La fase attuale ci parla di un contesto dalle forti contraddizioni politiche. Oggi coloro che invitano la popolazione all’astensione o addirittura al voto contrario, sono gli stessi che in questi anni di Governo hanno di fatto tagliato ogni forma di tutela del lavoratore, con la generalizzazione del contratto a termine, per un lavoro povero e senza diritti; sono gli stessi che aziendalizzano il sistema scolastico, elargiscono nuovo fondi alla scuola privata e li tagliano alla scuola pubblica; sono gli stessi che con lo Sblocca Italia aprono una nuova stagione di cementificazioni, di privatizzazioni, di ulteriore sfruttamento dell’ambiente.
Questo referendum dunque apre uno spartiacque evidente, chiaro , tra chi sta dalla parte dei petrolieri, di chi elargisce concessioni a vita alle piattaforme e concede royalties (aliquote per l’estrazione del petrolio) bassissime, e chi invece da anni si batte per un’energia più pulita, rinnovabile, democraticamente ed egualmente distribuita. E’ evidente quindi che ormai nel nostro Paese c’è una vera e propria questione ambientale: dalla mobilitazione contro la Tav, passando per la Terra dei fuochi, fino ad arrivare alla questione delle trivellazioni in Irpinia e in Basilicata, vogliamo ribadire fermamente che per chi ancora una volta vuole fare Profitto sulla nostra salute, sui nostri mari e sui nostri paesaggi, non c’è più spazio. Le nostre terre sono ormai sature, hanno già dato fin troppo.
Il disegno allora è ormai chiaro, un’intera generazione è condannata a un futuro di forte precarietà su tutti i livelli. I governanti che oggi dicono che non c’è alternativa, che cambiare è pericoloso, significa in fondo che hanno deciso di lasciarsi trasportare dalla corrente del pensiero dominante, del profitto a tutti i costi.
In questo senso le parole del nostro premier sulla questione dei posti di lavoro che questo referendum metterebbe a rischio è una vera e propria porcata. Intanto perché come sappiamo parliamo di un referendum abrogativo che non ha valore retroattivo, se così fosse stato, oggi la gestione del servizio idrico nel nostro paese sarebbe pubblica, dopo il referendum vinto sul tema. Le concessioni devono quindi comunque terminare, nessun lavoratore è messo a rischio. Inoltre in merito alla questione più complessiva dei posti di lavoro, è noto che le estrazioni non creano molta occupazione. Si tratta infatti di investimenti ad alta intensità di capitale ma bassissima di lavoro. Il progetto Ombrina mare, ad esempio, sulla costa dei trabocchi, a fronte di un investimento di 125 milioni di euro, ha garantito 24 posti di lavoro. L’Offshore ibleo, concessione del Governo Renzi, in Sicilia , a fronte di un investimento di 1,8 miliardi di euro ha elargito 120 posti di lavoro. Inoltre nella gran parte degli stabilimenti è richiesta forza lavoro solo nella fase di installazione dell’impianto, successivamente vengono automatizzate e controllate dalla terra ferma, e quindi in tal caso l’occupazione risulta nulla.
Il risultato, quindi, è che gli utili per i petrolieri sono altissimi, mentre i benefici per la collettività sono minimi. Oggi mettiamo a rischio i nostri stupendi paesaggi, per produrre il 3% del fabbisogno energetico italiano, non risolvendo di fatto il problema dell’autosufficienze energetica.
Questo referendum rappresenta per noi lo strumento, un passo, un punto di partenza, per provare a generalizzare la battaglia sulle questione ambientali nel nostro Paese e sulle logiche di profitto che da anni vengono perpetrate a scapito della nostra salute, e per provare a ripensare completamene le politiche energetiche del nostro Paese, per uno sviluppo eco-sostenibile. Occorre farlo per i nostri mari, i nostri territori, i nostri stupendi paesaggi. Solo in questo modo possiamo provare a riscrivere un futuro completamente diverso per le generazioni che verranno, che troppo spesso , anche per questo motivo, sono costrette ad emigrare altrove.
Raffaele Manco
coordinatore GC napoli – Gruppo Nazionale Ambiente