In occasione del 98° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre i Giovani Comunisti ricordano l’evento con le parole stesse di chi quella Rivoluzione la guidò e la portò a compimento gettando i presupposti per la successiva costruzione dell’URSS, primo stato operaio e proletario della Storia. Per questo ricordiamo l’evento con le parole pronunciate dallo stesso Lenin riportando ampi stralci del discorso che scrisse il 14 ottobre 1921 in occasione del 4° anniversario della Rivoluzione. In questo discorso non si trova solo il significato che ebbe quell’evento per l’umanità tutta, ma anche una serie di riflessioni critiche ed autocritiche e l’indicazione di un percorso che come organizzazione politica rivoluzionaria, quale vogliamo essere, riteniamo ancora in ampia misura valido e attualissimo:
“Quanto più ci allontaniamo da questo grande giorno, tanto più chiaro diviene il significato della rivoluzione proletaria in Russia, e tanto più profondamente riflettiamo anche sull’esperienza pratica del nostro lavoro, considerato nel suo complesso. In uno schizzo brevissimo — e lungi, naturalmente, dall’esser completo e preciso — questo significato e questa esperienza potrebbero essere tratteggiati nel modo seguente. Il compito più diretto e immediato della rivoluzione in Russia era un compito borghese democratico: eliminare i residui del medioevo, spazzarli via completamente, epurare la Russia da questa barbarie, da questa vergogna, da questo ostacolo grandissimo a ogni cultura e a ogni progresso del nostro paese.
E noi abbiamo il diritto d’esser fieri di aver compiuto questa epurazione molto più recisamente, rapidamente, arditamente, vittoriosamente, ampiamente e profondamente, dal punto di vista delle ripercussioni sulle masse del popolo, sulle folle, di quanto non avesse fatto la Grande Rivoluzione francese […] Dire che la rivoluzione ha un contenuto democratico borghese significa che i rapporti sociali (il regime, le istituzioni) del paese si sono epurati da tutto ciò che è medioevale, dalla servitù della gleba, dal feudalesimo.
Quali erano nel 1917, in Russia, le principali manifestazioni, le principali sopravvivenze, i principali residui della servitù della gleba? La monarchia, la divisione in caste, la proprietà fondiaria, la condizione della donna, la religione, l’oppressione nazionale. Prendete una qualunque di queste «stalle di Augia» […] e vedrete che noi le abbiamo ripulite completamente. […] Noi abbiamo spazzato via tutto il luridume monarchico come nessun altro aveva mai fatto. Noi non abbiamo lasciato pietra su pietra, mattone su mattone dell’edificio secolare delle caste (i paesi più avanzati come l’Inghilterra, la Francia, la Germania non si sono ancora sbarazzati fino ad oggi dei resti del regime di casta!). Le radici più profonde del regime di casta, e precisamente i resti del feudalesimo e di servaggio nella proprietà fondiaria, sono state divelte completamente da noi. […]
Prendete la religione o le condizioni della donna, priva di ogni diritto, oppure l’oppressione e l’ineguaglianza giuridica delle nazioni non russe. Questi sono tutti problemi della rivoluzione democratica borghese. […] In neppure uno dei paesi più avanzati del mondo questi problemi sono stati risolti interamente in senso democratico borghese. Da noi sono risolti completamente dalla legislazione della rivoluzione di Ottobre. Noi abbiamo lottato e lottiamo seriamente contro la religione. Noi abbiamo dato a tutte le nazionalità non russe le loro proprie repubbliche o regioni autonome. Da noi, in Russia, non esiste quell’ignominia, quell’obbrobrio, quella viltà che è la negazione totale o parziale dei diritti alle donne, indegna sopravvivenza della servitù della gleba e del medioevo, rinvigorita dalla cupida borghesia e dalla piccola borghesia imbecille e timorosa, in tutti, senza eccezione, i paesi del globo terrestre. […] Nella nostra rivoluzione proletaria questo maledetto «rispetto» per questo medioevo tre volte maledetto e per questa «sacra proprietà privata» non c’è stato.
