Nel 2014 in Italia 3.695 persone hanno scoperto di essere Hiv positive, un’incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti. La fascia di età maggiormente colpita è quella tra i 25-29 anni (15,6 ogni 100.000 residenti). L’84,1% di tutte le nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo.
Sono sufficienti questi pochi dati per comprendere la follia di uno Stato che da anni ha rinunciato a qualunque programma di prevenzione, assistendo indifferentemente e impunemente all’infezione di quasi 4.000 propri cittadini ogni anno.
Sempre nel 2014 poco meno di un quarto delle 858 persone alle quali è stato diagnosticato l’Aids (la fase avanzata dell’infezione) ha eseguito una terapia antiretrovirale prima di arrivare in Aids conclamato. Questo è dovuto al fatto che una quota crescente di persone Hiv positive è inconsapevole della propriasieropositività: tra il 2006 e il 2014 è aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività, passando dal 20,5% al 71,5%.
Tra le circa 130.000 persone sieropositive viventi diverse decine di migliaia non conoscono la loro condizione; ne deriva un maggior rischio di trasmettere il virus e un grave ritardo nell’avvio delle terapie con conseguenze per la propria salute. Non c’è traccia di una seria campagna per invitare coloro che possono essere stati esposti al virus, a sottoporsi volontariamente al test. Nulla, tutto tace.
A mio parere è lecito ipotizzare una responsabilità penale delle autorità sanitarie per omessa responsabilità istituzionale verso la tutela della salute collettiva.
Il vaccino fantasma
Sono trascorsi ormai 17 anni da quando la maggioranza dei media italiani titolava: “Vaccino anti-Aids: l’Italia è prima”, “Aids, funziona il vaccino italiano”, “Il mio vaccino batterà l’Aids”; ma nessun vaccino è all’orizzonte.
Nel 2005 il Ministero della Sanità e l’Istituto Superiore di Sanità annunciarono il grande successo della fase 1 e l’imminente avvio della fase 2, nulla di tutto ciò accadde e anzi nel 2011 la ricerca dovette rincominciare dalla fase 1 con un diverso disegno clinico, segno evidente che qualcosa non aveva funzionato. Poco dopo nel marzo 2014 anche la nuova fase 1 fu bloccata per la non conformità di una delle proteine utilizzate con le nuove linee guida europee.
Da quel momento silenzio assoluto. Tutto sembra fermo, sparito nel nulla.
Ma vorremmo sapere quanti sono stati i soldi che l’Iss ha destinato negli anni a questo progetto, che fin dall’inizio era stato criticato da scienziati di diverse parti del mondo, 35/40/oltre 50 milioni? Vorremmo anche sapere se oggi questo progetto è ancora finanziato. Sono soldi pubblici e l’informazione sul loro utilizzo è doverosa.
Vorremmo inoltre chiedere all’Iss di chiarire pubblicamente una volta per tutte la differenza tra un vaccino vero e proprio, preventivo, da usare con le persone sane perché non si infettino, vaccino che non esiste e che purtroppo non è all’orizzonte e quello sul quale sta proseguendo la ricerca dell’Iss che invece altro non è che un farmaco per le persone già infettate da affiancare ad altri medicinali. Certo che potrà essere utile, nel caso la ricerca si concluda positivamente, ma ben altro è avere un vaccino preventivo per non infettarsi. Continuare a chiamare “vaccino” un farmaco genera confusione, e false speranze.
Ma l’Iss e il ministero della Sanità, anche recentemente interpellati, tacciono su tutto ciò che riguarda questa vicenda. Un silenzio colpevole e preoccupante.
Mi curo anch’io, no tu no
Le persone coinfettate dai virus Hiv e dell’epatite C hanno la necessità di avere accesso alle nuove terapie contro l’epatite C. Ma un ciclo terapeutico completo con questi nuovi farmaci costa oltre 40.000 euro. Il governo italiano ha stanziato un fondo che per ora permette di curare quasi 30.000 persone, ma tra le persone colpite da epatite C 150/170.000 necessiterebbero immediatamente tali terapie. L’Aifa, l’Agenzia del farmaco, ha stabilito severi criteri per definire chi ha diritto ai nuovi farmaci e, nonostante la confezione dei due virus aumenti considerevolmente il rischio di una prognosi sfavorevole, molte persone Hiv non possono accedervi. Le associazioni delle persone Hiv protestano. Siamo di fronte ad una drammatica lotta che in alcuni casi è veramente per la sopravvivenza.
Non esiste nessuna relazione tra il prezzo del farmaco e il costo reale di produzione; lo stesso farmaco è in vendita in Egitto a 700 euro e in India a prezzi molto più bassi. Non risulta che il governo italiano e l’Ue abbiano utilizzato tutte le forze a loro disposizione per contrastare la politica dei prezzi praticata dalle multinazionali che detengono i brevetti dei nuovi farmaci; né che abbiano chiesto di rivedere gli accordi Trips, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, sulla proprietà intellettuale, accordi che garantiscono alle aziende vent’anni di monopolio per ogni nuovo farmaco immesso sul mercato.
Anzi, come è risaputo, il nostro governo proprio qualche giorno fa ha permesso all’azienda farmaceuticaGilead di non restituire 193 milioni alle Regioni ma di trasformarli in nota di credito per l’acquisto di nuovi quantitativi di farmaci anti epatite C, un regalo non indifferente a chi già specula abbondantemente sulla salute dei cittadini.
Chissà che prima o poi non emerga qualche altro clamoroso caso di conflitto d’interesse…
VITTORIO AGNOLETTO
da Il Fatto quotidiano