Che lo stadio fosse un laboratorio della repressione qualcuno l’aveva capito tanti anni fa quando la parola d’ordine nel movimento ultras era “oggi per gli ultrà domani per tutta la città”. Quanto è successo nella “democratica” Pisa ne è la conferma, se sei ultras e partecipi ad un corteo politico ti applicano il tanto famigerato DASPO.
Avevano partecipato alla manifestazione di piazza, nella quale erano avvenuti anche scontri con la Polizia, per protestare contro il comizio organizzato lo scorso 14 novembre dalla Lega Nord. Per cinque attivisti politici è scattato il DASPO emanato dalla Questura di Pisa, ovvero la il divieto ad assistere a manifestazione sportive. Cosa c’entra un divieto ad assistere a manifestazioni sportive con un corteo politico?
Un nesso tra le due cose esiste eccome: è il laboratorio di repressione che viene messo in pratica contro le curve ed oggi si vuole mettere in pratica contro chi manifesta. Come dimenticare il “famoso” articolo 9 della Legge Amato che dice: “Chiunque ha avuto una condanna, anche solo in primo grado, per reati “da stadio”, non potrà avere la tessera del tifoso”. Questo significa che se – venti anni – fa – un soggetto ha commesso un reato da stadio e per quello è stato condannato non potrà avere la tessera del tifoso. L’assurdità è che un delinquente comune può essere riabilitato dopo tre anni,un tifoso di calcio mai. In questi anni centinaia di Daspo sono stati emessi per accensione di un semplice e innocuo fumogeno, per l’accensione di un innocua torcia, per uno striscione che chiedeva verità per giustizia per i morti di stato o contro il Tav.
Solo la sinistra da salotto non si è accorta di niente, troppo intenta ad inseguire posizioni giustizialiste da talk show anziché sporcarsi le mani analizzando quello spaccato di società che frequenta le curve degli stadi italiani. Si è ancora in tempo a riprendere in mano questioni come la libertà di movimento, diritti sociali e repressione. Se non lo fa la sinistra chi lo dovrebbe fare?
JACOPO RICCIARDI
Osservatorio sulla Repressione
6 gennaio 2016