Ma, al fine di consolidare per i popoli della Russia le conquiste della rivoluzione democratica borghese, noi dovevamo spingerci oltre e ci siamo spinti oltre. Abbiamo risolto i problemi della rivoluzione democratica borghese cammin facendo, come un «prodotto accessorio» del nostro lavoro vero ed essenziale, del nostro lavoro proletario-rivoluzionario, socialista. Le riforme — abbiamo sempre detto — sono un prodotto accessorio della lotta rivoluzionaria di classe. Le trasformazioni democratiche borghesi — abbiamo detto e dimostrato con i fatti — sono un prodotto accessorio della rivoluzione proletaria, cioè socialista. […]
Per la prima volta dopo centinaia e migliaia di anni questa parola d’ordine si è trasformata, da confusa e impotente aspettazione, in un programma politico chiaro e preciso, in una lotta attiva di milioni di oppressi sotto la guida del proletariato, in una prima vittoria del proletariato, in una prima vittoria della causa della soppressione delle guerre, in una prima vittoria della causa dell’unione degli operai di tutti i paesi contro l’unione della borghesia delle diverse nazioni, di quella borghesia che fa la guerra e conclude la pace a spese degli schiavi del capitale, a spese degli operai salariati, a spese dei contadini, a spese dei lavoratori.
Questa prima vittoria non è ancora una vittoria definitiva ed è stata ottenuta dalla nostra rivoluzione di Ottobre attraverso ostacoli e difficoltà senza uguali, sofferenze inaudite, attraverso una serie di insuccessi e di errori grandissimi da parte nostra. Come se, da solo, un popolo arretrato avesse potuto vincere senza insuccessi e senza errori le guerre imperialiste dei paesi più potenti e più avanzati del mondo! Noi non abbiamo paura di riconoscere i nostri errori e li esaminiamo spassionatamente per imparare a correggerli. Ma il fatto rimane: per la prima volta, dopo centinaia e migliaia di anni, la promessa di «rispondere» alla guerra tra gli schiavisti con la rivoluzione degli schiavi contro tutti gli schiavisti è stata mantenuta fino in fondo… ed è stata mantenuta malgrado tutte le difficoltà. […]
Le difficoltà sono immense. Noi siamo abituati a lottare contro difficoltà immense. Non per nulla i nostri nemici ci hanno soprannominati uomini «granitici» e rappresentanti di una «politica che spezza le ossa». Ma noi abbiamo imparato anche, per lo meno sino a un certo punto, un’altra arte, necessaria nella rivoluzione, la flessibilità, la capacità di cambiare rapidamente e bruscamente la nostra tattica, di tenere in considerazione i mutamenti delle condizioni obiettive, di scegliere una nuova via verso il nostro scopo se quella di prima si è dimostrata inapplicabile, impossibile per un determinato periodo di tempo.
Trasportati dall’ondata dell’entusiasmo e avendo risvegliato l’entusiasmo popolare — prima genericamente politico e poi militare — noi contavamo di adempiere direttamente sulla base di questo entusiasmo anche i compiti economici non meno grandi di quelli politici e di quelli militari.
Noi contavamo — o forse, più esattamente, ci proponevamo, senza aver fatto un calcolo sufficiente — di organizzare, con ordini diretti dello Stato proletario, la produzione statale e la ripartizione statale dei prodotti su base comunista in un paese di piccoli contadini. La vita ci ha rivelato il nostro errore. Occorreva una serie di fasi transitorie: il capitalismo di Stato e il socialismo, per preparare — con un lavoro di una lunga serie d’anni — il passaggio al comunismo. Non direttamente sull’entusiasmo, ma con l’aiuto dell’entusiasmo nato dalla grande rivoluzione, basandovi sullo stimolo personale, sull’interesse personale, sul calcolo economico, prendetevi la pena di costruire dapprima un solido ponte che, in un paese di piccoli contadini, attraverso il capitalismo di Stato, conduca verso il socialismo, altrimenti voi non arriverete al comunismo, altrimenti voi non condurrete decine e decine di milioni di uomini al comunismo. Questo ci ha detto la vita. Questo ci ha detto la marcia obiettiva dello sviluppo della rivoluzione.”
[fonte per l’intervento di Lenin: https://www.marxists.org/…/lenin/1921/10/14-anniversario.htm]
COORDINAMENTO NAZIONALE GIOVANI COMUNISTE/I
7 novembre 2015