Non è Palermo, è Bologna. Eppure stasera possiamo parlare di un attacco che ha il sapore di mafia, che sa di intimidazione.
In due giorni differenti sono stati appiccati due incendi al nono piano di via Gandusio numero 8, sul pianerottolo del presidente dell’Associazione Pugno Chiuso, che da anni si sta battendo per fare inchiesta e far avere alle persone piena conoscenza di come Regione, Acer e Comune stanno gestendo il patrimonio pubblico, un patrimonio che è stato costruito grazie al fondo Gescal, che dal 1963 al 1998 ha attinto dagli stipendi dei lavoratori una tassa di scopo per sostenere lo sviluppo dell’edilizia pubblica.
Evidentemente Bologna, dalla città più evoluta d’Italia, la città che era in grado di assicurare un futuro dignitoso a tutti, soprattutto a coloro che per nascita o condizione sociale non avrebbero potuto avere accesso ai diritti basilari (una casa, un lavoro, una famiglia), oggi disconosce se stessa.
Grazie al Pd e alla scellerata gestione del patrimonio pubblico, questa città sta retrocedendo a passi da gigante verso condizioni disumane. Solo nel 2015 a Bologna ci sono stati complessivamente 5000 sfratti, di cui almeno un migliaio di questi sono avvenuti nelle case popolari (dati Sunia), ovvero negli alloggi pubblici che dovrebbero invece garantire assistenza degna a chi, perché invalido sul lavoro, licenziato o disoccupato, non è in grado di sostenere una spesa complessiva insostenibile. In alcuni casi vediamo come delle semplici bollette, fino a 900 euro per il riscaldamento, si trasformino in un modus operandi scientifico per svuotare le case popolari dalle persone che le abitano.
E questo è solo l’inizio perché Elisabetta Gualmini, Vicepresidente della regione e Assessore alle politiche di welfare e politiche abitative, ha recentemente fatto approvare una legge che riduce i livelli di reddito per avere diritto agli alloggi pubblici. La Gualmini ha dichiarato guerra alla gente: dall’alto del palazzo della regione ha detto che non “è possibile che le persone rimangano a vita dentro le case popolari”. Il Comune di Bologna ha applicato indicazioni provenienti dall’alto e ha scelto come campo di battaglia via Gandusio, dove peraltro è in programma il cosiddetto piano Rigenera, che ha come obiettivo quello di riqualificare un’area vicino al centro che potrebbe essere appetibile per la speculazione e l’estrazione di valore.
Il dato di fatto è che mentre si minaccia l’evacuazione forzata delle case popolari in via Gandusio si assiste a fenomeni strani, come l’incendio nei pressi della casa di chi cerca di opporsi con le poche forze a disposizione a un destino che sembra già essere scelto.
La preoccupazione è che si cerchi di dichiarare inagibili le case popolari per legittimare gli sfratti e così avere carta bianca sulla gestione degli alloggi Erp. Una simile opera potrebbe gettare in strada da un giorno all’altro centinaia di famiglie che non avrebbero un’alternativa al gelo di questa città.
Il primo incendio è stato appiccato domenica sera all’ottavo piano del numero 8 di via Gandusio. Poteva sembrare un incidente, su cui le forze dell’ordine stanno indagando, ma ieri sera è avvenuto il secondo, giusto nel pianerottolo di fronte alla casa del presidente.
Non sappiamo se siano coincidenze, ma l’aria che si respira in Gandusio è pesante e nonostante la nebbia e il freddo invernale ricorda molto l’aria che si respirava in Sicilia negli anni ‘80. Adesso è il Gandusio, domani potrebbe essere la Barca o il Pilastro o chissà quale altro quartiere della città.
La situazione è grave. Per questo invitiamo la popolazione a urlare la propria indignazione a una politica regionale autistica, fatta per l’interesse di pochi sulle spalle di molti. Martedì 20 dicembre alle 15.30 sotto i palazzi della Regione alla manifestazione convocata da Asia-Usb, urleremo la nostra rabbia contro le ingiustizie. Vogliamo un futuro dignitoso e per questo faremo di tutto per cacciare la mafia targata Pd da questa città.
Giovani Comunisti/e Bologna