La tre giorni romana si avvicina: Il 25,26 e 27 novembre saremo in tutte le piazze per urlare il nostro NO ai ricatti del governo Renzi, in favore della democrazia, del lavoro, dei diritti e costruire un fronte comune di lotta.
Chi propone questa contro-riforma costituzionale è il governo Renzi: un governo che non è mai passato per una consultazione popolare e che con una maggioranza risicata decide di cambiare, in realtà stravolgere, la costituzione italiana facendo leva sullo spauracchio del rialzo dello spread e della crisi.
E’ sempre bene ricordare come il governo Renzi sia appoggiato (e quindi legittimato) dai più forti poteri europei, finanziari ed economici; non a caso la Goldman Sachs, Kerry e numerosi altri capi di stato e di governo si sono espressi a favore della “riforma Renzi-Boschi-Verdini”, una riforma chiaramente volta ad eliminare quel poco di democrazia che ancora “grava” sulle logiche dei mercati finanziari.
Dopo che l’ultimo grande grido di opposizione al mondo della globalizzazione delle merci e degli scambi fu represso nel sangue a Genova nel 2001, oggi, ancora di più, viviamo in una società nella quale i grandi imprenditori, la finanza, le banche (in una parola, i ricchissimi) traggono profitti sempre maggiori, mentre noi, quel popolo, quella gente, quel 99% (direbbe qualcuno) perdiamo diritti giorno dopo giorno.
Perdiamo la possibilità di votare direttamente i nostri rappresentanti e, nel caso specifico, quelli del senato. Perdiamo il diritto di accesso alle cure, perché la sanità “pubblica” prevede liste di attesa interminabili che, così, divengono inutili; i ticket sono costosi, le prestazioni inaccessibili e il governo taglia quei fondi che le regioni dovrebbero destinare al sistema sanitario. Perdiamo il diritto allo studio, perché le università tagliano fondi per le borse e contemporaneamente alzano vertiginosamente le tasse d’iscrizione. Perdiamo la stabilità, perché l’unico lavoro possibile è quello precario, la cui unica costante è quella della logica del ricatto continuo; ed insieme al lavoro stabile perdiamo il diritto alla pensione, alla casa (è impossibile accedere ad un mutuo senza un contratto a tempo indeterminato), veniamo sfruttati attraverso tirocini non retribuiti, lavori in nero (sempre che non ci alieniamo nella disoccupazione e nella povertà).
In questo scenario i sindacati, le associazioni, i partiti e tutte/i coloro che, organizzati o meno, lottano per la salvaguardia e il mantenimento dei diritti minimi dell’esistenza, vengono sbeffeggiati dal governo, i cui palesi alleati illustri sono ben noti e rispondono al nome di Marchionne, di Confindustria, dei padroni di turno i quali, riuniti in sempre più ridicole e autoreferenziali convention delle élite, intessono dall’alto del loro piedistallo le trame che permettono la loro sopravvivenza. Appare quindi chiaro il motivo per cui Renzi e la sua corte ritengano così importante manomettere la costituzione migliore al mondo, una costituzione che, è giusto ricordarlo, se applicata nella sua interezza, contiene al suo interno i prodromi di un socialismo progressista maturo: chi detiene il potere vuole tenerselo stretto, e per farlo ha bisogno di una mossa a dir poco gattopardiana (ma in piena continuità con i leitmotiv che da subito hanno caratterizzato la narrazione politica renziana), stravolgere apparentemente l’esistente affinché tutto resti immutato.
Ce lo hanno detto chiaramente, senza mezze misure: le costituzioni nate dalle resistenze antifasciste europee sono il peggior nemico di quell’idra impazzito che è il neoliberismo, snaturarle è la chiave di volta per evitare l’incedere di una società più giusta, una società di eguali seppur nelle diversità. Ebbene, invece noi questo mondo, il mondo da loro disegnato, vogliamo sovvertirlo, vogliamo abbatterlo, vogliamo superarlo. Non si tratta di rottamazione, non di tratta di sostituire il “vecchio” con il nuovo, si tratta di mischiare le carte in tavola, di demolire i piedistalli da cui i pochi scrutano i molti, di far comprendere a tutte/i la dignità di ogni individuo, il potere che è gusto abbia nella società e come poterlo utilizzare.
Si tratta, banalmente, di ridistribuire quella ricchezza ingiustamente detenuta nelle poche e sporche mani degli sfruttatori, quei nuovi ricchi che invece troppo spesso sono osservati con ammirazione ed invida; si tratta di immaginare e riscrivere nuovi percorsi che, attraverso un linguaggio e una cultura rinnovata (nelle forme e non nei contenuti), permettano davvero alle classi subalterne (che ormai altro non sono che gli ultimi della società) di egemonizzare con le loro istanze (attraverso una partecipazione e un coinvolgimento alla vita della res publica meno virtuale e più reale) il dibattito pubblico; si tratta di anteporre i bisogni dei molti ai vezzi dei pochi.
Per questo urleremo la nostra inesauribile rabbia ed opposizione all’arrogante volontà dei potenti di impoverirci, di toglierci spazi democratici di partecipazione, di toglierci la possibilità di un’esistenza degna di questo nome.
Le urleremo Venerdì 25 novembre al teatro Brancaccio unendo la nostra voce a quella dell’ANPI e di tutti gli Eroi della Resistenza che hanno sacrificato le loro vite per la libertà dei posteri.
Le urleremo di nuovo Sabato 26 Novembre in occasione della manifestazione “Non una di meno!”, consapevoli che la violenza maschile sulle donne è ontologicamente violenza dell’essere umano sull’essere umano, un’aberrazione putrescente dalla radice ai vertici da condannare come qualsiasi altra asimmetria di potere sfruttata per interessi individuali, strutturali o contestuali.
Urleremo ancora più forte Domenica 27 Novembre, nello sforzo finale della costruzione di un no sociale a questa riforma e a questo governo, uniti con tutti i compagni, le compagne, i soggetti, i cittadini che rifiutano e si oppongono alla sovversione “dolce” della democrazia, al dominio degli interessi economici sulle condizioni di vita del popolo e alle derive autoritarie, e che sognano un mondo più giusto ed equo, in cui ognuno assume dignità non in funzione di uno status socio-economico, ma in funzione della sua natura di uomo.
Continueremo poi anche dopo la vittoria del no e il salvataggio della NOSTRA costituzione, insieme a chiunque si riconosca nelle nostre istanze e voglia unire la sua voce alla nostra perché è così che abbiamo sempre fatto. Ribadendo fino alla fine le nostre ragioni.
Le ragioni del popolo. Le ragioni di tutti.
Andrea Ferroni – Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e
Claudia Candeloro – Portavoce Nazionale Giovani Comunisti/e