che dovrà essere all’altezza della sfida: misurarsi con la realtà sulla base di queste e altre linee d’azione, adattando plasticamente la prassi alle sfide senza però mai più ricadere nella gestione e nell’emendamento riformista del presente, avendo come guida l’anelito a un suo rovesciamento radicale, la volontà indomabile di instaurare una società di liberi ed eguali.
Proclamarsi avanguardia non basta, il punto è esserlo. Le decisioni non devono restare sulla carta, ma la linea politica deve essere patrimonio comune di tutta l’organizzazione, filtrata attraverso la creatività di ciascuno per esprimersi nel modo più adatto a ogni situazione e territorio.
Ci siamo confrontati tra noi, ora la linea va portata fuori. La maggioranza politica dovrà farsi carico di uno sforzo di sintesi, a partire da ciò che è emerso dal dibattito congressuale. È compito dei gruppi dirigente nel loro complesso avanzare parole d’ordine e campagne che siano propri di tutta l’organizzazione, e della base militante contribuire all’elaborazione di quelle parole e poi portarle in ogni scuola, università, posto di lavoro giovanile, luogo di ritrovo della nostra generazione. Al tempo delle parole, deve seguire il tempo dell’azione, a cui la filosofia della prassi che ci appartiene, gli insegnamenti di Marx e Lenin, sono guida e strumento di analisi vitale e mai dogma sclerotizzato, per essere realmente dei rivoluzionari del nostro mondo, al tempo stesso realisti e sognatori.
La discussione è stata reale, ora anche l’unità dovrà essere reale. Il nemico è fuori da noi, si sente forte come non mai, vuole annientare la classe lavoratrice; ma al tempo stesso nel suo dominio risuonano crescenti scricchiolii, le sue contraddizioni sono pronte a esplodere, per conseguire profitti deve allargare il campo dell’appropriazione privata ad ogni dimensione dell’esistente e per dare uno sbocco alle domande a cui non sa dare risposta fomenta l’odio xenofobo e la guerra tra poveri. Il nemico è lì, ride della nostra debolezza e trema della nostra forza, attacca senza pietà le nostre classi di riferimento e in ranghi serrati va attaccato.
Le sue illusioni sono forti e diffuse, ma né solide, né radicate e possono essere efficacemente combattute se organizzati in modo adeguato.
Siamo consci della non autosufficienza dei Giovani Comunisti e del Partito; sappiamo che la capillare diffusione territoriale e la forza dei nostri contenuti sono indispensabili per ogni battaglia che in ambito giovanile possa spostare i rapporti di forza tra le classi; vogliamo essere uno strumento a disposizione di ogni movimento sociale progressivo.
Quella emersa dalla nostra discussione è una base di partenza, che solo il fuoco delle lotte può mettere alla prova, temprare e correggere, “nel navigare oltre il tramonto, e i bagni di tutte le stelle occidentali”.
SIRIO ZOLEA
coordinamento nazionale Giovani Comuniste/i
30 ottobre 2015